Un deposito unico nazionale di scorie radioattive. Il vecchio progetto di Carlo Jean da Mondovì ritorna d’attualità perché il Governo starebbe pensando di realizzarlo con i soldi del Recovery Fund. Lo rivela un’inchiesta dell’Unione Sarda, secondo cui è il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli a rilanciarlo. Lo chiama “parco tecnologico per la gestione sicura dei rifiuti radioattivi”, ma non è altro che un deposito di scorie nucleari provenienti dalle dismissioni delle centrali atomiche italiane e ogni altro materiale radioattivo. Quel progetto del Generale non andò in porto anche per la strenua opposizione della Sardegna, ma 17 anni dopo spunta un dossier, che è stato trasmesso a Palazzo Chigi nei giorni scorsi con l’ambizione della riservatezza, che annovera i punti salienti della proposta, indicando anche stanziamenti e tempi di realizzazione. D’altra parte, Mauro Pili sulle colonne del quotidiano sardo sottolinea che “da Jean in poi, tutti i ministri del rimpallo nucleare, quello dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, sono stati protagonisti indefessi della fiera infinita degli annunci”.
RECOVERY FUND, UN PROGETTO PER DEPOSITO SCORIE NUCLEARI
Sono passate settimane, poi mesi e pure ministri, ma di quel deposito unico nazionale di scorie radioattive non si è fatto nulla finora. Se da una parte hanno pesato anche i timori di sommosse popolari, dall’altra le lobby del nucleare non si sono mai arrese. A tal proposito, l’Unione Sarda spiega che l’occasione ora è rappresentata dal Recovery Fund. Si parla di ben 350 milioni di euro dal 2021 al 2026 per “la progettazione, analisi, e soprattutto campagne di comunicazione a favore del deposito unico”. Il quotidiano rivela che a pagina 19 del piano ministeriale si sostiene che “il progetto fa parte delle misure per la crescita sostenibile, in quanto consente una gestione razionale e sicura dei rifiuti radioattivi provenienti dalle ex centrali e da vari settori, ricerca, sanità e industria”. Secondo questo dossier, il parco tecnologico è una “soluzione prevista dal programma nazionale adottato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 30 ottobre dello scorso anno”. A fine 2020 dovrebbe essere pubblicata la mappa dei siti potenzialmente idonei. Sarà probabilmente il momento in cui rimonteranno le proteste.