Il Referendum sulla giustizia con i cinque quesiti popolari abrogativi si avvicina: si andrà alle urne il prossimo 12 giugno, ma c’è ancora un po’ di confusione anche nella politica, che è divisa sul tema. Per il “sì”, oltre a Lega Radicali che hanno presentato la proposta, ci sono Forza Italia e Italia Viva, nonché Azione. Per il “no” invece Movimento 5Stelle. Dubbiosi o spaccati all’interno sono invece gli altri partiti. In queste settimane si sta comunque dando una luce inedita alla questione e coloro che si esprimono in merito sono sempre di più.



A farlo, ai microfoni de Il Tempo, nelle scorse ore è stato Guido Camera, avvocato penalista e presidente dell’associazione «Italiastatodidiritto». Il suo voto andrà per il sì, senza dubbi. “Occorre votare sì a tutti e cinque i quesiti referendari perché rispondono all’esigenza di un rafforzamento dei principi fondamentali della nostra Costituzione, che sono quelli dell’innocenza dell’imputato fino alla condanna definitiva, del giusto processo in cui non c’è alcuna commistione tra chi accusa e chi giudica, e della terzietà e dell’indipendenza del giudice come strumento di garanzia dei diritti individuali e collettivi”, questa la sua opinione. (Agg. di Chiara Ferrara)



REFERENDUM GIUSTIZIA, IL QUESITO NUMERO 5 SUL CSM

Cinque quesiti per cinque problemi più diversi tra loro nel vasto “mare magnum” della giustizia italiana: il prossimo 12 giugno, nei Referendum popolari abrogativi lanciati da Lega e Radicali, v’è un quesito che forse più di altri si è prestato in questi mesi di “silente campagna elettorale” a confusioni e letture diverse.

Nella nostra tappa di avvicinamento all’Election Day del 12 giugno, soffermiamoci dunque un attimo sul Referendum n.5, scheda verde, quello per l’appunto che tratta l’intricato mondo del Consiglio Superiore della Magistratura. Ecco il testo del quesito: «Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta?». Come noto, il Csm è l’organo di autogoverno dei magistrati e ne regola le carriere: per due terzi è composto da magistrati eletti ed è da anni che il sistema di elezione e composizione dell’organo viene contestata da più parti, vedendo soprattutto gli effetti degli scandali (il “caso Palamara” ma non solo) e dello scontro pesante tra le varie correnti.



REFERENDUM 12 GIUGNO, I PRO E I CONTRO AL QUESITO SULLA RIFORMA CSM

Il Referendum del 12 giugno pone all’attenzione proprio il peso delle correnti all’interno della magistratura: se infatti dovesse vincere il Sì (ricordiamo che serve il quorum del 50% più 1 di voti per poterlo considerare Referendum valido), viene abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. Con il Sì al Quesito n. 5 si tornerebbe alla legge del 1958 per cui era previsto che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm semplicemente presentato la propria candidatura. Ecco qui di seguito riassunti due opposti giudizi circa il Quesito n.5 in merito alle possibili conseguenze con il Sì o il No al Referendum giustizia del prossimo 12 giugno.

Per il Sì, Roberto Calderoli (senatore Lega) intervistato da “IlSussidiario.net”: «È come chiedere agli italiani: volete che i giudici siano indipendenti, a partire dai membri del Csm, che sono poi quelli che devono nominare, promuovere o sanzionare gli altri magistrati? Se invece per essere eletti o candidati al Csm si deve essere iscritti e votati da una corrente, vuol dire che una volta nel Csm si risponderà alla corrente dalla quale si è stati eletti. È inevitabile. E se chi deve scegliere i giudici non è indipendente, a sua volta nominerà giudici che non sono indipendenti». Non solo, ancora il vicepresidente del Senato – in sciopero della fame contro il silenzio dei media sui 5 Referendum giustizia – spiega cosa succederebbe con la vittoria del Sì: «Tutti potranno candidarsi, e andranno finalmente al Csm giudici indipendenti, che sceglieranno altrettanti giudici indipendenti. Ma un giudice, oltre che essere indipendente, deve essere anche terzo, imparziale».

Per il No, Eugenio Albamonte (magistrato di Area) intervistato da Radio UniCusano: «Questo quesito (sul Csm ndr), associato alla sua intitolazione ‘Riforma del Csm’, è una vera a propria truffa dell’etichetta. Il quesito non fa altro che intervenire su un aspetto molto marginale e secondario della candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura. Cioè relativo alla necessità o meno per ogni candidato di presentare un numero, tra l’altro minimale, di firme». Secondo il magistrato che voterà convinto 5 No per tutti i quesiti referendari del 12 giugno, il tema del Csm è già affrontato dalla Riforma Cartabia (in discussione ancora in Parlamento, ndr): «In Italia i referendum si fanno per abrogare una legge o per stimolare il Parlamento a fare una legge. In questo caso il Parlamento la sta facendo. E la sta facendo un governo di cui fanno parte almeno uno dei partiti proponenti, cioè la Lega. La cosa molto singolare è che molti quesiti ricalcano esattamente le norme che sono già contenute della riforma per cui sono ininfluenti».

 

Referendum giustizia 12 giugno, le puntate precedenti: Colori schede e 5 quesiti – Cosa succede se vince il SìCosa votano tutti i partiti