L’Italia

dopo la maxi maratona di 4 giorni e 4 notti al Consiglio Europeo ottiene 209 sui 750 miliardi di euro totali del Recovery Fund e il Premier Conte esulta per il successo ottenuto dal duro negoziato contro i Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia). Nelle 68 pagine di documento finale sul Next Generation Eu e sul QFP (il Quadro Finanziario Pluriennale) i 27 Paesi con il Presidente del Consiglio Ue Charles Michel mettono nero su bianco tutte le varie condizioni e vincoli che gli Stati membri dovranno soddisfare per poter accedere ai fondi di rilancio e resilienza contro l’emergenza Covid-19: ed è qui che risultano diversi nodi su tempistiche e condizionalità che non rendono immediata la fruizione delle sovvenzioni e il concreto aiuto solidale europeo. In primis le cifre: dei 750 miliardi di euro 390 saranno erogati con sovvenzioni dirette, 360 invece con prestiti garantiti dall’Ue a tassi agevolati. Per l’Italia saranno 209 miliardi di euro a cui potrà raggiungere far richiesta (il primo Paese europeo per potenziali aiuti) divenendo nei prossimi anni da finanziatore, come era stato fino ad oggi, a beneficiario diretto degli aiuti europei dopo la crisi del coronavirus. Di quei 209 mld, 81 miliardi arriveranno con fondi diretti mentre sale la cifra dei prestiti fino a 127 miliardi rispetto alla proposta della Commissione Europea.



LE CIFRE E LE TEMPISTICHE DEL PIANO UE

La svolta del Recovery Fund vede sostanzialmente tutti contribuire al debito europeo da 750 miliardi, ma a usufruirne maggiormente saranno Paesi come Italia e Spagna che in base alla perdita di Pil e lavoro hanno registrato le perdite peggiori per il Covid-19. Il Recovery Plan (Next Generation Eu più i soldi del QFP che restano 1074 miliardi fino al 2027) non sarà immediatamente disponibile visto che dovrà essere ratificato dai Parlamenti di tutti i 27 Paesi membri e poi dall’Europarlamento: l’iter dovrebbe avvenire entro fine 2020, il che fa intuire che le disponibilità economiche arriveranno non prima del 2021.  Conte ha ottenuto una soluzione ponte efficace per avere soldi già quest’anno: viste le circostanze eccezionali, saranno eleggibili gli investimenti per la ripresa effettuati a partire dal 1 febbraio 2020. Per il Recovery Fund vero e proprio (ricordando che sarebbero già disponibili i fondi Bei-Sure-Mes e il PEPP della Bce) bisognerà invece attendere il secondo trimestre del 2021.



COME FUNZIONA LA GOVERNANCE DEL RECOVERY FUND

Il compromesso trovato al Consiglio Ue permette ai singoli Paesi di presentare i piani di riforma nazionali già a partire dal prossimo settembre ma con la clausola ottenuta dai “frugali” guidati dal Premier olandese Mark Rutte: con il “super freno d’emergenza” ogni Stato potrà bloccare sul nascere la presentazione del Piano e rimandare alla governance del Consiglio Europeo la decisione. Come ha ben spiegato David Carretta sul Foglio di oggi, in caso di dubbi sul rispetto degli impegni di riforma di un paese «uno Stato membro potrà bloccare la decisione di sborsare i fondi del Recovery Fund deferendo la questione al Consiglio europeo, dove i capi di Stato e di governo decidono per consenso». La governance infatti resta in mano alla Commissione Europea che dovrà valutare i singoli piani nazionali di riforma ma tramite il “freno” ogni Paese potrà porre una sorta di “veto” rimandando al Consiglio Ue la decisione finale. Sorge il problema delle tempistiche visto che servono circa 2 mesi per la valutazione della Commissione, 4 settimane per il Consiglio Ue ed eventuali altri 3 mesi se dovessero essere attivati eventuali “freni d’emergenza” su qualche Paese.



I TEMI SU CUI L’ITALIA SARÀ CONTROLLATA

Sono infine due i criteri per la ripartizione dei fondi: per il primo periodo ci si basa sul livello di disoccupazione nel 2015-2019, per il 2023 invece il riferimento sarà la perdita di Pil reale nel 2020-2021. Il 70% degli aiuti del Recovery Fund dovrà essere impiegato nel 2021 e 2022 mentre il restante 30% invece nel 2023. I Paesi beneficiari dei fondi europei per poter accedere agli aiuti economici dovranno rispettare le raccomandazioni specifiche della Commissione Europea, oltre agli obiettivi del Green deal e della digitalizzazione: i soldi a quel punto saranno erogati a rate, in base all’effettiva realizzazione di riforme esposte e presentate agli altri Stati europei. Per l’Italia inoltre i focus che verranno monitorati attentamente per il via libera dei 209 miliardi che possiamo ottenere saranno la riforma pensioni, il lavoro, la giustizia, l’istruzione, la pubblica amministrazione e la sanità. In poche parole, va ridotto il debito pubblico per poter avere piena disposizione dei fondi europei.