IL “DIETROFRONT” DEL PRES. INPS TRIDICO: “OK REDDITO DI CITTADINANZA SOLO A CHI NE HA DIRITTO”
«Reddito di Cittadinanza? Sono d’accordo che le erogazioni vadano a chi effettivamente ne ha diritto»: a dirlo è il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico, professore ed economia che fu però tra i primi “ideologi” della misura bandiera del Movimento 5Stelle adottata nel primo Governo Conte. Una sorta di “dietrofront” quella messa in campo dal numero 1 dell’Inps (in scadenza tra un anno il suo mandato, ndr) nel colloquio con l’ANSA sul futuro del Reddito di Cittadinanza in vista della prima Manovra di Bilancio messa in campo dal Governo Meloni. Con le forti crisi sul caro energia e sul fronte inflazione, il piano dell’esecutivo è quello di reperire risorse urgentemente: uno dei piani è quello appunto di ridurre il più possibile la platea del RdC, scatenando le ire di M5s e Pd che difendono la misura.
Chi quella misura la lanciò assieme a Luigi Di Maio prima delle Elezioni Politiche 2018, per l’appunto Pasquale Tridico, ora si schiera con il Governo: «Sono totalmente d’accordo a che le erogazioni vadano a chi effettivamente ne ha diritto secondo i requisiti di legge. Da parte sua l’Inps ha sempre svolto con responsabilità e competenza la funzione di ente erogatore ai sensi delle norme di legge». L’istituto, spiega ancora Tridico all’ANSA, ha compiuto nei mesi scorsi controlli ex ante sui percettori del Reddito di Cittadinanza: «anche laddove non fosse espressamente previsto dalla legge, ha permesso di intercettare preventivamente tutti i possibili indebiti individuabili dalle analisi di rischio conosciute e disponibili».
TRIDICO: “BENE PIANO GOVERNO SUL REDDITO DI CITTADINANZA”. SCATTA IL PIANO PENSIONI?
La possibile riduzione della platea di percettori del Reddito di Cittadinanza, così come gli annunci su rivisitazione del Superbonus 110%, stanno creando non poche polemiche attorno alle misure allo studio del Governo Meloni per la prossima Manovra di Bilancio: intervistato oggi dal “Corriere della Sera”, il sottosegretario al MEF (in quota Lega), Federico Freni, non fa che confermare indirettamente quanto sostenuto dallo stesso Pasquale Tridico. «Non darei nulla per scontato. Dobbiamo proteggere chi non può lavorare ma non vogliamo più sostenere a spese dello Stato chi non vuole lavorare. Ma è presto per parlare di numeri esatti», spiega il deputato del Carroccio. Del resto era stato lo stesso vicepremier Matteo Salvini a sottolineare giorni fa l’importanza della riduzione per il Reddito di Cittadinanza in vista dei capitoli di riforma pensioni e pace fiscale, temi molto cari alla Lega: «Età minima per andare in pensione 61 anni con 41 di contributi (quota 102). Per realizzare il progetto nel 2023 secondo i calcoli dell’Inps serve poco più di un miliardo. Lo recupereremo sospendendo per sei mesi il reddito di cittadinanza a quei 900mila percettori del reddito che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi».
Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha ribadito come una misura come il Reddito di Cittadinanza «non può durare a vita» e dunque occorrerà mettere un «limite temporale»; la stessa Premier Giorgia Meloni ha spiegato in conferenza stampa di voler riformare il RdC «garantendo un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo (si pensi agli invalidi)», mentre con tutti gli altri «intendiamo attingere al Fondo sociale europeo per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita». La situazione è tutt’altro che semplice, specie perché i tempi sono molto stretti e l’interlocuzione con le parti sociali sarà inevitabilmente ridotta all’osso per poter comporre una Finanziaria entro fine 2022. Raggiri, truffe, “furbetti” del Reddito di Cittadinanza sono nel mirino del Governo Meloni ma questo non significa che sarà una strada “semplice” attuare tale riforma prima del 2023. Come ha spiegato ancora Tridico, «È doveroso ricordare che milioni di famiglie in stato di profonda indigenza, progressivamente aumentate a causa della pandemia e della crisi hanno potuto sostenersi e non arretrare in profonda povertà grazie al sostegno del reddito o della pensione di cittadinanza. Lavorare su questo fronte delle condizioni dignitose del vivere e parallelamente potenziare l’accesso al lavoro, per chi può, è la strada maestra».