Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha riferito alle Camere sul risultato del Consiglio europeo che, ha detto, “non appartiene al governo, e neppure alla maggioranza. È un risultato dell’Italia intera”. Ancora non sono chiare tutte le condizioni, anche relative ai tempi e modi con cui le risorse del Recovery fund dovranno essere spese, ma già si parla di utilizzarle per sgravi alle imprese innovative e, in particolare da parte del Movimento 5 Stelle, taglio delle tasse. Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, non nasconde che il vertice europeo, grazie anche all’azione di Angela Merkel, ha fatto sì che «alcune proposte intoccabili fino all’altro ieri, come forme dirette e indirette di condivisione europea sul piano fiscale e anche sul debito, oggi non lo sono più. Il cambio di rotta su questo è stato proprio in primo luogo della Cancelliera tedesca, che deve aver compreso la gravità della situazione non solo per la stessa Germania, ma anche per l’Europa».
Dunque vede un quadro positivo dopo questo Consiglio europeo?
Per usare una metafora calcistica, la Merkel ha il merito di aver dato il calcio di inizio, ma ora la partita va giocata. Siamo in una situazione con grandi potenzialità per un’Europa con caratteristiche di condivisione. Tuttavia, questa condivisione concretamente ancora non c’è, perché non ci sono più soltanto i Paesi di Visegrad, che hanno fatto registrare negli ultimi anni una crescita economica spettacolare, ma ci sono anche quelli cosiddetti frugali, che poi frugali non sono, che in quest’ultimo vertice hanno mostrato di avere una forte volontà di condizionamento delle politiche europee. Questo potrà essere un problema. Bisognerà stare attenti.
A cosa in particolare?
Dopo la Brexit ora siamo sul crinale di una situazione che potrebbe teoricamente riportarci nel passato recente, quando la cosiddetta crisi del debito sovrano nascondeva in realtà una scommessa sul fatto che l’euro saltasse, o portarci invece verso un notevole rafforzamento dell’Ue e dell’area euro. Un’altra cosa da seguire attentamente è il quadro inflattivo. Continua infatti a crescere il costo del carrello della spesa e potrebbe salire ancora di più quando la liquidità che si sta immettendo nel sistema, come viene auspicato, smuoverà l’inflazione che negli ultimi anni è stata mediamente bassa, ma con una differenziazione tra discesa del prezzo di petrolio e beni energetici e aumento di quello dei generi alimentari e degli affitti. Il potere d’acquisto dei cittadini è quindi a rischio. C’è poi un aspetto dell’accordo sul Recovery fund che non trovo positivo.
Quale?
Sembra che nell’accordo relativo al Bilancio europeo 2021-2027 ci sia stata la cancellazione del programma europeo per la sanità proposto appunto proprio dopo lo scoppio dell’epidemia del Covid e una riduzione della dotazione del Just Transition Fund e del Fondo agricolo per lo sviluppo rurale. Tutto questo non è certo positivo.
Gli effetti del Recovery fund per l’economia italiana in ogni caso non si vedranno molto presto…
Le prime manifestazioni concrete si vedranno l’anno prossimo. Nel frattempo è già in azione il piano tedesco di sostegno dell’economia e mi attendo che porti delle ricadute positive anche per gli altri Paesi europei. Potremmo quindi avere delle opportunità, ma molto dipenderà anche dal quadro politico tedesco, da seguire forse con più interesse delle elezioni americane.
In Italia bisognerà elaborare il cosiddetto Recovery Plan con proposte per utilizzare le risorse che arriveranno da Bruxelles. Quali dovrebbero essere le priorità?
Dovremmo utilizzare queste risorse per tutto ciò che è destinato a durare nel tempo. Quindi innanzitutto gli investimenti pubblici, specificatamente destinati alla tutela del territorio, a fronteggiare il dissesto idrogeologico che sembra essere stato dimenticato. Negli ultimi dieci anni in Italia c’è stata una caduta impressionante degli investimenti fissi, occorre invertire rotta. Industria 4.0 ha riportato gli investimenti netti in positivo, ma non basta. Bisogna poi investire sull’istruzione, cioè sulle persone: abbiamo bisogno di una scuola di alto livello qualitativo, con docenti capaci. Non va poi dimenticata la sanità, in particolare rafforzando i presidi sul territorio.
È fiducioso sul fatto che possano raggiungersi dei risultati su questi fronti stante il fatto che il decreto semplificazioni non ha ancora sbloccato concretamente i cantieri delle grandi opere infrastrutturali e che si parla di tagliare le tasse?
Spero si arrivi a capire l’importanza degli investimenti infrastrutturali, anche per gli effetti occupazionali che possono avere, oltre che per il fatto che possono generare crescita economica, condizione basilare per sperare di poter restituire i prestiti che si riceveranno tramite il Recovery fund. Per quanto riguarda la riduzione delle tasse, è sicuramente auspicabile, ma può arrivare in un secondo tempo rispetto alla priorità che è quella di ingranare la marcia che si chiama sviluppo. Semmai concentriamoci sulla lotta all’evasione fiscale con una tolleranza zero che contrasterebbe anche il lavoro nero e che consentirebbe di reperire risorse utili per ridurre le imposte.
(Lorenzo Torrisi)