La spesa pubblica per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 ha generato deficit di bilancio in tutti i Paesi europei. L’entità degli stessi non è però affatto uniforme, ma mostra evidenti differenze geografiche. I Paesi del Sud – Spagna, Grecia, Malta e Italia – hanno registrato nel 2020 i più elevati rapporti deficit/Pil, a un livello attorno al 10%. I Paesi del Nord – Olanda, Germania, Svezia e Danimarca – si sono invece mantenuti su livelli molto inferiori, circa al 4% per l’Olanda e la Germania, ancora più bassi per Svezia e Danimarca – con quest’ultima che ha chiuso il 2020 all’1,1%. L’epidemia ha colpito economicamente in modo più forte i Paesi che già si presentavano più deboli all’inizio della stessa, in termini di crescita, di produttività e di deficit. Ha così accentuato i divari territoriali interni all’Europa, e ha posto seri problemi di prospettive di sostenibilità del debito pubblico, in particolare per l’Italia.
Nel breve termine, questi ultimi sono risolti dai massicci interventi di acquisto dei titoli di Stato da parte della Banca centrale europea. Nel lungo periodo, tuttavia, il rientro non potrà avvenire se le economie meridionali non convergeranno con quelle del Nord Europa. Si è dunque resa ancora più urgente la necessità, già peraltro avvertita in tutta la sua evidenza prima della pandemia, di investimenti e riforme in grado di sbloccare la produttività dei Paesi del Sud Europa così da favorirne la crescita.
Distribuzione dei fondi
Il Next Generation Eu (spesso popolarmente definito Recovery Fund) nasce precisamente con l’intento di finanziare tali investimenti, con particolare enfasi sui settori digitale e ambientale. Parallelamente, esso incentiva l’adozione di riforme, mediante il meccanismo per cui l’effettiva erogazione dei fondi è subordinata al rispetto delle tempistiche, e ovviamente dei contenuti, del programma di riforme contenuto nei piani nazionali negoziati con la Commissione europea, e da questa approvata. La dimensione dei finanziamenti è dunque molto maggiore per i Paesi meridionali che per quelli settentrionali. Una parte dei finanziamenti è concessa a fondo perduto. I Paesi possono inoltre scegliere di richiedere ulteriori fondi sotto forma di prestiti. Dei quattro Paesi che compariamo in questo articolo – Francia, Germania e Italia e Spagna -, soltanto l’Italia ha scelto di chiedere anche i prestiti: ragione ulteriore per cui è essenziale che essi vengano oculatamente spesi. L’entità complessiva dei finanziamenti passa dai 206 miliardi dell’Italia (di cui 123 miliardi di prestiti e 83 miliardi complessivi di sussidi), ai 28 miliardi della Germania, passando per il 41 miliardi della Francia e i 69,5 miliardi della Spagna (per questi tre Paesi, si tratta, come specificato, di finanziamenti a fondo perduto).
Raffronto fra le riforme
Un raffronto delle riforme prospettate nei piani nazionali mostra, pur con elementi comuni, differenze rilevanti fra i quattro Paesi. In Italia e in Spagna è presentata come prioritaria la riforma della Pubblica amministrazione, per garantirne una maggiore efficacia d’azione. Spagna e Francia, seppur con accenti diversi, propongono il completamento della riforma pensionistica, per irrobustirne la sostenibilità nel lungo periodo, e una riforma fiscale con un riequilibrio del prelievo. La Francia, inoltre, prospetta un ripensamento del mercato del lavoro e dei sussidi di disoccupazione, completando la transizione da un sistema di tutela del posto del lavoro a uno che, mediante gli ammortizzatori sociali, tutela chi perde il posto di lavoro. L’Italia, avendo già realizzato la riforma pensionistica e parte di quella del lavoro, si concentra poi su due sue perduranti debolezze specifiche: la giustizia, con la riduzione dei tempi dei processi, e la concorrenza, con il completamento dei processi di liberalizzazione e di apertura dei settori protetti. Infine, la Germania, che ha già adottato le riforme proposte dagli altri Paesi, può concentrarsi sulla revisione, nel senso di una maggiore digitalizzazione, del suo sistema educativo.
Raffronto fra i capitoli di spesa
In merito alla distribuzione degli investimenti per categorie di spesa, premessa la difficoltà e la possibilità di discrepanze vista l’assenza di un formato omogeneo nella presentazione dei piani fra i Paesi, ci riferiamo alla classificazione operata dall’Istituto Bruegel [1]. La Germania prevede di spendere più della metà dei fondi sulla digitalizzazione. Gli altri tre Paesi dedicheranno meno di un quarto del budget a questa voce. In Francia farà la parte del leone la transizione ecologica, che assorbirà circa la metà del budget complessivo. Gli altri tre Paesi spenderanno per questa voce circa il 40%. La Germania spenderà la quasi totalità dei propri fondi sulle sfide del futuro, relative alla digitalizzazione e transizione ecologica, mentre gli altri Paesi dedicheranno quote significative ad altri temi: l’inclusione sociale, l’istruzione, la ricerca e la salute. Infine, in Spagna verranno anche destinate consistenti risorse alla lotta allo spopolamento delle aree interne, oltreché all’agricoltura, al turismo, allo sport e alla cultura.
Il settore della transizione ecologica
Vediamo un approfondimento relativo al settore della transizione ecologica, per quanto riguarda in particolare le voci delle infrastrutture e della mobilità sostenibile e delle energie rinnovabili. Per quanto riguarda le infrastrutture e la mobilità sostenibile, la Germania è interamente focalizzata sullo sviluppo della mobilità elettrica, con incentivi finalizzati allo sviluppo di auto elettriche, bus e treni, con forti sussidi ai sistemi di carica per le auto elettriche. In Spagna, oltre alla mobilità elettrica, si segnalano ingenti risorse stanziate sul trasporto pubblico. In Francia e in Italia, ben la metà di questa tipologia di investimenti è finalizzata al sistema ferroviario, tuttavia con una significativa differenza di priorità: la Francia, già provvista di un’estesa rete di alta velocità, si focalizza sulle reti merci e su quelle ferroviarie locali. In Italia, invece, la priorità è sulle linee ad alta velocità/alta capacità, in particolare sul completamento dei corridoi europei, fra cui il Terzo Valico Milano-Genova, e le tratte Venezia-Mestre, Salerno-Reggio Calabria e Napoli-Lecce.
Anche gli investimenti in rinnovabili sono strutturati in modo diverso. Mentre la Francia e la Germania si focalizzano sull’idrogeno, quale vettore energetico del futuro, l’Italia e la Spagna invece hanno programmato gli investimenti più significativi nelle energie rinnovabili e nelle smart grid, con l’obiettivo, per l’Italia, di arrivare al 72% di elettricità generata da fonti rinnovabili al 2030.
L’Italia, sia per la sua cronica incapacità di programmazione e di realizzazione degli obiettivi, sia per le ingenti risorse che il Pnrr le attribuisce (ivi comprese quelle da restituire) verrà verosimilmente sottoposta a una sorveglianza speciale, sia sull’utilizzo dei fondi, sia sull’effettivo iter delle riforme che ci siamo impegnati a realizzare. Diventa ancora più importante l’obiettivo di una riforma, con la maggiore celerità possibile, della Pubblica amministrazione, senza la quale si corrono due rischi: non riuscire a realizzare i progetti finanziati, come già capitato spesso in passato; e non riuscire a concepire le riforme, che richiedono un alto livello di competenza e professionalità di chi le scrive e le attua, visto che, come noto, il diavolo sta nei dettagli. È una fase quindi molto delicata, anche perché potrebbe trattarsi forse, per il nostro Paese, dell’ultimo treno per rimanere agganciati all’Europa. È un bene che a gestirla sia un Governo, che, nel suo presidente del Consiglio e nel suo ministro dell’Economia, è ispirato a criteri tecnocratici e non al consenso elettorale di breve periodo.
[1] Z. Darvas and S. Tagliapietra “Setting Europe’s economic recovery in motion: a first look at national plans”, Bruegel Blog, 29 April 2021
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