Proporre il reddito universale in Italia sarebbe come giocare al Lotto. Così come nel Regno Unito, non si sanno gli effetti prodotti da questo test sperimentale, il quale potrà essere constatato soltanto durante il processo. Ma replicarlo nel nostro Bel Paese, avrebbe senso?
Il reddito universale, conosciuto in diversi paesi ma concesso – almeno per ora – soltanto in Galles, è stato esteso anche nelle East Finchley e Jarrow. A parlare del suo funzionamento, il responsabile stesso del progetto: Will Stronge, intervistato anche al The Guardian.
Reddito universale in Italia: perché non ci sarà
Il reddito universale in Italia non verrà applicato. Attualmente, l’unico Paese in fase di sperimentazione, è il Regno Unito. Prima partendo dal Galles, e adesso con le due cittadine sopra citate: Jarrow e East Finchley.
Will Stronge, ha spiegato che l’idea è quella di favorire il benessere psicologico dei cittadini. E non c’è niente di meglio che farlo con i soldi. In quei paesi UK, l’assegno a cittadino (sorteggiato a caso su 30 beneficiari). sarà di ben 1.875€ al mese.
Una cifra ben più alta rispetto a quella realmente attesa, ma che potrebbe allo stesso tempo, garantire dei risultati più efficienti nel medio e lungo periodo. L’assegno verrà distribuito per un massimo di due anni, indipendentemente che si tratti di un cittadino benestante o in condizioni di povertà.
L’unica restrizione, è quella di limitare almeno il 20% dei fondi totali, destinandolo ai cittadini in stato di disabilità. E inoltre, i beneficiari potranno – nell’arco di due anni – rimanere disoccupati, senza obbligo di trovare un impiego.
Sicuramente, il reddito di base non sarà proponibile in Italia, sia perché non ci sarebbero i fondi necessari, ma soprattutto perché andrebbe a “violare” i principi dettati dal welfare sociale. E dato che gli italiani hanno dei concetti decisamente fermi e restii in altri aspetti, sarebbe meglio (almeno per il momento), non provocarli dando atto ad una “guerra civile”.