Una caratteristica dell’emergenza sanitaria è stato l’attivismo dei Presidenti di Regione che in questi giorni assume caratteristiche diverse, solo in pochi casi attento alla ricostruzione del Paese fortemente compromesso dai lockdown. 

Il presidente del Veneto Zaia, tra i più attivi e apprezzati nella prima fase della crisi sanitaria, si sta distinguendo anche in questa fase di programmazione della ricostruzione. Nei suoi ultimi interventi ha spiegato come il Veneto abbia già predisposto un elenco di interventi per quasi 25 miliardi di euro in vista della liquidazione all’Italia delle risorse del Recovery fund . Ognuno dei progetti pare sia stato elaborato in termini molto dettagliati, che abbia una scheda che lo illustra e l’importo richiesto. Zaia, con questo atto, ha rispolverato la questione dell’autonomia e del federalismo cara alla Lega Nord ma anche della Lega di Salvini. Zaia, a chi lo ha incalzato, ha risposto che il suo piano non è una provocazione, ma che ha fatto i compiti richiesti dal suo ruolo, ha individuato tutte misure efficaci e per questo invoca il principio federalista favorito dalla virtuosità della sua gestione. 



La sua, invece, è con ogni probabilità una provocazione. Non credo possa realmente immaginare di poter beneficiare di tutti i fondi che richiede. Va detto però che nessun altro Presidente di Regione è stato così pronto a proporre programmi per la ripartenza e che abbiano un respiro di medio lungo periodo, Next Generation Eu.



Le sue affermazioni appaiono poi poco attente a quanto è successo nell’ultimo ventennio allorquando il federalismo imposto dalla Lega ha di fatto creato problemi anche all’industria del Nord. Usando una metafora, mutuandola da altri, l’aver sganciato il vagone del Sud non ha permesso al vagone del Nord di agganciarsi alla locomotiva del nord Europa. Anzi i paesi del nord Europa considerano l’Italia, tutta, il Sud dell’Europa, per cui nessuno può essere contento. A voler sintetizzare, dunque, da quando è stato sganciato il vagone Sud la crescita dell’Italia, anche delle Regioni del Nord, si è sganciata dal vagone dell’Europa.



Il dibattito in atto sul Recovery fund ha una sua giustificazione si vuole evitare che i fondi vengano dispersi e non impiegati per creare occupazione e riavvio del ciclo economico. La Commissione europea ha avvertito che si opporrà allo sperpero, ma intanto da noi mancano idee strutturali, siamo impantanati in improbabili piccoli crediti di imposta che non hanno visione di lungo periodo.

Se dunque il Veneto ha fretta di dimostrare di essere la Regione più efficiente d’Italia ci si interroga su dove siano le Regioni del Sud. Il Mezzogiorno è stato alla finestra almeno fino a qualche giorno fa. L’unico sussulto è venuto dal Presidente della Regione Campania che ha proposto un tavolo di confronto agli altri Presidenti di Regione del Meridione. 

Cosa c’è dietro l’attivismo del Presidente De Luca? Vuole essere protagonista in prima persona o vuole porsi alla testa di un nuovo meridionalismo? Da parte nostra vorremmo si evitasse che divenga nuovamente attuale la sintesi cantata da Pino Daniele per cui dovremmo accontentarci di una “tazzulella e cafè”, che non si inneschi alcun effetto moltiplicativo. Va evitato, dunque, che l’attivismo si traduca in mero sussidio capace di alimentare orticelli elettorali feudo di trombati alle elezioni.

Al momento il tavolo proposto da De Luca si è limitato a richiedere più fondi per il Sud. Il metodo, prima i soldi e poi i progetti, appare diverso da quello di Zaia. Ritornando alla necessità per il Sud di avviare una programmazione seria un faro potrebbe essere la dichiarazione di Barcellona. La sintesi di quei lavori si sono concretizzati in una dichiarazione politica forte. I promotori si assunsero un chiaro impegno volto ad avviare la regione euro mediterranea su un percorso di pace, stabilità e prosperità. Quell’esempio va mutuato in Italia affinché si persegua la cooperazione operativa in numerosi settori e tra le diverse aree affinché si possa aumentare l’integrazione nel nostro Paese ricco di diversità e per questo di potenziale inespresso. 

Dovremmo sfruttare questa occasione per guardare al futuro in un momento in cui la pandemia di Covid-19 esercita su tutti noi una forte pressione socioeconomica. Lavorando insieme possiamo superare le numerose sfide che stiamo affrontando. Oggi dobbiamo stabilire le priorità per i prossimi anni in settori di interesse comune e a elevato potenziale rafforzando la cooperazione regionale. 

Il Recovery fund deve consentire il salto infrastrutturale che manca al Sud. Bisogna superare la logica della decontribuzione, realizzare un efficientamento della Pubblica amministrazione molto presente al Sud che possa favorire lo sviluppo di imprese. La struttura di monitoraggio, ad esempio, potrebbe assumere un ruolo sostitutivo delle strutture ministeriali che dovessero caratterizzarsi per inefficienza intervenendo con poteri di commissario ad acta. Un ulteriore contributo dovranno darlo le organizzazioni imprenditoriali locali che dovranno proporre interventi in grado di porre all’attenzione della politica i bisogni delle imprese del meridione.