Sarebbe paradossale se il Reddito di Cittadinanza trovasse la sua “nemesi” nella città del fondatore M5s, però così potrebbe accadere dopo l’inchiesta aperta a Genova per la legge-bandiera di Beppe Grillo e Luigi DI Maio. Lo rivela oggi “La Verità” in prima pagina, riportando le carte della Procura di Genova dove sono stati iscritti nel registro degli indagati i nomi di quasi 500 cittadini extracomunitari che hanno chiesto e ottenuto il Reddito di Cittadinanza senza averne pieni requisiti.



Se in un primo momento si parlava di poche decine di indagati, col passare delle settimane il caso sembra ingrossarsi sempre più: «l’Inps a partire dal 2019», scrive ancora La Verità, «avrebbe erogato diversi milioni di euro non dovuti a cittadini stranieri». Gli inquirenti coordinati dall’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati avrebbero scoperchiato non solo il danno, ma pure la “beffa”: «molti dei percettori sono passati dall’Italia per un breve periodo e altri inviano quanto ricevuto all’estero. Insomma gran parte dei soldi erogati non viene nemmeno spesa in Italia». Numeri talmente ingombranti che fanno pensare ci sia una “regia” dietro al presunto illecito contro lo Stato e contro l’Inps: «Nel mirino sono finiti in particolare alcuni patronati o centri di assistenza fiscale del centro storico di Genova a cui si sarebbe rivolta la gran parte degli indagati per presentare la richiesta con le false autocertificazioni sui requisiti necessari».



CAOS A GENOVA: L’INCHIESTA SUL REDDITO DI CITTADINANZA

L’iter di inizio indagine ha preso forma davanti alla “curiosa” scoperta che da pochi Caf partivano diverse domande molto simili tra loro, risultate poi quasi tutte con irregolarità al proprio interno: tutti gli indagati sono provenienti da Paesi extra Ue, «Esclusi dall’obbligo di tracciamento patrimoniale e quasi tutti nella fascia di età tra i 30 e 50 anni». Questi stessi immigrati – racconta ancora “La Verità” – «hanno dichiarato in autocertificazione di essere stati residenti in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due continuativi, come previsto dalla legge. Ma dagli accertamenti svolti dagli investigatori è emerso che il primo ingresso degli indagati registrato nel nostro Paese risultava essere avvenuto in epoca più recente». Dai primi controlli effettuati dalla Procura di Genova è risultato che molti per ottenere il RdC avevano “autocertificato” il possesso dei requisiti minimi richiesti dalla legge manipolando i propri dati, in alcuni casi con la data d’ingresso sul territorio italiano modificata. La Procura giudicando come assai difficile reperire le somme “sparite” all’estero ha chiesto al gip il sequestro delle somme già percepite dagli attuali indagati e si prepara a coinvolgere l’Inps nel tentativo di contenere il rischio. Vi è poi un sospetto “finale” negli inquirenti, come riporta ancora il quotidiano di Maurizio Belpietro: potrebbe esserci un sistema in cui «i richiedenti privi di requisiti è fornito un supporto per aggirare le norme, magari in cambio di una percentuale sul reddito».

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