I RISULTATI DEI REFERENDUM SULL’ABORTO CON LA VITTORIA REPUBBLICANA IN FLORIDA

L’onda lunga di vittorie dei Repubblicani alle Elezioni Presidenziali Usa 2024 si ripercuote, in parte, anche sui risultati dei Referendum sull’aborto che interesseranno 10 dei 50 Stati americani: la vittoria di Donald Trump come nuovo Presidente Usa può essere letta, almeno in Florida, come diretta conseguenza della volontà popolare di non estendere la possibilità dell’aborto fino a 24 settimane di gravidanza. La legge proposta era il famoso “Emendamento 4” ma la Florida ha detto no: solo il 57% dei voti, non raggiungendo il quorum fissato al 60%, di fatto un’altra vittoria dei Repubblicani del Governatore Ron DeSantis che puntava invece a mantenere il divieto di aborto dopo le 6 settimane di vita del feto.



In Arizona invece vince il “Sì” al referendum sull’aborto con i risultati che dunque portano il diritto di abortire fino alle 24 settimane invece delle 15 fissate precedentemente dalla legge statale: 63% degli elettori hanno votato a favore dell’emendamento Dem. Simile all’Arizona anche i risultati di Nevada e Colorado (che sanciscono il diritto all’aborto nella Costituzione natale), Missouri, Maryland e New York: Nebraska invece conferma il divieto di abortire dopo 12 settimane, così come fallisce il referendum per ripristinare la “sentenza Roe vs Wade” anche in South Dakota, con il 61% del No contro il 39% del Sì.



I 10 STATI DOVE SI VOTA PER IL REFERENDUM ABORTO: COSA DICONO I QUESITI DELLE ELEZIONI

Mentre parallelamente proseguono le ultime ore di votazioni alle Elezioni Presidenziali Usa 2024, in ben 10 Stati si vota come sappiamo per i referendum sull’aborto, uno dei temi chiave che potrebbero spostare anche voti e consensi nella corsa verso la Casa Bianca. Viaggiando idealmente da una costa all’altra, sono in realtà molto diversi i quesiti e i temi posti dai rispettivi voti nazionali per gli Stati impegnati nella votazione sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Dall’Arizona dove si legifera sul diritto di aborto fino a 24 settimane (attualmente è fissato a 15) al Colorado dove si vuole modificare la costituzione nazionale per impedire al Governo di “decidere” sul diritto all’aborto delle donne, anche perché attualmente non vi è una limitazione sulla possibilità di abortire nello Stato. In Florida si vuole introdurre l’aborto fino alla vitalità fetale ma serve il 60% dei voti complessivi per passare: in Maryland si vuole inserire in costituzione il “diritto alla libertà riproduttiva”, incluso anche se non limitato alla possibilità di porre fine alla gravidanza dell’individuo, mentre in Missouri isi vuole annullare il divieto attuale di aborto , garantendo invece un “diritto fondamentale alla libertà riproduttiva”. Da ultimo, si vota anche in Nebraska (diritto aborto fino alla vitalità del feto) e Nevada (protezione del feto), in New York con la legge anti-discriminazione e in South Dakota per proteggere il diritto all’aborto nel primo trimestre di gravidanza.



REFERENDUM SULL’ABORTO: LA DIRETTA VERSO I RISULTATI ALLE ELEZIONI USA 2024

Fin dalla sentenza della Corte Suprema del 2022 che ha abolito in America la precedente “Roe vs Wade”, il tema dell’aborto nelle Elezioni Presidenziali Usa 2024 si sapeva sarebbe stato uno dei temi decisivi della durissima campagna elettorale: non tutti forse sanno però che un referendum sull’aborto e sulle legislazioni da adottare attende l’elettorato americano sempre oggi 5 novembre 2024 in parallelo al voto per Presidente e Congresso in 9 Stati americani.

Si vota per il “diritto statale” di abortire in Florida, Montana, Arizona, Maryland, Dakota del Sud, Nevada, Nebraska Colorado e Missouri: il referendum arriva dopo appunto le evoluzioni a livello federale conseguenza della sentenza della Corte Suprema americana che nel giugno 2022 ha tolto il “diritto costituzionale” delle leggi sull’aborto (che invece perdurava dalla “Roe vs Wade” del 1973), dando invece libertà di applicazione nei singoli Stati Usa. In questi anni tra Democratici e Repubblicani è ri-esplosa la battaglia civile e politica sull’aborto, con legislazioni “pro” o “contro” diritto all’interruzione di gravidanza a seconda delle maggioranze presenti negli Stati federali. E così, dopo le decisioni delle singole Corti Supreme, i 9 Stati di qui sopra sono giunti a definire le nuove regole sull’aborto in base i risultati in arrivo con la diretta spoglio delle Presidenziali 2024.

DOVE E PER COSA SI VOTA NEI REFERENDUM SULL’ABORTO IN AMERICA: DALLA FLORIDA ALL’ARIZONA

Resta ovviamente dirimente la scelta che prenderanno gli elettori per capire quali risultati vi saranno nel referendum sull’aborto, anche per comprendere quanto avrà inciso e “condizionato” il voto per le Elezioni Usa, il Congresso e (in alcuni casi) anche per i Governatori. Norme che “allargano” i regolamenti pro-choice negli Stati dem, norme invece che puntano a rendere sempre più limitato il diritto ad abortire negli Stati repubblicani, lo scontro durato per mesi arriva al “redde rationem”.

Se la maggioranza dei 9 Stati punta nel referendum a garantire il diritto all’aborto fino all” vitalità del feto”, altri puntano invece sul terzo mese di gravidanza come termine ultimo, altri ancora puntano a renderlo sempre praticabile se per la salvaguardia della salute della madre incinta. Il Nebraska è invece un caso isolato in quanto porta avanti una misura in controtendenza: il referendum vede esprimersi in merito all’inserimento in Costituzione locale il divieto di aborto dopo le prime 12 settimane con eccezioni solo per incesto, stupro o pericolo di vita della madre. Da ultimo occorre aggiungere ai 9 predetti (Arizona, Florida, Colorado, Montana, Missouri, Maryland, Nevada, Nebraska e South Dakota) un decimo referendum nello Stato di New York che non menziona direttamente il “diritto all’aborto” ma punta a proibire la discriminazione a livello statale per “esiti della gravidanza” e “assistenza sanitaria riproduttiva e autonomia”.

TRUMP VS HARRIS, LE POSIZIONI SULL’ABORTO IN QUESTE ELEZIONI PRESIDENZIALI USA

Convintamente pro-choice e in prima linea contro la Corte Suprema a maggioranza repubblicana dopo la sentenza contro il “diritto costituzionale” all’aborto l’una; pro-life ma anche aperto a rendere libero in tutti gli Stati di poter decidere quale politiche regolamentate sull’aborto, l’altro. Kamala Harris e Donald Trump hanno duellato in tutta la (breve) campagna elettorale dopo il ritiro di Biden anche sul tema dell’aborto, sia per i referendum nei 9 Stati di cui si attendono i risultati in diretta nelle prossime ore; ma il duello è stato centrale anche per la corsa alla Casa Bianca con l’America che storicamente punta a dividersi sui temi “etici” e “civili” come raro ormai vedersi nel resto dell’Occidente.

In vista dunque del Referendum in corso in alcuni degli Stati Uniti americani, un recap sulle posizioni espresse da Democratici e Repubblicani sul diritto all’aborto urge, non prima di una premessa necessaria: la sentenza della Corte Suprema non ha eliminato il diritto di abortire in America, come erroneamente viene ritenuto, bensì ha definito incostituzionale l’inserimento a livello federale di una norma che decida tempi e modi per l’interruzione di gravidanza. È semmai la Roe vs Wade del 1973 ad aver introdotto una sentenza “incostituzionale”, sempre ovviamente secondo il giudizio di questa Corte Suprema degli Stati Uniti che vive da anni con una maggioranza di giudici nominati dai Repubblicani.

Fatta la premessa, entriamo nelle posizioni che hanno condotto fino ai referendum sull’aborto del 5 novembre 2024: Papa Francesco di recente ha ritenuto entrambe le tesi di Kamala Harris e Donald Trump fallaci sui temi della vita in quanto i Dem «vogliono uccidere esseri umani innocenti», mentre i Repubblicani «non accettano i migranti e li cacciano via». Sul fronte dell’IVG, la sentenza del 2022 ha rimandato la questione dell’aborto alla legislazione dei singoli Stati: Trump punta a mantenere questa posizione, sottolineando in campagna elettorale che «ora abbiamo l’aborto dove tutti lo volevano dal punto di vista legale, gli Stati lo determineranno tramite voto referendario o legislativo, o forse entrambi, e qualunque cosa decidano deve essere la legge del Paese». Harris accusa Trump dicendo che firmerà un divieto nazionale sull’aborto non appena eletto Presidente, venendo smentita dallo stesso leader repubblicano: «È una bugia. Non firmerò un divieto, e non c’è motivo di firmare un divieto». Di recente è la moglie Melania ad aver sostenuto pubblicamente il diritto giusto ad abortire per tutte le donne, trovando in Trump una minima reazione «ha il diritto di dire e pensare quello che vuole». Harris invece fa dell’aborto una battaglia etica “decisiva”, promettendo di portare in Congresso una legge federale che introduca per tutti gli Stati il diritto all’aborto: serve però la piena maggioranza delle due Camere e questo si capirà solo dopo le Elezioni Usa 2024. «Sostengo una legge federale che proteggerebbe i diritti all’aborto per contrastare la decisione della Corte Suprema del 2022», ha detto la vicepresidente Dem.