Dopo un paio d’anni di crescenti pressioni per tutelare la propria e altrui salute con mascherine, distanziamenti, chiusure, vaccini, farmaci e respiratori, in questi giorni il tema che tiene banco sembra decisamente virare su altre aspettative: libero fumo e libero suicidio per tutti?

Sarebbe interessante comprendere quale sia il filo conduttore comune di tali apparentemente opposte tendenze.



Da cittadino e lettore cerco di non farmi travolgere dalla reattività, sempre più in agguato in tempi di stress, e di raccogliere elementi da valutare con prudenza e riferimento alla realtà.

La Corte costituzionale non ha ammesso un referendum sulla depenalizzazione del reato di omicidio del consenziente, che è cosa diversa dal regolare le cure nel fine vita; come pure non è stato ammesso un referendum volto a rendere lecita la libera coltivazione di cannabis, che è cosa diversa dal mettere a disposizione adeguati farmaci a chi ne ha bisogno. I giudici hanno anche negato la possibilità di abrogare per via referendaria la sanzione della sospensione della patente a chi abbia fatto uso di sostanze nella guida, che è diverso dal depenalizzare una canna nel club privé.



Da una vita dirigo strutture di cura residenziali e al domicilio a favore di malati spesso gravi, cronici e in cure palliative come pure luoghi di accoglienza e riabilitazione per malati Hiv conclamati e malati psichiatrici severi. La domanda più frequentemente incontrata in tutti questi compagni in umanità è una domanda di cura, di compagnia, di rassicurazione e di vita: il problema più grave che incontrano è che spesso non la trovano.

Parenti e amici a volte crollano sotto i colpi e i tempi di una fatica insostenibile, a volte si squagliano come neve al sole. Le pubbliche istituzioni arrancano nelle maglie di procedure sempre più complesse e demotivanti e tra ristrettezze di risorse umane ed economiche. Si trovano i soldi per finanziare i monopattini a batteria e non per attivare le cure palliative ai minori al domicilio.



La gran parte dei giovani sotto i trent’anni nei quali esordisce una malattia psichiatrica ha fatto uso di droghe leggere. Il tema è delicato, ma poco esplorato da scienziati e statistici e ancor meno ripreso dalle lobby del commercio e della comunicazione che spesso, per lucratore finale, coincidono.

In attesa della prossima iniziativa di qualche difensore di indesiderati diritti andiamo a trovare un malato grave e cronico, diamo il cambio per un’ora a uno di quei famigliari eroi che lo curano nella lunga quotidianità, sosteniamo in ogni modo quelle opere che accolgono, accompagnano e consolano chi soffre, sosteniamo chi le fa. 

A chi vive con il desiderio della morte non portiamo evasione, ma cure e compagnia.

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