Se in Italia il Recovery Fund è presentato come una vittoria di Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri, all’estero si susseguono le stroncature. Per il Financial Times, ad esempio, lo stimolo europeo è pari allo 0,6% del pil Ue, pari al nulla. Per quanto riguarda gli aiuti all’Italia, l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e l’economista della Bocconi Roberto Perotti hanno fatto notare che riceveremo appena 26 miliardi, circa 5 l’anno, anche meno per Perotti, secondo cui avremo 20 miliardi in tutto. Questo però l’Italia paga robusti contributi all’Ue, 56 miliardi in cinque anni. Anche all’estero nutrono delle perplessità sul Recovery Fund. Secondo Wolfgang Munchau non è quello che sembra. Sul Financial Times ha scritto che, anche se il documento di Ursula von der Leyen stabilisce che l’investimento totale potrebbe superare i tre trilioni di euro, in realtà questi sono numeri che «servono a impressionare gli ingenui». Dunque, il Recovery Fund «è un gioco di prestigio che ti aspetteresti in una campagna elettorale poco onorevole».
RECOVERY FUND, ITALIA PAGHERÀ PIÙ DI QUANTO AVRÀ?
Wolfgang Munchau spiega attraverso le colonne del Financial Times che i 250 miliardi di prestiti «sono economicamente irrilevanti», visto che non manca denaro a buon mercato, cioè a tassi bassi, mentre i 500 miliardi di presunti sussidi sarebbero in realtà 400 di trasferimenti, mentre gli altri servono a generare altri prestiti. Quindi, anche sui 400 miliardi bisogna fare la tara. Di conseguenza, per Munchauil Recovery Fund non va oltre 310 miliardi spalmati in quattro anni. Per questo ha concluso che corrisponde ad uno stimolo dello 0,6% del pil dell’Ue. Trattandosi poi di fondi legati al raggiungimento di obiettivi fissati dall’Ue, «è assolutamente possibile che non vengano spesi tutti». Anche il quotidiano Faz di Francoforte condivide questa stima, infatti è giunto alla conclusione che «il divario è costituito da prestiti mascherati da sovvenzioni». Inoltre, scrive che se i paesi europei non appartenenti all’area euro fossero autorizzati a rinunciare al Recovery Fund, gli oneri di rifinanziamento crescerebbero per gli altri paesi, quindi diminuirebbe l’entità del trasferimento fiscale del pacchetto. Questo per l’Italia sarebbe una beffa: potrebbe dire pagare più contribuiti dei sussidi. «Dal momento che gli Stati membri dell’UE alla fine devono contribuire al rimborso del prestito denaro, uno sconto per alcuni paesi (come quelli “frugali”, ndr) significa un onere maggiore per altri, anche per l’Italia e la Spagna. Questo compenserà in parte l’entità del trasferimento fiscale netto che riceveranno».