La Legge di bilancio è arrivata all’esame dell’aula della Camera, dove si punta a una votazione rapida per consentire al Senato di approvarla, senza modifiche, in via definitiva entro il 31 dicembre. In commissione Bilancio c’è stata la convergenza di tutte le forze politiche su un emendamento proposto dalla Lega, primo firmatario Massimo Garavaglia, che prevede il cosiddetto “anno bianco” per le partite Iva, che non pagheranno i contributi previdenziali nel 2021. Proprio all’ex viceminitro dell’Economia abbiamo chiesto di spiegarci i dettagli di questa misura.
Onorevole Garavaglia, questa esenzione sarà valida per tutte le partite Iva?
Sì varrà anche per i professionisti ordinistici e servirà ad aiutare chi è stato più colpito dalla crisi. Infatti, gli unici paletti previsti sono relativi al reddito annuale, fino a 50.000 euro, e al calo di fatturato registrato, che dovrà essere almeno del 33%. Tutte queste partite Iva non pagheranno la quota fissa dei contributi previdenziali. Considerando il tetto del reddito posto, per la platea designata si tratterà di un esonero contributivo totale. Complessivamente, questa misura costerà 2,5 miliardi di euro.
Viene però stanziato un solo miliardo…
Poiché tutte le risorse necessarie non erano immediatamente disponibili è stata indicata una dotazione iniziale di un miliardo, ma dalla relazione tecnica illustrativa risulta evidente che un altro miliardo e mezzo arriverà attraverso il nuovo decreto ristori che il Governo intende varare a gennaio.
Questo primo miliardo stanziato da dove arriva?
Molto semplicemente abbiamo convinto il Governo a mettere a disposizione del Parlamento i 3,8 miliardi che nell’articolo 207 della Legge di bilancio erano stati inizialmente destinati a un fondo a sostegno delle attività produttive più colpite dalla crisi la cui ripartizione veniva riservata a uno o più decreti del presidente del Consiglio. Anche l’esecutivo alla fine ha capito che è meglio utilizzare queste risorse rispettando la volontà del Parlamento.
Oltre all’emendamento di cui è primo firmatario, ve ne sono stati altri approvati che hanno modificato la Legge di bilancio. Qual è a questo punto il vostro giudizio complessivo sulla manovra?
Oggettivamente aver dato al Parlamento la possibilità di prendere delle scelte su questi 3,8 miliardi ha migliorato l’impianto della manovra. Non solo per l’intervento sulle partite Iva di cui abbiamo parlato, con cui si dà attenzione a quella parte di lavoratori non garantiti finora piuttosto trascurati dal Governo, ma anche per l’ampliamento del contratto di espansione, una misura fondamentale e strutturale per limitare il più possibile, dopo che scadrà il blocco dei licenziamenti, il calo occupazionale. Ci sono anche interventi a sostegno degli aeroporti, il rifinanziamento degli incentivi auto. Insomma, sono state fatte delle scelte nell’ottica dello sviluppo mentre finora il Governo ha cercato solo di tamponare le falle.
A questo punto voterete a favore della Legge di bilancio?
Il tema non si pone perché verrà certamente posta la fiducia sul provvedimento ed è impossibile per noi dare la fiducia a questo Governo.
Anche per le misure restrittive prese per il periodo delle festività?
Guardi, il problema vero delle scelte di questo Governo è che sono caotiche e il caos genera sfiducia, che a sua volta blocca i consumi. Il fatto che ci sia un alto tasso di risparmio è un pessimo segnale. Abbiamo i conti correnti arrivati a un livello record per chi potrebbe spendere, mentre restano vuoti per chi non può lavorare. Una misura emblematica del caos con cui agisce l’esecutivo è quella che mi consente oggi di andare al ristorante a pranzo, ma non a cena.
C’è il rischio che anche il 2021 sia contraddistinto dal susseguirsi di aperture e chiusure?
La sensazione purtroppo è che queste scelte vengano prese più sulla base degli indici di gradimento contenuti nei sondaggi piuttosto che su basi scientifiche.
Nonostante il supporto del Comitato tecnico scientifico?
Per tornare all’esempio di prima, il Cts non ha detto che non si può andare al ristorante la sera mentre a pranzo sì.
Parliamo di un tema che sta creando tensioni nella maggioranza: il Recovery plan. Conte sembra disposto ad adottare un metodo concertativo. Voi chiedete di essere coinvolti?
Noi chiediamo che a essere coinvolto sia il Parlamento. Anzitutto perché le scelte devono essere prese in trasparenza e non si può pensare di coinvolgere le Camere solo per una presa d’atto di decisioni già prese. In secondo luogo, non si possono inventare strutture esterne solo per cercare di ovviare al fatto che prima o poi questo Governo finirà: al massimo durerà altri tre anni, mentre il Recovery fund sette. Infine, se abbiamo delle strutture e dei dirigenti della Pa validi, e li abbiamo, allora usiamoli, altrimenti se questi uomini sono incapaci vanno licenziati.
Questo dal punto di vista della governance. Per quanto riguarda invece la ripartizione dei fondi?
Al netto dell’evidente sottostima della quota destinata alla sanità, il Governo sembra essere ai titoli, mentre occorre entrare nei dettagli delle singole scelte. Cosa che deve fare il Parlamento.
La Lega ha delle proposte specifiche su questo?
Ne abbiamo a iosa, il problema è la sede in cui discuterle.
Voi volete comunque il passaggio del Parlamento, non le convocazioni a palazzo Chigi.
Gli incontri a palazzo Chigi non hanno senso, bisogna passare dal Parlamento. Per questa, come per altre operazioni che riguardano la finanza pubblica, le sedi in cui fare gli incontri sono quelle parlamentari.
Ma oltre a voler un aumento delle risorse per la sanità, ci può indicare una vostra proposta significativa?
Le faccio un esempio. Siamo un Paese fragilissimo per quel che riguarda l’esposizione alle catastrofi naturali. Perché allora non finanziare per sette anni le assicurazioni sulle catastrofi naturali, anziché inventarsi cose difficili da realizzare, con il rischio di non spendere poi le risorse? È poi importante lavorare sulla lista delle opere che si vogliono realizzare, perché puntando su tante piccole si corre il pericolo che la metà non venga terminata: meglio concentrarsi su una decina di grandi opere che hanno un valore e la certezza di essere portate fino in fondo.
A questo proposito si discute anche se sia opportuno utilizzare i fondi europei per finanziare opere già previste o in corso piuttosto che riservarle a nuovi progetti. Su questo cosa dite?
È un discorso di lana caprina, perché ogni cosa che si realizza con il Recovery fund è prima finanziata con risorse proprie e solo dopo avviene la sostituzione della fonte di finanziamento. Per capirci meglio, per finanziare un’opera prima si usano le risorse italiane, anche con emissioni di titoli, poi arrivano le risorse europee che sostituiscono quelle nazionali. Di fatto quindi è la stessa cosa.
C’è da temere la parte dei controlli dell’Ue vista anche la lentezza con cui si realizzano le opere nel nostro Paese?
Io credo sia importante concentrare l’attenzione sulle risorse a fondo perduto, che sono quelle che contano veramente e che alla fine saranno pari a circa 40 miliardi di euro ripartiti in sette anni.
Perché 40, non sono circa il doppio?
Sì, ma considerando il maggior contributo che l’Italia dovrà versare all’Ue, alla fine la cifra netta è quella.
Quindi bisogna concentrarsi su questi trasferimenti a fondo perduto per pochi grandi opere?
Certamente, per quanto riguarda la parte opere. Per la parte sviluppo, vanno invece realizzate cose che abbiano un senso e facciano crescere il Pil. E poi utilizzare il sano criterio che viene applicato in Lombardia: fare overbooking. Se c’è spazio per 100 progetti, meglio preparane 110, così alla peggio se uno non va bene lo si cambia con un altro già pronto. Altrimenti il rischio è quello di non spendere i fondi.
Sarebbe il caso, come vogliono fare Spagna e Portogallo, di rinunciare alle risorse a prestito del Recovery fund prediligendo l’emissione di titoli di stato?
Va fatta una valutazione: mentre i titoli di stato si ripagano con una nuova e successiva emissione, i fondi del Recovery vanno restituiti. Vanno quindi fatti bene i conti su cosa convenga di più.
Le risorse europee sono però vincolate a dei controlli, quelle che si reperiscono con l’emissione di titoli di stato no.
Questo è evidente. Sono mesi però che leggiamo sui giornali che il Recovery fund è la soluzione che risolve tutto. Cosa le devo dire: speriamo sia così!
A proposito di emissione di titoli di stato, in questi mesi ci siamo occupati in diverse occasioni del livello anomalo raggiunto dal saldo di Tesoreria rispetto agli anni scorsi. Perché non usare queste risorse?
Questa è la dimostrazione dell’inefficacia delle misure prese dal Governo che denunciamo da mesi. Basti pensare che con il decreto liquidità sono stati stanziati 12 miliardi per il pagamento dei debiti della Pa verso le imprese, ma per com’è scritta la norma non è stato speso un euro. Quindi ci sono 12 miliardi stanziati e non usati, è stato aumentato il debito pubblico inutilmente per colpa di una norma scritta male.
Cosa accade concretamente, qual è il problema?
Per via di com’è scritta la norma, gli enti locali non possono accedere a questi fondi e quindi non possono pagare le imprese.
Secondo lei questo Governo dura o no?
Il Governo sta in piedi finché ha una maggioranza, finché gli viene votata la fiducia. Funziona così.
D’accordo. Renzi quindi non farà cadere il Governo?
Ho lavorato per diversi anni in aziende dove normalmente le dimissioni si danno, non si minacciano.
Si dice che se il Governo dovesse cadere si dovrebbe tornare a votare, ma si può realmente pensare a elezioni anticipate in questa situazione?
Un Governo cade se non ha la fiducia e per andare a elezioni non deve esserci la possibilità di formare un nuovo esecutivo. Queste sono scelte che sono in capo al presidente della Repubblica e al Parlamento, è impossibile quindi dirlo a priori.
Ma c’è la possibilità di formare una nuova maggioranza come ha detto Salvini?
Questo non sta a me dirlo, lo può dire chi si occupa di politica. Io faccio di conto.
(Lorenzo Torrisi)