Oggi il Comitato interministeriale per gli Affari europei presenterà le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, fondamentali per individuare i progetti che potranno essere inseriti nel Recovery plan. Tuttavia, la Commissione europea deve ancora inviare a Roma le sue linee guida. Dopodiché, come ha spiegato anche il Premier Conte, a metà ottobre inizieranno delle interlocuzioni, prima a livello nazionale, poi tra Governo e Bruxelles, per individuare i progetti che potranno essere finanziati con le risorse del Recovery fund. Di fatto si sta prendendo sempre più consapevolezza che bisognerà attendere almeno la primavera per ricevere la prima tranche dei complessivi 209 miliardi di euro. Anche per questo motivo si è tornati a invocare, specie dal Pd, il ricorso dell’Italia al Mes, tanto più che il ministro della Salute Speranza ha presentato al Premier un piano di investimenti nella sanità da 68 miliardi di euro in sei anni. Eppure, come ricorda Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi, il saldo di Tesoreria, cioè il saldo del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d’Italia con cui gestisce gli incassi e i pagamenti, non solo ha raggiunto livelli record, ma continua a crescere.
Lombardi, cominciamo da una considerazione sul Recovery fund: non era facilmente prevedibile già a luglio, dopo il Consiglio europeo, che le risorse non sarebbero arrivate quest’anno?
Assolutamente sì. Diversi esperti avevano avvertito che i tempi per la mobilizzazione delle risorse sarebbero stati lunghi. In questo senso lascia perplessi il fatto che la proposta di emissione dei Diritti speciali di prelievo del Fmi sia stata criticata proprio per i suoi tempi di attuazione. Vorrei ricordare tuttavia che per l’ultima emissione del 2009 ci sono voluti pochi mesi, meno di quelli che ci vorranno per avere i soldi del Recovery fund. Con questo non sto dicendo che lo strumento europeo sia da dismettere, ma credo che sia stata sopravvalutata la facilità con cui si potrà attingere a queste risorse.
Tra l’altro il Recovery fund deve essere ratificato da tutti i Paesi membri…
Questo passaggio richiederà tempo e, come ci insegna l’esperienza del passato, non è da sottovalutare.
Considerando che devono ancora arrivare le linee guida della Commissione e che i progetti andranno concordati tra Governo e Bruxelles, quanta autonomia ci sarà sull’uso di queste risorse?
Anche in questo caso gli esperti avevano avvertito che si trattava di risorse condizionate. L’aspetto su cui però vorrei porre l’attenzione non è tanto la condizionalità in sé, che deve darsi quasi per scontata quando si parla di un prestito internazionale, ma la necessaria trasparenza nelle interlocuzioni tra Governo e Commissione, così che tutti gli stakeholder siano debitamente informati sulle condizionalità che si andranno formando e che non conosciamo. C’è poi un altro aspetto, ancora più importante, che richiederà la massima attenzione da parte dell’opinione pubblica.
A che cosa si riferisce?
Secondo quanto riportato da alcune notizie di stampa, sembra che l’appoggio francese al Recovery fund sia stato condizionato alla disponibilità italiana a cedere asset strategici a gruppi espressione o collegati all’economia transalpina. Occorrerà quindi vedere se ci saranno transazioni bilaterali in cui la proprietà francese dei nostri asset strategici andrà a consolidarsi. Oltre a una condizionalità formale palese, potrebbe essercene una occulta concordata nell’ambito dei negoziati che hanno preceduto il Consiglio europeo che ha dato il via libera al Recovery fund.
A proposito della condizionalità formale, che differenza c’è tra i prestiti del Fmi e quelli del Recovery fund?
Solo quando avremo il quadro completo sullo strumento europeo saremo in grado di fare un confronto. Va detto in ogni caso detto che il Fmi nel tempo ha molto attenuato le sue condizionalità, prevedendo addirittura dei programmi di prestito senza una condizionalità aggiuntiva rispetto alle politiche economiche già attuate dai Governi.
Per tornare alla richiesta di trasparenza che faceva poco fa, c’è da dire che non è detto che il Parlamento italiano verrà chiamato ad approvare quello che sarà il Recovery plan frutto del negoziato tra Governo e Commissione europea.
Mi auguro che dinanzi a ogni prestito internazionale, soprattutto di dimensioni significative, la maggioranza che sostiene questo Governo abbia l’opportunità di esprimersi in Parlamento. Così come è stato del resto annunciato nel caso di accesso al Mes.
Proprio negli ultimi giorni è salito il pressing del Pd, ma non solo, per accedere al Mes. C’è anche il piano di Speranza per investimenti sulla sanità da 68 miliardi di euro…
Temo, come ho già detto in passato, che la decisione sul Mes sia stata già presa tempo fa e che adesso si stia cercando il momento opportuno per garantirne l’attuazione politica. E così che si spiegano le reiterate sottolineature sulle condizioni finanziarie convenienti legate a questo prestito. In realtà, trovo goffo questo tentativo di ottenere un suggello politico sulla base degli aspetti di convenienza finanziaria. Anche perché se siamo dinanzi a una scelta fondamentale legata al ruolo dell’Italia nell’Europa, la semplice valutazione finanziaria appare del tutto inadeguata.
A livello finanziario non dobbiamo poi dimenticare che, a parte il discorso sui Dsp, lei ha ricordato che c’è un importante saldo attivo di Tesoreria.
Su questo ho degli aggiornamenti importanti da dare.
Prego.
Il saldo di Tesoreria al 3 luglio, come vi avevo detto, era di circa 70 miliardi di euro. Oggi sappiamo che a fine luglio è salito a 80 miliardi e addirittura a fine agosto è arrivato a 98 miliardi. Oltretutto il Mef il 4 settembre ha diffuso un comunicato stampa con il quale ha, tra le altre cose, spiegato di aver cancellato l’asta dei Bot trimestrali prevista per il 9 settembre “in seguito all’assenza di specifiche esigenze di cassa”. Se il Mes è così strategico non dovrebbe essere oggetto semplicemente di una valutazione finanziaria, ma qualora la si volesse usare questa valutazione dovrebbe essere corretta e fondarsi su dati accurati. Cosa che non sembra stia avvenendo.
Come si spiega questa crescita di quasi 30 miliardi di euro in due mesi nel saldo di Tesoreria?
Sarebbe utile aprire un dibattito sia sulle cause che sui rimedi, perché non possiamo assistere alla scomparsa di imprese dal tessuto economico e sociale del Paese e contemporaneamente avere un saldo di Tesoreria così elevato.
Il dato sul saldo di Tesoreria che ci ha fornito tiene conto del calo delle entrate tributarie registrato nei primi sette mesi dell’anno (-7,7%)?
Sì, questo dato, che ricordo essere pubblico, tiene conto delle scadenze fiscali. Credo che insistere sulla necessità di accedere al Mes di fronte a un saldo del genere testimoni in modo incontrovertibile la scelta politica sottostante alla richiesta di ricorrere al Meccanismo europeo di stabilità.
Nella precedente intervista lei ha parlato di “pressioni esterne affinché l’Italia aderisca al Mes”. Può spiegarsi meglio?
Se si trattasse di una scelta dettata unicamente da considerazioni domestiche, credo che sarebbe già stata presa. Il fatto che a settembre ancora se ne parli credo che da un lato testimoni la volontà di una parte del Governo di ponderare bene questa scelta, dall’altro risulti coerente con pressioni che l’Italia potrebbe avere ricevuto, magari anche nell’ambito di quei negoziati per il buon esito del Recovery fund di cui abbiamo parlato prima. Non abbiamo un’evidenza oggettiva al riguardo, ma può darsi che nell’ambito delle varie condizionalità di tipo politico, non tecnico, concordate in sede di negoziato prima o durante il Consiglio europeo di luglio, sia stato compreso anche l’accesso dell’Italia al Mes.
Quale può essere il combinato disposto di Mes e Recovery fund, soprattutto a livello di condizionalità?
Per un’economia a elevato debito come quella italiana potrebbero facilmente scattare delle clausole di salvaguardia che rischierebbero di introdurre nel nostro Paese delle scelte che non verrebbero prese esclusivamente dal Governo italiano. Questo è l’aspetto da ponderare in modo accurato.
Il rischio è quello di un’eterodirezione nella gestione del debito, soprattutto nel momento in cui torneranno in vigore le regole del Patto di stabilità e crescita attualmente sospese?
Esattamente. Chiaramente l’Italia sarebbe più esposta su tale fronte in modo sia formale che informale. Quando si hanno dei rapporti creditizi in essere, l’opinione dei creditori conta. La visione che altri Paesi europei hanno dei problemi italiani e delle loro soluzioni avrebbe un peso ancora maggiore rispetto alla situazione attuale.
Un rischio che sarebbe meglio evitare…
In questi giorni stiamo osservando che mentre da un lato è stata cancellata l’asta dei Bot trimestrali, dall’altro è stato collocato un Btp ventennale, le cui richieste hanno superato gli 80 miliardi di euro. Questo si inserisce in una serie di altre iniziative, come il Btp Italia e il Btp Futura, che mirano a migliorare la gestione del debito pubblico, il classamento dei titoli, allargandolo al segmento del piccolo risparmio, cosa che magari costa al Tesoro un po’ di più, ma che garantisce maggior stabilità e minor esposizione alle fronde speculative. Sono tutte iniziative commendevoli, che testimoniano un eccellente accesso al mercato di cui oggi l’Italia gode. E se come hanno sottolineato il ministro dell’Economia francese Lemaire e il Premier spagnolo Sánchez il Mes è per i Paesi che hanno difficoltà nei rapporti con i mercati finanziari, non vedo perché l’Italia dovrebbe crearsi uno stigma quando è invece in grado di soddisfare pienamente la sua domanda di cassa e addirittura avere un saldo di Tesoreria a livelli record.
Non è che questo saldo è tenuto alto in via precauzionale perché si teme un cambio di linea della Bce, che finora ha acquistato in maniera massiccia titoli di Stato italiani?
Innanzitutto va detto che se la Bce dovesse cambiare veramente linea, il prestito del Mes, a livello quantitativo, sarebbe una goccia nel mare. Detto questo, effettivamente il motivo precauzionale per il saldo di Tesoreria è importante, ma non possiamo dimenticare che nel contempo ci sono imprese che stanno morendo o sono già morte. Proprio perché gli agenti economici stanno fronteggiando un’incertezza inedita nella nostra storia recente sarebbe utile che lo Stato onorasse il pagamento dei suoi debiti con le imprese in tempi assai più brevi, utilizzando proprio parte di quel saldo di Tesoreria. Avendo un’esigenza di rifinanziamento così massiccia, per via dell’enorme debito pubblico, la migliore assicurazione per l’Italia è rivitalizzare il tessuto economico. Questo lo si fa non solo stanziando contabilmente risorse, ma aumentando la velocità di circolazione delle stesse.
(Lorenzo Torrisi)