In questi giorni, dove tutti corrono a far regali e si sentono obbligati a rendere perché hanno ricevuto, secondo quel principio su cui tante pagine meravigliose scrisse Maurice Godellier in quel capolavoro imperituro che è L’énigme du don, mi viene alla mente quello che è l’essenza, appunto, dell’enigma del dono: lo stabilire un rapporto di subalternità tra chi dona e chi riceve. Si crea un atto di subordinazione sublimata dalla benevolenza, ma che riduce alla schizofrenia e al bipolarismo comportamentale se non si è consapevoli di ciò che accade e di quali siano i meccanismi che regolano queste pratiche.



Del resto è la stessa cosa che con un’analisi tutta diversa (strutturalismo contro storicismo antropologico) fece anche Claude Lévi-Strauss in Le Père Noël supplicié, testo che mi ritrovo in uno scaffaletto nell’edizione preziosa della Maison Sables del 2011. Si ripubblicava un testo edito dal grande maestro apparso nel 1952 su Les Temps Modernes e che vale sempre la pena rileggere in questi tempi di attesa spasmodica della benevolenza europea, tutta annunci celesti e riti iniziatici. Ma occorre comprendere il tutto con l’adultità e non con la puerilità (di cui parlava Huizinga nel suo Lo scempio del Mondo. Ascesa e decadenza delle civiltà, cristianesimo, militarismo e democrazia, scritto nel 1943, ma di una attualità fulminante) dilagante che offusca ciò che sta succedendo oggi nell’universo simbolico, non solo italico certamente, ma in Italia più che altrove.



In questo testo introvabile (se si fa eccezione per un’edizione rarissima e preziosa dell’Editore Sellerio di più di trent’anni orsono) Lévi Strauss colloca Papà Natale – o Babbo Natale che dir si voglia – nella storia dei miti che disvelano la cosmogonia profonda dell’attuale mito pagano del Natale, in opposizione al rito e alla simbologia cristiana trascendente e salvifica. Il Babbo Natale che ha oggi prevalso disvela “l’espressione d’uno statuto differenziale tra i bambini da un lato, gli adolescenti e gli adulti dall’altro. A questo proposito Babbo Natale si riallaccia a un vasto insieme di credenze e di pratiche che gli etnologi hanno studiato nelle più diverse società, a partire dai riti di passaggio e di iniziazione”, scriveva Lévi Strauss. Ma ogni rito di iniziazione è, come diceva Godelier, lo stabilire un rapporto di subalternità tra chi dona e chi riceve. Tra chi “s’inizia” e chi per “passare” si “piega”.



È ciò che accade con la mutualizzazione del debito in una Europa senza una Costituzione e diretta perciò non dal diritto, ma dal solo rapporto di forza tra le nazioni e gli interessi situazionali di fatto dominanti e non regolati se non, appunto, dai rapporti di forza. Rapporti di forza che si scatenano proprio quando gli Stati sono deboli e cercano all’esterno i mezzi per superare le loro difficoltà. Basta pensare al fallimento tecnico delle maggiori banche tedesche per comprendere cosa sta accadendo sul piano della mutualizzazione del debito e sulle misure intraprese per riparare ai fallimenti tecnici e morali che iniziano con il dieselgate e continuano con Wirecard.

A proposito: non si sentono più gli strilli e le minacce del governatore della Bundesbank per le misure della Bce! Come mai? Tutto si sublima nella schizofrenia socio-politica in atto. Tutto viene sublimato, oscurato, velato, nascosto: una pioggia di doni cade sui bambini e dovrebbe colmarli non solo di doni, ma di un futuro salvifico. Certo, si ricorda ogni tanto che i regali obbligano a rendere, ossia che sono debiti, ma non si dice una parola sul fatto che per onorare i debiti bisogna produrre anche con i debiti la crescita economica e non i pannicelli caldi che sono resi manifesti dai monopattini, invece che dagli autobus nuovi di zecca che si potevano produrre per portare distanziati a scuola i bambini e gli adolescenti a lavorare con gli adulti oppure a studiare, invece che lasciarli bere a ogni ora della notte. Così come si potevano creare nuove fabbriche per produrre per esempio gas speciali che sanificano ambienti di lavoro e di vita e consentirebbero di continuare a lavorare e a incontrarsi con prudenza.

I bambini, invece, mentre cadono i regali dall’alto, litigano per dividersi le sfere di plastica che con i denari regalati hanno allestito sui rami dell’albero, oppure fanno finta di litigare sotto l’occhio benevolente del presidente della Repubblica per dividersi le spoglie, mentre la pandemia in tal modo non si stronca, non trova quegli argini per contrastare il virus che le tecnologie e il pensiero sociologico e antropologico, uniti al sapere sanitario, igienista e medicale, potrebbero essere messi in campo. Ma ciò richiederebbe l’esistenza di un Governo di adulti e non di bambini irresponsabili che continuano far a credere ad altri bambini che Babbo Natale non obblighi chi riceve i regali a renderli… e a renderli nel modo che Babbo Natale vorrà, svanendo così qualsivoglia benevolenza, come la storia recente ci insegna (a proposito… per sapere perché fu giustiziato il Babbo Natale di cui parlava Lévi-Strauss bisogna attendere un’altra puntata della filastrocca).