Il redditometro è uno strumento in uso all’Agenzia delle entrate, adibito alla verifica della congruenza di quanto inserito in dichiarazione dei redditi, con quanto effettivamente posseduto in relazione alle spese sostenute e allo stile di vita.

Le operazioni effettuate dal redditometro si inscrivono nell’ambito “dell’accertamento sintetico” che, nella versione precedente alla modifica del d.l. 78/2010, prevede che il contribuente, qualora indagato, deve dimostrare documenti alla mano che il maggior reddito accertato derivi da ulteriori redditi esenti, oppure da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo d’imposta.



Redditometro: cosa succede se si viene contestati

Nel caso in cui venga accertata l’entità di questi redditi e la durata del possesso da parte del contribuente che si premurerà di fornire l’onere di prova. Ma ciò potrebbe non bastare, infatti nel contenzioso, confluito poi in Cassazione con ordinanza n. 12600 e pubblicata il 20 aprile 2022, una contribuente ricorreva contro un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, a seguito di controlli, rideterminato il reddito imponibile relativamente all’anno fiscale 2008. In questo caso classico, la capacità reddituale non era coerente con quanto dichiarato.



Questo ricorso era stato accolto dalla commissione tributaria provinciale (CTP). Ma l’Agenzia delle entrate ha nuovamente fatto appello alla commissione tributaria regionale (CTR), nuovamente bocciato con la motivazione che il contribuente aveva fornito la prova contraria secondo l’ex articolo 38 comma 4 DPR 600/73. La motivazione fornita dal contribuente era appunto che erano stati utilizzate risorse che non costituivano redditi disponibili. La norma non prevedeva la necessità di dimostrare la destinazione di queste risorse, finalizzate al sostenimento delle spese.
Ma l’Agenzia delle entrate ha ulteriormente fatto ricorso denunciando la violazione e la falsa applicazione della ex articolo 38 del suddetto decreto presidenziale, denunciando che il giudice non avesse curato la genuinità della prova contraria fornita dal contribuente, in relazione all’esistenza di redditi esenti idonei a giustificare lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello accertato attraverso strumento del redditometro.



Redditometro: cosa dice la normativa

Del resto la norma comunque prevedeva che:

Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi è la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.

Quindi l’Agenzia delle entrate ha ragione nel dire che il contribuente avrebbe potuto dimostrare l’entità di questi beni attraverso l’estratto dei conti correnti oppure con altra documentazione a cui si sarebbe potuta desumere la durata del possesso di queste risorse e quindi, mediante un incrocio di dati, si sarebbe potuto determinare l’utilizzo finale delle medesime risorse per l’acquisto dei beni contestati e rilevati dal redditometro.