Nilde Iotti, cui è stata dedicata una fiction questa sera su Rai 1 sulla storia della sua vita personale e politica, ebbe un ruolo importante se non decisivo all’interno dell’evoluzione ed emancipazione della società italiana con l’approdo delle grandi “battaglie civili ed etiche” all’interno della politica. «Una donna comunista che, dentro il suo partito e nell’Italia del primo dopoguerra, ha affrontato battaglie difficili e delicate. E ha sempre vinto. Una donna forte, austera, capace di grandi tenerezze e di assoluta autorevolezza», così descriveva Alessandro Natta, ex segretario di partito e compagno di mille battaglie, la sua amica Nilde Iotti. L’amante di Palmiro Togliatti ma anche la prima Presidente della Camera donna nella storia repubblica, nonchè protagonista assieme alle lotte dei Radicali di due dei referendum più importanti della storia recente italiana, sul divorzio e sull’aborto: «Basta accennare al divorzio. Iotti e tutti noi ci siamo impegnati per far capire che era un’ esigenza di libertà, non una bandiera. Se non ci fosse stato il Pci, nel 1974, il referendum non sarebbe stato approvato. Verso di noi ci sono sempre state le più assurde pregiudiziali, non sono finite neppure ora», scriveva ancora Natta riferendosi a Nilde Iotti in una lunga intervista a Repubblica l’indomani dalla dipartita dell’ex Presidente della Camera. La battaglia di una donna che per molti storici e politologi comportò le prime vere sconfitte politiche per la Democrazia Cristiana e per una società ancora molto legata alla tradizione cattolica: «Noi non romperemo ora il silenzio di questa giornata, destinata per gli Italiani alla riflessione decisiva, in rapporto con uno dei più gravi doveri per i credenti e per i cittadini, in ordine al bene della famiglia. Noi -disse il Papa- inviteremo soltanto a mettere questa espressa intenzione, implorante sapienza, nella nostra odierna preghiera alla Madonna», fu l’appello di Paolo VI nell’Angelus di quel giorno decisivo quale fu il voto sul referendum divorzio. Nilde Iotti alla Camera qualche anno prima però aveva “incardinato” la futura vittoria della società “secolarizzata”, prima ancora della politica, sul tema in merito: «A noi pare che ciò che nel mondo moderno spinge le persone al matrimonio ed alla formazione della famiglia, ciò che rende morale nella coscienza popolare la formazione della famiglia, sia in primo luogo l’esistenza di sentimenti. Questo e non altro è il motivo che spinge oggi un uomo ed una donna a contrarre matrimonio ed a costituire una famiglia […] traiamo dalla nuova concezione della famiglia e dalla nuova realtà morale della vita familiare la necessità che la legislazione italiana consenta la possibilità di scioglimento del matrimonio. Noi sosteniamo il divorzio perché riteniamo che questo istituto trovi rispondenza nella mutata coscienza morale dei cittadini italiani e nella mutata natura della famiglia».
REFERENDUM DIVORZIO, 12-13 MAGGIO 1974
«Nel 1974, in occasione della sconfitta al referendum sul divorzio, il mondo cattolico e la Democrazia cristiana presero formalmente atto che la società italiana era ormai distante anni luce dal magistero della Chiesa e dai suoi insegnamenti. Il referendum portò in dote una ridda di profonde lacerazioni interne al cattolicesimo nostrano – tra chi seguì il papa nella battaglia abrogativa e chi invece gli voltò le spalle – che a leggere certi velenosi interventi ancora oggi sembrano aver lasciato strascichi evidenti», lo scriveva per il nostro quotidiano Lorenzo Ettorre parlando delle fratture che nella società civile e politica ebbe modo di “confermarsi” dopo quel “NO” vincente il 12-13 maggio del 1974. Era il referendum abrogativo sulla legge 898/70, «Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio», altrimenti nota come «legge Fortuna-Baslini»: entrata in vigore quattro anni prima, la legge aveva introdotto il divorzio in Italia. La battaglia referendaria vide la vittoria, a sorpresa, del “sì” al divorzio – 40,74% al Sì contro il 59,26% del No – e negli anni immediatamente a venire si aprirono le prime vere “vittorie” della Sinistra dopo il primeggiare della Dc dopo le elezioni del 1948: il famoso “compromesso storico” tra Dc e Pci avvenne dopo le conquiste elettorali delle sinistre nel 1975 e nel 1976 e la formazione di governi con l’appoggio esterno del PCI prima nel 1976 e poi nel 1978. Innegabile la portata delle donne protagoniste della vita pubblica civile e politica, tra cui proprio Nilde Iotti, che favorirono la “voce femminile” emersa con convinzione per la prima volta sullo scenario pubblico italiano: il principio dell’autodeterminazione in materia prima di libertà nel porre fine al matrimonio (e conseguentemente poi anche sul tema di maternità e aborto) è fin dall’inizio degli anni settanta l’obiettivo centrale del movimento delle donne, che dette vita, tra il 1975 e il 1976, a grandi manifestazioni pubbliche.
REFERENDUM ABORTO, 17 MAGGIO 1981
Sempre secondo l’ex segretario del Pci Natta, «Nella battaglia per il divorzio prima e per l’ aborto dopo, Nilde Iotti ha affinato le sue doti naturali di dirigente politico. Ha messo in campo quella saggezza e quella coerenza che le hanno permesso di diventare una eccelsa presidente della Camera. Fermissima, quasi severa, attenta alle ragioni di tutti». E così dopo il referendum sul divorzio, si arriva al referendum che nel 1981 arrivò a porre l’attenzione sull’abrogazione o meno della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza (su proposta dei Radicali): la difesa della vita fin dal suo concepimento fu la seconda, forse più dolorosa sconfitta, che il popolo cattolico dovette subire nel giro di pochi anni proprio “fagocitato” da una società maggiormente laica-laicista, dominata dai movimenti radicali e dalle proteste delle femministe incentrate sull’autodeterminazione della donna fin alla decisione di tenere o meno il bimbo concepito. La vittoria dei Radicali e del Pci di Iotti e Berlinguer avvenne sia contro l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto per rendere più libero il ricorso all’interruzione di gravidanza (promosso dal Partito Radicale), ma anche contro l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto per restringere i casi di liceità dell’aborto (promosso dal Movimento per la Vita). L’Italia cambiò decisamente e col tempo forse anche gli stessi italiani che si ritrovarono in molte occasioni “divisi” su temi decisivi come vita-morte, matrimonio e concepimento della vita umana. Il tema dello scontro però non sempre ebbe la vinta sulla capacità della società italiana, cattolica, socialista e comunista assieme, di saper trovare dalle divisioni confermate dalle battaglie politiche la capacità e la possibilità di “ritrovare” un’unità sostanziale nell’evoluzione della vita di tutti i giorni. Grazie alla Chiesa, grazie alle figure di spicco della cultura e politica italiana e grazie agli stessi cittadini italiani che seppero superare le difficoltà, non senza fatica: guardando alla situazione dei giorni d’oggi, un concetto e una conquista tutt’altro che banali.