Sotto i nostri occhi increduli si è svolto un incontro che è passato, se non alla storia almeno alle cronache, come il Teano 2. Maurizio Landini, il leader del sindacalismo non sottomesso al profitto, ha incontrato il nuovo Garibaldi, Giuseppe Conte, che gli ha messo a disposizione il Mezzogiorno del Reddito di cittadinanza, pronto a schierarsi conto il Governo del freddo, della fame e della paura, che vuole rubare ai poveri per dare ai ricchi e agli evasori.
Per non dare troppo nell’occhio, l’incontro di Landini con Conte si è svolto nell’ambito di un programma di illustrazione delle critiche della Cgil al ddl di bilancio; pertanto non vi è nulla che faccia pensare a un rapporto esclusivo. Ma dopo l’accoglienza riservata a Giuseppi in occasione della manifestazione delle associazioni pacifiste, a cui la Cgil ha fornito un decisivo sostegno, le posizioni del sindacato e del movimento tendono sempre più a convergere e ad approfondire le distanze tra la Cgil e il Pd.
Alla fine dell’incontro si è detto che i parlamentari del M5S saranno presenti alle iniziative di mobilitazione che la Cgil organizzerà dal 12 al 16 di dicembre, mentre verrà snobbata la manifestazione promossa dal Pd per il 17. Un bel traffico. La confusione è tanta che chi intende partecipare ad una di queste giornate di lotta deve stare attento a non sbagliare giorno, città e piazza. Altrimenti rischierebbe di fare la fine di Alessandro Di Battista quando si recò ad arringare (non c’è mai limite al peggio) il popolo del generale Pappalardo.
Il nuovo patto ha già un motto di stampo garibaldino: “Qui si salva il RdC o si muore”. L’assegno salvavita è difeso a spada tratta anche da Landini: «Si può migliorare, ma abolirlo è impensabile», ha ribadito lunedì. E di rimbalzo gli ha risposto Conte: «Il Governo cancella il Rdc per introdurre l’evasione di cittadinanza», a proposito del «premio dato a chi gira con 5mila euro in contanti». Ovviamente, per i due leader sull’orlo di una crisi di nervi l’evasione non esiste tra i percettori del RdC. E se esiste è imposta dalla necessità di arrotondare l’assegno con qualche lavoretto in nero.
Nei giorni scorsi Alberto Brambilla ha presentato il IX rapporto della Fondazione Itinerari previdenziali dedicato alle dichiarazioni dei redditi 2020 ai fini Irpef. Ne esce un quadro desolante nel quale – è questo uno dei temi su cui Brambilla insiste da tempo – appare evidente uno scostamento tra i modelli di vita e di consumo (anche nelle zone più svantaggiate) e i redditi denunciati. “Siamo un Paese di poveri – sostiene il rapporto – se solo 30,327 milioni di cittadini su 59,641 milioni di abitanti presentano per il 2020 una dichiarazione dei redditi positiva, significa che il 49,15% degli italiani non ha redditi e quindi vive a carico di qualcuno“.
Ma quali sono le posizioni in campo sul RdC? Per l’asse Conte-Landini è un tema forte, ma è davvero in grado di mobilitare il mondo del lavoro? Il soccorso rosso dei media è in campo come lo è stato in tutte le campagne sfascite degli ultimi anni: dando spazio ai no vax, ai putiniani, ai pacifisti pelosi e a quant’altro potesse disinformare l’opinione pubblica. Meloni non è una sciocca, sa bene che quando afferma “i poveri da una parte; gli altri a lavorare”, c’è un’ampia quota popolare che condivide questa “dottrina” che pure è semplicistica e un po’ demagogica. Nei giorni scorsi un talk show “schierato” era in collegamento con una manifestazione che si svolgeva a Palermo in difesa del RdC. Nel corso del collegamento veniva intervistato un beneficiario che riceveva un assegno di 1.200 euro mensili. E ovviamente si lamentava perché le riteneva inadeguate. Che cosa potrebbe pensare un operaio del Nord che per riscuotere uno stipendio più o meno di quell’importo lavora 8 ore al giorno?
Certo, la linea Meloni non convince, perché nessuno sarà in grado di organizzare dei corsi di formazione semestrali obbligatori o di fare una proposta di lavoro congrua ad alcune centinaia di migliaia di lavoratori. D’altro canto, però, è difficile che i percettori “occupabili” del RdC divengano il nucleo centrale di una lotta che metta in difficoltà il Governo. Non è mai un fatto positivo che si scontrino le caricature dei problemi reali; perché esiste la povertà, come la disoccupazione. Ma esistono anche il lavoro non disponibile, i posti vacanti, il mismatch, la mancanza di mobilità territoriale e settoriale. È sempre più necessario prendere il lavoro che c’è come peraltro consigliano tutti gli studi in proposito. Ma ci vorrebbe un’effettiva collaborazione tra le parti sociali e il Governo per allocare alle politiche attive del lavoro le risorse ora destinate all’assistenza.
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