Domani l’Italia invierà alla Commissione Europea il Recovery Plan definitivo: il varo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è giunto questo pomeriggio in Consiglio dei Ministri, con approvazione anche del Fondo complementare da 30,6 miliardi che accompagnerà con progetti e riforme i piani centrali del Next Generation Eu. Sono in tutto 248 i miliardi di euro che il Governo Draghi ha messo in conto – tra fondi europei, extra deficit e React Eu – per le 6 missioni principali individuate dal Piano nazionale di ripresa post-Covid: ma per capire quando effettivamente arriveranno le tranche, mix di prestiti e fondi perduti, occorre un focus in più dato che la struttura del Recovery Fund è tutt’altro che semplice.
Va innanzitutto ribadito che i 191 miliardi in arrivo dall’Europa non saranno in unico passaggio: saranno legati ai singoli progetti presentati dai Paesi, con relativa verifica e conferma di Commissione Ue e Consiglio Ue: si può ben intendere una non velocissima modulazione dei soldi, con il programma NGEU che durerà complessivamente fino al 2026. «Ferma restando la presentazione dei Pnrr entro il 30 aprile – si legge nella nota del Servizio Studi del Senato sulle prossime tappe del Pnrr – l’utilizzo per intero dei termini massimi previsti dal regolamento europeo comporterebbe l’erogazione del prefinanziamento del 13% non prima della fine di settembre 2021»: Draghi in Parlamento lunedì e martedì ha però spiegato che l’invio del PNRR al 30 aprile è atto proprio ad ottenere in anticipo i fondi europei, forse già da questo luglio «la finestra si chiuderà nell’estate: se si consegna il piano subito si avrà accesso alla prima provvista sennò si andrà più avanti».
QUANDO ARRIVANO I PRIMI FONDI DEL RECOVERY
Stamane la presidenza portoghese dell’Unione Europea ha annunciato che metterà in calendario l’approvazione dei primi piani di Recovery Fund all’Ecofin dal 18 giugno: «Siamo anche pronti a convocare un Ecofin straordinario l’ultima settimana di giugno per approvare la seconda ondata di piani. Non possiamo perdere altro tempo, dobbiamo rilanciare la ripresa». Il dispositivo per la ripresa e la resilienza – il Rrf, ovvero “Recovery and Resilience Facility” – è il perno della strategia di ripresa post-pandemica messo a punto dalla Commissione Europea, finanziata tramite il “Next Generation EU” come integrazione del Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea 2021-2027. Secondo le ultime novità offerte dal commissario europeo al bilancio Johannes Hahn è realistico pensare che «i piani nazionali di ripresa e resilienza potranno ricevere il pre-finanziamento del Next Generation Eu, pari al 13% dell’ammontare in luglio» e gli altri in una seconda tranche a settembre. La logica che conta è quella del “chi prima arriva, prima è servito” con questi 45 miliardi di euro complessivi (il 13% del Recovery Plan) che fanno già gola: i Paesi europei saranno sottoposti a verifiche del Consiglio Europeo e Commissione Europea con iter tutt’altro che semplici, dunque non sono da escludere eventuali ritardi ne procedere allo sblocco. Come spiega il Sole 24 ore, «Per ogni piano, bisognerà realizzare una proposta da presentare al Consiglio dell’Unione europea per l’approvazione, che conterrà la scaletta degli interventi, con le tappe che ogni Paese dovrà raggiungere per vedersi sbloccare i fondi».
TUTTE LE PROSSIME TAPPE
A livello di calendario, dovrebbero arrivare entro il 31 luglio il via libera al PNRR italiano da parte di Commissione e Consiglio: a quel punto scatta il vero e proprio impegno giuridico e politico, con la pianificazione dei fondi da sbloccare a seconda dei rispettivi progetti presentati. Entro il 30 settembre invece è atteso lo sblocco dei fondi per tutti i Paesi che ancora non avranno ricevuto il via libera dell’Europa (al momento, prima dell’Italia hanno già presentato il Recovery Plan Portogallo, Francia, Grecia, Germania). La nota dell’ufficio studi di Palazzo Madama spiega come dal momento che verranno avviati i progetti e gli investimenti finanziati dal Recovery Fund, il regolamento prevede che gli Stati membri possano presentare due volte l’anno alla Commissione una richiesta di pagamento del contributo finanziario “debitamente motivata”: tale valutazione deve avere luogo «senza indebito ritardo e al più tardi entro due mesi dal ricevimento della richiesta». Se l’esito è positivo, allora la Commissione trasmette le proprie conclusioni al Comitato economico e finanziario (organo consultivo composto da alti funzionari di amministrazioni e banche centrali nazionali) e solo allora «senza indebito ritardo» la decisione autorizzerà l’erogazione dei fondi. Attenzione però, i fondi potrebbero essere a rischio o arrivare in ritardo se gli obiettivi concordati non saranno stati raggiunti: «Se la verifica della Commissione si conclude con un esito negativo il pagamento viene sospeso per riprendere solo dopo che lo Stato membro interessato abbia adottato le “misure necessarie per garantire un conseguimento soddisfacente dei traguardi e degli obiettivi”».