Il rapporto di monitoraggio pubblicato nel mese di marzo dall’Inps, nella qualità di ente erogatore del Reddito e della Pensione di cittadinanza e del Reddito di Emergenza (di seguito Rdc e Rem), mette in evidenza che nel corso del 2020 sono state erogate le risorse rese disponibili dalla legge in vigore dal 1 aprile 2019 per il Rdc e da 3 decreti nel corso dell’emergenza sanitaria per il Rem, per circa 2 milioni di nuclei familiari e un corrispettivo di 4,4 milioni di persone.



Sempre per il medesimo periodo, l’Istat ha comunicato gli esiti dell’indagine preliminare sull’andamento della povertà assoluta per le famiglie e per le persone residenti in Italia che segnala il raggiungendo del record storico, 1,560 milioni di famiglie e 5,6 milioni persone povere, con un incremento di 335mila nuclei e di 1 milione di persone.



La divergenza è clamorosa, pur tenendo conto che nonostante gli effetti economici pesanti della pandemia la perdita di 450mila occupati e un corrispettivo aumento di 160mila disoccupati e 540mila persone inattive, non necessariamente appartenenti in toto alle famiglie povere, lo Stato ha nel contempo erogato in modo stabile le risorse destinate a contrastare la povertà grave per almeno 1,2 milioni di nuclei familiari, e 2,4 milioni di persone, con un importo medio delle integrazioni stimato in 560 euro mensili. Senza trascurare i 50 miliardi erogati a vario titolo per sostenere i redditi delle persone e delle famiglie.



L’interrogativo su come stiano effettivamente funzionando i provvedimenti legislativi dedicati allo scopo sarebbe stato doveroso. Invece abbiamo constatato un vasto compiacimento per i risultati ottenuti con il Rdc e con il Rem, che ha portato alla recente decisione di rifinanziare con 2,5 miliardi di euro aggiuntivi gli interventi previsti per l’anno in corso, estendendo la platea per 700mila nuovi potenziali beneficiari e aumentando le risorse già investite dal varo degli interventi oltre i 15 miliardi di euro.

Eppure le cause del mancato funzionamento sono tutte verificabili nei numeri già resi disponibili dall’Istat e facilmente comparabili con quelli del monitoraggio Inps per gli esiti del Rdc. Circa 1,580 milioni di domande accolte nel corso del 2020 risultano distribuite per il 60% nelle aree del Mezzogiorno, dove l’analisi dell’Istat stima la presenza del 38% delle famiglie povere italiane. All’opposto, per i nuclei familiari residenti nelle regioni del Nord scendono al 25% rispetto al 47% della quota ponderata dall’Istat. In pratica nel Mezzogiorno le famiglie beneficiarie dei provvedimenti pubblici risultano essere 180mila in più rispetto a quelle stimate dall’Istat in queste regioni, mentre nelle aree del Nord mancherebbero all’appello 560mila famiglie e 1,7 milioni di persone.

Nell’indagini dell’istituto di statistica la povertà risulta particolarmente concentrata nelle famiglie con minori a carico (11,6% rispetto alla media del 6,4%) e la quota dei minori in condizioni di povertà, 1,360 milioni, il 13,6% sul totale dei coetanei italiani. Nei nuclei beneficiari del Rdc quelli composti da una o due persone, che nell’indagine Istat registrato un coinvolgimento inferiore alla media (5,7% rispetto al 7,7%), rappresentano il 60% delle domande accolte e il 34% delle persone. Mentre il numero dei minori a carico delle famiglie del Rdc, circa 700mila, risulta dimezzato rispetto al fabbisogno di intervento. 

Per l’Istat gli immigrati regolari in condizioni di povertà assoluta rappresentano 25,7% delle famiglie composte da stranieri, il 28,7% sul totale di quelle residenti in Italia. Tra queste circa la metà, 282mila, con minori a carico. Nei nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza la percentuale di partecipazione degli immigrati si dimezza al 12,7%, offrendo una spiegazione anche per una parte significativa delle carenza di copertura per le famiglie residenti nel Nord Italia e per i minori.

I numeri sono impietosi. In pratica si stanno erogando cifre annuali che vanno ben oltre le previsioni originali per la spesa stimata per ridurre drasticamente la povertà, 8 miliardi l’anno, e in molti casi per un numero dei beneficiari superiore a quello stimato dall’Istat nell’anno della pandemia sanitaria!

La spiegazione di questo andazzo è squisitamente politica. In pratica si sono prese a pretesto le indagini dell’Istituto di statistica, i famosi 5 milioni di poveri del 2018, per mettere in campo un provvedimento mirato ad assecondare la sciagurata promessa elettorale del M5S di fornire un assegno di 720 euro mensili a tutte le persone prive di reddito. Un intervento successivamente dirottato verso la lotta alla povertà, ma che per l’obiettivo di mantenere elevato il sussidio di base elevato, i 720 euro comprensivi della quota di contributo per i nuclei in affitto, ha ridotto la progressione delle integrazioni sulla base dei carichi familiari (la media degli assegni erogati oscilla tra i 430 euro per le famiglie con una sola persona e i 730 euro per quelle con 4 o più componenti) e assecondato una vergognosa introduzione del vincolo per i richiedenti alla residenza per almeno 10 anni che ha ridotto drasticamente la partecipazione delle famiglie immigrate. 

La decisione di mettere in campo il Rdc in fretta e furia, mettendo fine alla sperimentazione del Reddito di inclusione, teorizzando l’introduzione di controlli delle domande tramite banche dati tra amministrazioni mai realizzate a distanza di due anni dall’introduzione, ha generato la decisione di accogliere sulla base di dichiarazioni Isee autocertificate dai richiedenti, che la Guardia di finanza, sulla base di indagini a campione, ritiene non veritiere per il 70% dei casi.

L’utilizzo delle dichiarazioni fiscali per selezionare i potenziali beneficiari delle prestazioni sociali sconta il fatto che il 40% dei contribuenti non versa nemmeno un euro all’erario e che le prestazioni sommerse sottraggono dal calcolo il 12% del Pil, circa 210 miliardi con una sottrazione di 110 miliardi di imposte, con picchi del 20% nel Mezzogiorno e in alcuni settori, e del 47% per i servizi alle persone. Di fatto le autocertificazioni tendono a essere congegnate per beneficiare dei sussidi eludendo la reale rappresentazione dei redditi e delle relazioni tra i componenti dei nuclei familiari.

Il sussidio di base elevato, oltre che disincentivare la ricerca del lavoro e precostituire le premesse del fallimento annunciato delle politiche attive del lavoro che sono state maldestramente concentrate sui beneficiari del Rdc, viene considerato controproducente nei programmi messi in campo nei principali Paesi europei per contrastare le diverse forme di povertà generate dalla dipendenze patologiche da alcol, droghe, gioco d’azzardo, e l’abbandono scolastico.

Nonostante l’evidente fallimento del Rdc, si è pensato bene di introdurre un Reddito di emergenza allargando i requisiti Isee di accesso, e persino utilizzando questo strumento per prorogare i sussidi alle persone che hanno esaurito l’indennità di disoccupazione senza limiti alcuni. La pandemia sta di fatto precostituendo le condizioni per far deragliare le politiche per il contrasto della povertà verso una sorta di riproposizione del reddito di base da garantire a tutte le persone, e per l’erogazione di bonus, detrazioni, contributi sulla base delle dichiarazioni Isee, utilizzandole persino per condonato le multe e il mancato pagamento delle imposte fiscali di venti anni fa. 

L’Alleanza per la povertà, che associa le associazioni che rivendicano un’ulteriore estensione del Rdc, stima un ulteriore fabbisogno di intervento pari a 4 miliardi l’anno per ampliare la copertura verso le famiglie più numerose e gli immigrati. Il tutto in concomitanza con l’una approvazione di una legge, positiva, che prevede l’erogazione di un assegno unico di 250 euro per i minori a carico anche delle famiglie fiscalmente incapienti senza ritenere opportuno ridurre per del corrispettivo la quota dei finanziamenti per il Rdc. Il prosieguo coerente della deriva che ha comportato un incremento strutturale della spesa assistenziale a carico dello stato di 40 miliardi su base annua, nel corso degli ultimi 12 anni, e un contemporaneo raddoppio del numero delle persone in condizioni di grave povertà. Assecondato da forze politiche, associazioni, mass media a danno dei contribuenti onesti.

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