Il vertice a palazzo Chigi sul Recovery plan con Italia Viva di martedì sembra aver allontanato lo spettro di un’imminente crisi di Governo. Il Premier Conte ha promesso di rivedere il sistema di governance, ma vorrebbe poter approvare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prima della fine dell’anno, anche per trasmettere un messaggio importante a Bruxelles. Potrebbe quindi esserci un nuovo Cdm la prossima settimana, quando la Legge di bilancio dovrebbe intanto essere alle battute finali per l’approvazione definitiva al Senato. Proprio dalla manovra parte la nostra conversazione con Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano.



Professore, tenendo conto anche delle modifiche apportate dalla commissione Bilancio della Camera, tra cui quella riguardante “l’anno bianco” per le partite Iva, che giudizio dà sulla manovra?

Certamente è importante questo intervento a favore degli autonomi, la categoria più colpita dalla crisi non avendo le stesse protezioni dei lavoratori dipendenti, oltretutto perlopiù presente nei settori più danneggiati dalle restrizioni messe in atto per limitare i contagi. Oltre a ciò, nella manovra ci sono misure di sostegno all’edilizia, come la proroga del superbonus al 110%, e incentivi agli acquisti di beni e arredi per la casa dove sono molti i prodotti del made in Italy. C’è da sperare che, come accaduto in passato con il bonus mobili, questi interventi contribuiscano a salvare posti di lavoro. Nel complesso, quindi, il mio giudizio sulla manovra è positivo. Quel che mi preoccupa invece è il caos mentale totale sul Recovery plan.



Nonostante le schiarite che ci sono state nella maggioranza nelle ultime ore?

Mi pare che stiano rientrando le problematiche relative alla governance, ma non ho visto ancora alcuna idea chiara sulle cifre, soprattutto non sembra esserci uno spaccato della spesa per anno dettagliata per settori. Bisognerebbe sapere almeno nel primo biennio come si articolerà il volume di spesa. Così come si sta prefigurando, il Pnrr mi sembra più fatto per prendere un po’ di tempo, per poter dire a Bruxelles che c’è un piano che poi evolverà. Obiettivamente io credo che varrebbe la pena avere più trasparenza non solo sulla governance, ma anche sugli interventi che realmente si intendono mettere in campo. Ne va veramente del nostro futuro. Non so quanta contezza ci sia della situazione.



La situazione è così grave?

Le riaperture e chiusure a singhiozzo di queste ultime settimane rischiano di essere molto negative per l’economia, il turismo continua a essere in ginocchio e il 2020 si chiuderà probabilmente peggio di quanto si possa pensare. Un Paese come il nostro, già debole sul piano della finanza pubblica, rischia grosso. Oltre agli aspetti di lungo termine del Recovery plan, è più urgente sapere come pensiamo di cavarcela nel breve, soprattutto visto che il 2021 e il 2022 rischiano di vedere l’economia ancora impiombata.

Non ci sarà la ripartenza auspicata?

Siamo il Paese, insieme alla Germania, più colpito dalla seconda ondata. Stiamo arrivando a 70.000 morti dall’inizio della pandemia e siamo ancora a dicembre. Tutto lascia pensare che il 2021 inizierà con altre aperture e chiusure a singhiozzo. E non bisogna trascurare il fatto che il numero di vittime incide anche sul livello di consumi. Inoltre, la situazione tedesca non fa presagire un aiuto nella ripresa del nostro export. Infine, il turismo, già duramente provato, rischia di aver di fronte a sé altri mesi difficili.

Cosa bisognerebbe fare per evitare questo scenario economicamente disastroso?

Oltre a una campagna vaccinale assolutamente perfetta, occorrerà uno sforzo importante della spesa pubblica per colmare la caduta della domanda privata di consumo per cercare di salvare il primo e il secondo trimestre del 2021, altrimenti le previsioni economiche che stanno uscendo in questi giorni saranno travolte dalla realtà. Secondo me c’è una sola formula efficace per controbilanciare la crisi che stiamo affrontando.

Quale?

Dare immediatamente il via, sia con lo sblocco dei vecchi cantieri, sia con le risorse del Recovery plan, a investimenti pubblici importanti che creino prima di tutto domanda e posti di lavoro, visto che andando verso la primavera, con la scadenza del blocco dei licenziamenti e della Cig, non avremo certo un aumento dell’occupazione. Occorre generare posti di lavoro in settori diversi da quelli in forte crisi, perché quando il turismo ripartirà non riuscirà a ricreare subito gli stessi posti di prima. Bisogna creare occupazione con la spesa pubblica nelle infrastrutture, nell’edilizia. Inoltre si deve anche arrivare a formulare un Recovery plan che offra degli spunti concreti nel medio e lungo termine per i nostri giovani.

Da che punto di vista?

Se stiamo parlando del Next Generation Eu, occorre un piano che faccia capire cosa comporteranno gli investimenti di medio e lungo termine in termini di domanda di nuove professioni. Se ci fosse un Recovery plan dettagliato da cui dedurre dove ci saranno più richieste occupazionali, i nostri giovani potrebbero prendere decisioni conseguenti per la loro formazione. Si darebbe una prospettiva di impatto sulla domanda e sull’offerta di lavoro nei prossimi anni.

(Lorenzo Torrisi)