Quasi un miliardo di euro è stato erogato indebitamente con il Reddito di cittadinanza in un solo anno. Il dato, ricavabile dall’analisi delle tabelle dell’esercizio 2021 dell’Inps, è presente anche nella segnalazione per danno erariale visionata dalla Verità, datata 9 agosto e trasmessa alla procura della Corte dei conti dal magistrato Antonio Buccarelli, addetto al controllo del più grande istituto previdenziale europeo. Non si può escludere che il salasso si sia ripetuto anche l’anno prima e quello dopo. Gli omessi controlli hanno consentito che una fetta così grande del provvedimento voluto da M5s finisse a degli approfittatori. Questa è una delle contestazioni più grave contenute nella segnalazione del magistrato della Corte dei conti che attacca la gestione di Pasquale Tridico.



Così il Reddito di cittadinanza in gran parte non sarebbe andato ai veri bisognosi, ma a migliaia di persone che non avevano i requisiti per chiederlo. Peraltro, solo dopo tre anni l’Inps ha cominciato le doverose verifiche. «Non risulta essere stata posta in essere una attività di controllo successiva all’accoglimento delle domande sulla base della autodichiarazione dei requisiti, limitandosi l’Istituto ad interrompere le erogazioni illegittime volta per volta segnalate dall’Autorità giudiziaria o di polizia» e «ad avviare le procedure di recupero a decorrere dal 2021», scrive Buccarelli.



REDDITO DI CITTADINANZA, “TENTATIVO DI TRUCCARE CIFRE SU REVOCHE”

Per gli anni 2021 e 2022 gli indebiti pagamenti, «in quanto conseguenti a carenza originaria dei requisiti di accesso al beneficio», che sono stati «accertati sono stati pari a 791.380.228,22, e di questi quelli ancora da recuperare euro 671.232.396,07». In virtù dell’alto numero di domande presentate e autorizzate, la stima del magistrato riguardo «l’indebito aggregato sulle annualità 2019 e 2020 potrebbe ammontare a circa 900 milioni di euro». L’accusa all’Inps è di aver usato artifizi contabili per dimostrare l’esistenza di una qualche forma di gestione degli «indebiti» e di recupero delle somme. Infatti, Buccarelli ritiene non coerente «per gli anni 2019 (dal mese di aprile) e 2020 il dato qualificato dall’Istituto come “decadenze”, molto più correttamente ascrivibile a “revoche” e, pertanto, a indebita erogazione». Quindi, per il magistrato, spiega la Verità, l’Inps avrebbe provato a usare come «decadenza», cioè come interruzione immediata dei versamenti al momento del venir meno dei requisiti, quelle che sarebbero «revoche» di prestazioni che non avrebbero dovuto essere erogate dal principio e che, invece, sono state bloccate con colpevole ritardo, causando un grave danno erariale, tutto da recuperare.



Inoltre, l’Inps avrebbe provato a far passare per «storno» ciò che non lo è. Quindi, nei dati comunicati all’Inps il 12 luglio 2023 venivano inseriti nei «recuperi effettivi» anche storni che, però, erano in realtà solo blocchi della carta. Le critiche del magistrato della Corte dei conti proseguono e includono anche il mancato controllo del possesso dei requisiti entro 5 giorni lavorativi dalla data di erogazione del Reddito di cittadinanza. L’Inps avrebbe dovuto controllare anche «tutti i dati anagrafici, di residenza, di soggiorno e di cittadinanza, così come quelli reddituali e patrimoniali, e del casellario giudiziario». A circa due anni dall’istituzione dell’Rdc, invece, l’Inps «approvava uno schema di disciplinare dei controlli da sottoscrivere con le amministrazioni interessate, sebbene già avesse diritto ad accedere alle banche dati esterne. Seguiva, quindi, la sola convenzione con l’Aci stipulata il 21 dicembre 2020».