L’Italia è di nuovo sotto schiaffo da parte dell’Ocse, l’organizzazione dei Paesi industrializzati. Questa volta la penalty riguarda il reddito reale delle famiglie, che nell’area Ocse è aumentato dello 0,5% nel secondo trimestre (e per il quarto trimestre consecutivo) del 2023, mentre il Pil reale per abitante è cresciuto dello 0,4%. Tra le economie del G7 in Italia, il reddito reale dei nuclei familiari per abitante (cresciuto in tutti i Paesi dei quali sono sono disponibili i dati) è diminuito dello 0,3% ed è negativo nella stessa misura anche il Pil reale per abitante.
Questi dati sembrano contraddire l’andamento dell’occupazione che continua il suo percorso positivo. A settembre 2023 l’occupazione continua a crescere – di 42 mila unità rispetto al mese precedente – tra i dipendenti permanenti e tra gli autonomi. Il numero degli occupati si attesta a 23 milioni e 65 6mila e registra, rispetto a settembre 2022, un aumento di 443 mila dipendenti permanenti e di 115 mila autonomi; il numero dei dipendenti a termine risulta invece inferiore di 47 mila unità. Su base mensile, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione salgono rispettivamente al 61,7% e al 7,4%, mentre scende al 33,2% il tasso di inattività. Riassumendo: in base al confronto anno su anno, l’incremento dei posti di lavoro è stato di 512 mila unità, di cui la stragrande maggioranza (443 mila) sono posti fissi.
Continua pertanto quel trend che determina non solo più occupazione, ma anche una maggiore qualità della stessa. Ciò lascerebbe supporre che nei nuclei famigliari vi sono più persone che lavorano e per tempi più lunghi. Evidentemente influisce sui redditi reali l’inflazione che fino a settembre ha avuto un andamento ancora sostenuto (siamo in attesa di capire i motivi del recente crollo al di sotto del canonico 2%). L’andamento dell’occupazione è tanto più sorprendente in quanto è risultato fermo il Pil del terzo trimestre ’23; in altri tempi ciò avrebbe potuto giustificare un rallentamento del mercato del lavoro con le aziende pronte a liberarsi di manodopera per far fronte al ristagno della domanda e ai rischi di recessione. E comunque restie ad assumere. La situazione, invece, è diversa e assai più complessa al punto che non è consentito indicare un’unica spiegazione.
Vi è innanzitutto una crisi dell’occupazione sul versante dell’offerta, non solo sul piano delle professionalità richieste, ma si cominciano ad avvertire anche le conseguenze del declino demografico, per cui le aziende sono portate a “fidelizzare” i propri dipendenti mediante le assunzioni a tempo indeterminato. E – se è consentito il termine – a fare scorta di personale. Poi ci sono – secondo il Cnel – 7,7 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo contrattuale: un ritardo che penalizza ancor più le retribuzioni sottoposte all’inflazione. In un articolo su Il Foglio del 4 novembre, Dario Di Vico ha ipotizzato un’ulteriore motivazione: le assunzioni con basse retribuzioni compensano il mancato decollo della produttività. A questo punto torna il campo l’Ocse secondo la quale un “rafforzamento delle competenze” è oggi “essenziale” per “accompagnare la transizione ecologica e trarre beneficio dalle possibilità offerte dall’Intelligenza Artificiale (IA)“.
“Le competenze – sostiene l’organizzazione – giocano un ruolo cruciale nella costruzione di economie e società solide, eque e durature, ma i bisogni in competenze delle nostre economie e delle nostre società evolvono: pertanto i responsabili pubblici devono migliorare l’allineamento dell’istruzione e della formazione sulle competenze di cui il mercato del lavoro ha bisogno. Questo – precisa Ocse – è indispensabile per aiutare i lavoratori a fronteggiare le importanti conseguenze di queste trasformazioni sul mercato del lavoro”.
Come affronta questa sfida il Governo italiano nel collegato lavoro al ddl bilancio bollinato dalla RGS e che inizia il suo iter al Senato? L’articolo 23 fornisce le linee guida: “Al fine di condividere e diffondere soluzioni organizzative ed esperienze di eccellenza, presso il Ministero dell’istruzione e del merito è costituito l’Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) nel quale sono raccolte le buone pratiche adottate dalle istituzioni scolastiche. Con decreto del Ministero dell’istruzione e del merito sono definite le modalità di costituzione e funzionamento dell’Albo”. Ai fini del consolidamento dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento che rispondano a criteri di qualità sotto il profilo formativo e orientativo è istituito presso il Ministero dell’istruzione e del merito l’Osservatorio nazionale per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento per il sostegno alle attività di monitoraggio e di valutazione dei PCTO. A queste finalità si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La partecipazione ai lavori dell’Osservatorio non dà diritto ad alcun compenso, indennità, gettone di presenza e qualsivoglia altro emolumento comunque denominato.
Un Albo in più non fa male a nessuno. È dubbio che si tratti di una misura adeguata.
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