Ho ascoltato in tv e letto sui quotidiani, con disgusto, l’ennesima iniquità commessa dallo stato (volutamente in minuscolo) nei confronti, in questo caso, di un maresciallo dei Carabinieri, Riccardo Saccotelli, che, all’epoca in sevizio a Nassiriya, riportò gravi lesioni a seguito dell’attentato terroristico dove persero la vita 19 italiani. L’ equo indennizzo, che in realtà equo non è, è una modesta somma in denaro, variabile, a sostegno di spese improvvise per ulteriori cure e a riconoscimento del danno permanente subìto, che lo stato riconosce a quei militari o appartenenti alle forze dell’ordine (peraltro mal retribuiti, tanto che si parla spesso di aumentarne lo stipendio ma non lo si fa mai, evidentemente la Sicurezza non è una priorità) a causa della attività lavorativa svolta, cioè a seguito di ferite subite in un attentato o in una colluttazione con malviventi, o anche per aver contratto una malattia (non sono rari i casi di agenti di polizia che hanno contratto l’ HIV durante l’attività di contrasto dello spaccio di stupefacenti per essersi “scontrati” con spacciatori portatori del virus).



È di tutta evidenza quindi, che il maresciallo Saccotelli ricade perfettamente in questa casistica e che, quindi, abbia subito un torto evidente, ancora più grave perché commesso nei confronti di un militare di cui, per altri versi, si ricordano ed elogiano il lavoro e la dedizione, unitamente a tutti coloro che in quel momento si trovavano in quel lontano Paese in una missione di pace. La migliore gioventù italiana impegnata a far ben figurare l’Italia nei consessi internazionali.



Ma voglio essere ottimista e imputare questa sciocchezza all’ eccessivo, cieco zelo di qualche burocrate che non ha mai alzato le terga dalla sedia su cui lavora e quindi, tanto meno, prestato servizio in zone di guerra. Sono ottimista quindi e confido che tutti coloro che possono intervenire,  dal presidente della Repubblica al presidente del consiglio e al ministro della Difesa, come me inorridiscano e intervengano perché a Saccotelli – e a tutti coloro che versano in situazioni analoghe – venga riconosciuto quando dovuto. Perché,  purtroppo, sono molti i casi analoghi. Di aventi diritto che, per cavilli burocratici o eccessivo zelo di amministratori timorosi, non vengono giustamente risarciti. E questo, è triste dirlo, ma sfido chiunque a smentirmi, accade sempre con i più deboli, con coloro che non hanno le chiavi giuste per aprire la gabbia della burocrazia in cui giacciono le loro giuste richieste.



Nonostante tutto questo, non sorridano i disfattisti. In ogni Paese democratico infatti possono accadere tali iniquità, ma la forza di un Paese,  proprio in nome della democrazia, è quella di porvi rimedio. Sono quindi certo che, al di là del giusto, comprensivo momento di sconforto che la notizia ha suscitato in tutti gli operatori di polizia e militari, questi sapranno e vorranno continuare a dare il meglio di loro stessi in quel servizio che sentono come una missione.

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