Come peraltro promesso durante la campagna elettorale, il Governo Meloni, con l’approvazione della sua prima Legge di bilancio, interviene per modificare “temporaneamente” la disciplina del Reddito di cittadinanza, in attesa di un’organica, e complessa, riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva. In particolare, si prevede che, nel corso del 2023, il Reddito di cittadinanza sia riconosciuto per un massimo di 8 mensilità (in luogo delle 18, rinnovabili, attualmente previste), salvo il caso in cui siano presenti nel nucleo familiare persone con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant’anni di età.
Si inserisce poi l’obbligo, per i beneficiari del reddito tenuti a sottoscrivere un patto per il lavoro, o per l’inclusione sociale, di frequentare un corso di formazione e/o riqualificazione professionale per 6 mesi, pena la decadenza dal beneficio per l’intero nucleo familiare. Si prevede la decadenza dal beneficio anche nel caso in cui uno dei componenti il nucleo familiare non accetti la prima offerta di lavoro “congrua”, anche nei primi diciotto mesi di fruizione del reddito (attualmente si fa riferimento alla seconda).
La “Finanziaria” immagina inoltre che i Comuni nell’ambito dei progetti utili alla collettività impieghino tutti (e non più almeno un terzo, come attualmente previsto) i percettori residenti sul proprio territorio che hanno sottoscritto un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale. Al fine di stimolare il “lavoro” si prevede che il maggior reddito da lavoro percepito in forza di contratti di lavoro stagionale o intermittente non concorra alla determinazione del beneficio economico entro il limite massimo di 3.000 euro lordi.
In questo quadro si deve leggere il giudizio espresso da Bankitalia nel corso delle audizioni in sede di approvazione della Legge di bilancio alla Camera. In quella sede l’Istituto di via Nazionale ha sottolineato come l’introduzione del Reddito di cittadinanza abbia, indubbiamente, rappresentato una tappa significativa nell’ammodernamento del nostro sistema di welfare prevedendo una forma di reddito minimo a sostegno delle famiglie più bisognose come, peraltro, già previsto in tutti i Paesi dell’area euro (in molti di questi la misura presenta carattere di universalità come anche il Reddito di cittadinanza). Si riconosce, inoltre, come, in questi ultimi anni caratterizzati dal Covid, il reddito abbia sicuramente contribuito a contenere gli effetti negativi della crisi legata all’epidemia e a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie, particolarmente colpite dal recente shock inflazionistico.
Allo stesso tempo si evidenzia che la riforma complessiva annunciata dal Governo potrebbe rappresentare un’importante occasione per rafforzare l’efficacia della misura operando sulle inefficienze e le storture presentatesi in questi primi anni di vita. Guardando al futuro Bankitalia invita, inoltre, a riflettere sul prevedibile impatto dei radicali cambiamenti dei paradigmi produttivi in corso a livello globale sulle competenze, che potrebbero divenire presto obsolete, di molti lavoratori, in particolare quelli più deboli.
Ciò, infatti, potrebbe richiedere nel prossimo futuro, un ulteriore rafforzamento del sistema di misure di sostegno al reddito per le persone povere o, comunque, a grave rischio di esclusione sociale come il Reddito di cittadinanza. Di fronte a sfide come queste, insomma, anche un Governo conservatore, come quello guidato dalla Meloni, dovrà porsi il tema di trovare strumenti sostenibili per la tenuta delle nostre comunità. In questa prospettiva si potrebbe, quindi, immaginare che, nel 2024, più che a un’abolizione “ideologica” del Reddito di cittadinanza, si dovrà ripensare l’istituto per renderlo maggiormente efficiente, equo e adatto alle nuove sfide in arrivo.
Abbiamo un anno di tempo per farlo. L’auspicio è che questi mesi non si sprechino, ma si utilizzino per elaborare progetti seri e innovativi guardando anche a quei Paesi, europei ma non solo, che si stanno già muovendo in questa direzione.
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