È stato il “canto del cigno” di Pasquale Tridico. Il 18 maggio scorso il Presidente dell’Inps è andato in audizione presso la commissione Lavoro del Senato sul decreto del 1° maggio (dl n.48/2023) e ha avuto la possibilità di esprimere un’opinione articolata sul tema che ha caratterizzato la sua meteora: le modifiche a quel Reddito di cittadinanza (Rdc) di cui, nei diversi ruoli ricoperti da quando è comparso sulla scena è stato l’inventore, l’autore, il difensore e il gestore.
Il compito del liquidatore spetterà alla persona che il Governo nominerà quale commissario. Ma Tridico, al Senato, ha avuto modo di dire la sua ancora come Presidente dell’Inps. Come i rappresentanti degli enti, delle associazioni che hanno preso parte alle audizioni, anche l’Inps ha consegnato una nota molto articolata riguardante tutti i punti del decreto, seguita da un documento specifico in cui vengono individuati i nuovi compiti che il decreto assegna all’Istituto.
Un bilancio
Diversamente da Marco Antonio sul cadavere di Cesare, Tridico non è andato a seppellire il Rdc, ma a lodarlo. “Da aprile 2019 a marzo 2023, hanno beneficiato di Rdc/Pdc più di 2,3 milioni di nuclei familiari. Sul totale di questi nuclei familiari, il numero di persone coinvolte, ovvero la platea che è stata raggiunta dalla misura, è pari a 5,2 milioni di individui. Nel mese di marzo 2023 i nuclei percettori di Rdc/Pdc sono stati poco più di 1 milione, sul totale dei nuclei familiari, il numero di persone coinvolte è 2,1 milioni di individui. L’importo del beneficio a marzo 2023 (inteso come integrazione del reddito e contributo per l’eventuale affitto) è in media di circa 572 euro per nucleo familiare”. Di conseguenza: “Secondo le stime dell’Istituto la misura ha consentito di assottigliare le disuguaglianze riducendo la popolazione in povertà relativa (sotto il reddito mediano) di un punto percentuale (da 13,9% al 12,9%). Anche l’Istat ha sostenuto negli ultimi rapporti annuali che nel 2020 l’effetto combinato del Rdc e della Cig ha determinato un abbassamento dell’indice di Gini di 1,2 punti percentuali e di quasi un punto del rischio di povertà per 1 milione e 800mila nuclei familiari (circa 3,7 milioni di individui)”.
La spesa
Nel periodo di vigenza di 48 mesi (quadriennio 2019-2022; primo trimestre 2023) la spesa per il Rdc è stata pari a circa 30 miliardi di euro, incrementandosi negli anni raggiungendo l’importo di 8,8 miliardi nel 2021. Il trend in diminuzione nel 2022 e nei primi mesi del 2023 farebbe pensare ad una spesa più contenuta anche non considerando l’effetto dei risparmi dovuti alle limitazioni introdotte nella legge di bilancio 2023.
I limiti
Se il trasferimento monetario del Rdc ha avuto effetti positivi sulle disuguaglianze, l’attuazione della componente della misura riguardante la politica attiva e l’inclusione sociale ha, invece, mostrato il proprio limite. Il sistema della presa in carico da parte dei servizi sociali (il 35% delle famiglie beneficiarie di Rdc nel 2021) e dei servizi dell’impiego (il 52% nel 2021) ha indubbiamente rappresentato l’ambito di attuazione della misura di più difficile realizzazione a causa della carenza di personale e della mancanza di un sistema unitario e nazionale di politiche attive, in quanto le stesse sono differentemente attivate dalle Regioni per il tramite dei Centri per l’Impiego (Cpi). Inoltre, la scarsa vicinanza al mercato del lavoro dei beneficiari del Rdc non agevola il lavoro dei Cpi e delle Agenzie per il lavoro che sono state interessate nel tempo alla presa in carico anche di queste categorie di lavoratori. Secondo gli ultimi dati Anpal al 31 dicembre 2022, il 74,3% dei beneficiari non occupati in carico ai servizi per il lavoro non ha mai avuto un contratto di lavoro dipendente o in parasubordinazione nei 36 mesi precedenti (circa 500mila individui).
I controlli e le revoche
Col rafforzamento dei sistemi di controllo è stato possibile individuare un rilevante numero di false dichiarazioni e di indebite percezioni del Rdc e, conseguentemente, respingere, revocare o porre in decadenza numerose domande e prevenire erogazioni indebite. A tal proposito si precisa che l’importo complessivo degli indebiti accertati a seguito di adozione di provvedimenti revoca e decadenza è pari complessivamente a circa 800 milioni di euro.
Le nuove misure di contrasto alla povertà
Il decreto legge al posto del Reddito di cittadinanza introduce due misure distinte: una rivolta ai poveri che non sono in condizione di lavorare (Assegno di inclusione-Adi) e un’altra di re/inserimento lavorativo (Supporto per la formazione e il lavoro-Sfl). L’Inps, per quanto di sua competenza, gestirà due nuove misure, che differiscono nei requisiti richiesti per l’accesso alla misura e nella durata e la cui gestione sia per il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, sia per favorire la ricerca del lavoro e il rafforzamento delle competenze dei beneficiari, dovrà essere garantito dal Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), istituito presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Tale Sistema garantirà, attraverso l’interoperabilità tra le piattaforme digitali dei diversi soggetti accreditati e che operano nel sistema sociale e del lavoro, l’attuazione dei percorsi di inserimento sociale, di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro. In tale contesto, la sottoscrizione del patto di attivazione digitale, previsto per entrambe le misure e dei patti per l’inclusione o di servizio personalizzato e nel caso di Sfl, la partecipazione a percorsi di formazione, nonché gli altri impegni richiesti ai beneficiari, diventano elementi centrali per il riconoscimento e la permanenza della misura.
Assegno di Inclusione
Per quanto riguarda l’Adi, secondo i nuovi criteri e requisiti previsti i nuclei che si stima possano accedere alla misura sono pari a 697mila in linea con le numerosità dei nuclei “non occupabili” del Rdc. L’Adi, oltre che per i beneficiari, si differenzia dal Rdc in quanto prevede un requisito di residenza più basso di 5 anni in ragione della procedura di infrazione comunicata dalla Commissione europea.. La scala di equivalenza dell’Adi, necessaria a determinare la soglia di accesso e l’importo della misura, rappresenta, secondo l’Inps, un’importante novità nella sua formulazione. Si tratta di una nuova scala di equivalenza, espressamente adottata per tale misura, la cui formulazione attribuisce un valore pari 1 al nucleo familiare indipendentemente dal numero dei componenti per poi essere maggiorata1 a seconda delle caratteristiche degli altri componenti, fino a un massimo complessivo di 2,2 ulteriormente elevato a 2,3 in presenza di disabiliti gravi o non autosufficienti. Si osserva che il valore del parametro della scala attribuito ai minori tiene conto della compatibilità e la totale cumulabilità dell’importo della misura con l’Assegno unico e universale, che nel caso di nuclei beneficiari di Rdc in presenza dei requisiti per legge viene erogato sotto forma di integrazione della quota di Rdc, relativa ai figli che fanno parte del nucleo familiare, calcolata sulla base della scala di equivalenza.
La promozione delle assunzioni
L’esigenza di promuovere le assunzioni dei percettori di Adi e di Sfl è attuata anche attraverso la previsione di un sistema di differenti incentivi, descritti nell’articolo 10, riconosciuti a favore dei datori di lavoro privati in caso di assunzione di beneficiari dell’Adi e del Sfl modulati in base al contratto di lavoro sottoscritto (esonero del 100% dei contributi previdenziali per 12 mesi per quello subordinato a tempo indeterminato, pieno o parziale, contratto di apprendistato del 50% per 12 mesi per quello a tempo determinato o stagionale, pieno o parziale). Misure specifiche sono previste per i casi di disabilità e di auto-imprenditorialità.
Supporto per la formazione e il lavoro
Più articolata – secondo l’Inps – appare la disciplina del Sfl, quale misura per gli occupabili, che decorre dal 1° settembre 2023, al fine di favorire l’attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa. Tale supporto è definito quale misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, orientamento, accompagnamento al lavoro e politiche attive del lavoro comunque denominate. La previsione del Sfl contiene una serie di rinvii alla disciplina dell’Adi pur avendo una differente ratio, ossia favorire l’inserimento lavorativo attraverso un intervento temporaneo destinato a coloro che hanno presumibilmente maggiore probabilità di trovare lavoro. Questa misura, il cui importo è fisso (350 euro), spetta a ciascun componente che ne ha diritto e ha una durata limitata a 12 mesi non rinnovabili, ed è condizionata alla partecipazione a misure di formazione e di attivazione lavorativa.
Conclusioni
Segue poi una tabella sugli effetti finanziari che è la stessa contenuta nella Relazione tecnica al decreto legge. Come è agevole notare, la memoria consegnata in audizione è più che altro una illustrazione delle disposizioni previste. In pochissimi casi sono espresse delle valutazioni. Al di là dei processi alle intenzioni potremmo affermare che il principale obiettivo del Presidente uscente, in audizione, sia stato quello di difendere il Rdc e la linea di condotta dell’Inps rispetto alle critiche che sono arrivate dal 2019 in poi. In proposito merita un’ulteriore segnalazione la parte del documento relativa ai controlli e alle misure prese di conseguenza per almeno due motivi: l’efficacia crescente delle procedure di controllo e, in parallelo, il danno economico che ne è conseguito (su 30 miliardi 800 milioni sono tanti o pochi?).
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