Roberto Calderoli, senatore della Lega, è in sciopero della fame. Il 31 maggio l’Agcom ha richiamato tutti gli operatori dell’informazione a “un’adeguata copertura informativa sui temi oggetto dei referendum indetti per il prossimo 12 giugno”. I dati sono impietosi: 1% di copertura. Manca – recita ancora la nota – “un’informazione corretta, imparziale e completa sui quesiti referendari e sulle ragioni a sostegno delle due opzioni di voto”. “Vuol dire che noi e i radicali avevamo ragione, i referendum del 12 giugno sono spariti”, dice Calderoli al Sussidiario.



Parlamentare all’ottava legislatura, più volte ministro, Calderoli è l’estensore dei quesiti referendari sulla giustizia. Erano otto, la Consulta il 16 febbraio scorso ne ha dichiarati ammissibili cinque, riguardanti l’elezione dei membri togati del Csm, la valutazione professionale dei magistrati, la limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni giudicante e requirente, l’abolizione del decreto Severino.



“La divisione dei poteri è saltata, comanda la magistratura, e il parlamento è paralizzato. Ecco perché questi referendum sono importantissimi”, spiega Calderoli.

Senatore, sui referendum è calato il silenzio. Perché?

Non è calato il silenzio, c’è sempre stato, tranne l’anno scorso nei primi 15 giorni di raccolta delle firme. Silenzio totale, assordante. Sia del servizio radiotelevisivo pubblico che privato.

I quesiti sono scomodi?

Sì, perché vanno a toccare quello che non è più un potere tra gli altri poteri, ma il potere che si è imposto sugli altri. Gli equilibri si sono rotti e in Italia la lezione di Montesquieu non vale più.



Cosa risponde a chi dice che i quesiti sono troppo complicati e quindi inaccessibili agli elettori?

Falso. Il quesito è complicato perché l’elettore, votando sì, abroga una legge – o una parte di essa – questa sì scritta in maniera incomprensibile e complicata, e la legge sul referendum prevede che tutte le parti da abrogare siano esplicitamente citate nel quesito. Si presenta in modo complicato, ma il significato è semplice.

Prediamo l’elezione dei membri togati del Csm.

È come chiedere agli italiani: volete che i giudici siano indipendenti, a partire dai membri del Csm, che sono poi quelli che devono nominare, promuovere o sanzionare gli altri magistrati? Se invece per essere eletti o candidati al Csm si deve essere iscritti e votati da una corrente, vuol dire che una volta nel Csm si risponderà alla corrente dalla quale si è stati eletti. È inevitabile. E se chi deve scegliere i giudici non è indipendente, a sua volta nominerà giudici che non sono indipendenti.

Se vincesse il sì?

Tutti potranno candidarsi, e andranno finalmente al Csm giudici indipendenti, che sceglieranno altrettanti giudici indipendenti. Ma un giudice, oltre che essere indipendente, deve essere anche terzo, imparziale…

È il quesito sulla separazione delle funzioni, giudicante e requirente.  

Sì, vanno separate perché la mentalità accusatoria di un pm non consente un giudizio terzo come da parte di un giudice.

Enrico Letta (Pd) andrà a votare, ma voterà no perché riforme così complesse – dice – vanno fatte in parlamento. Cosa risponde?

Quando noi della Lega e i radicali abbiamo lanciato i referendum, eravamo perfettamente consapevoli che il parlamento non è in grado di fare riforme che riguardino la giustizia. Sono trent’anni che“il parlamento deve fare le riforme” e siamo sempre allo stesso punto.

Com e lo spiega?

In parlamento è troppo timoroso. Ci sono deputati e senatori molto vicini ai magistrati, alcune forze politiche sono praticamente l’espressione di correnti della magistratura. Altri invece hanno il sacrosanto terrore di inimicarsi chi può rovinar loro la carriera politica o la vita. E tutto resta fermo.

Intanto la riforma Cartabia procede. Dopo il processo civile e quello penale, ora tocca proprio al Csm. Non è fiducioso?

La riforma non sta cambiando nulla, anzi, riguardo al Csm mi sembra peggiorativa. Andava sciolto dopo il libro di Palamara, ce lo ritroviamo aumentato e con un sistema elettorale che non risolve la situazione ma che potrebbe addirittura premiare le correnti più influenti. A pensarci mi viene il mal di testa.

E per quanto riguarda il decreto Severino?

Tutti lo criticano per quel che riguarda la sospensione degli amministratori dopo il primo grado di giudizio, e tutti dicono che deve pensarci il parlamento. È così dal 2012, ma nel frattempo nulla si è mosso.

A chi giova tutto questo?

Il centrosinistra è diventato ormai un blocco ultraconservatore. E non vuol disturbare il manovratore.

Però il vero problema dei referendum è diventato quello della loro attuazione. Vedasi quello sulla responsabilità civile dei magistrati, 1987.

Guardi, per come sono stati scritti, e ho la responsabilità di averlo fatto in prima persona, il giorno dopo il raggiungimento del quorum avremmo delle leggi immediatamente applicative, senza bisogno di ulteriori interventi parlamentari. Dopo essermi scottato tante volte con l’acqua calda, adesso ho paura anche dell’acqua fredda. 

È fiducioso su raggiungimento del quorum? Gli ultimi sondaggi davano una percentuale di voto del 30%. 

Sono ottimista per natura. Se tutti coloro che vanno comunque a votare “adottassero” un elettore non votante, portandolo a votare, dal 30% passeremmo al 60%. Oggi, 2 giugno, si festeggia il primo voto delle donne (2 giugno 1946, ndr): è assolutamente necessario sensibilizzare al diritto-dovere del voto. Solo così lunedì 13 giugno nessuno potrà lamentarsi per non essere andato a votare.  

Lei è in sciopero della fame; quando ha deciso di fare come Pannella?

Proprio quando con i radicali abbiamo denunciato all’Agcom la scarsità dell’informazione. Secondo i dati più recenti la copertura informativa dei referendum non arriva neppure all’1%. Il richiamo dell’Agcom a tutto il sistema radiotelevisivo, pubblico e privato, certifica che avevamo ragione noi.

Su cosa?

I referendum sono stati confinati o a trasmissioni in piena notte o ad astruse tribune politiche. Io stesso, che ho scritto quei quesiti, dopo averne sentita una non capivo più per che cosa sarei andato a votare.

È vero che ha personalmente ringraziato la Littizzetto dopo Che tempo che fa?

Sì, ha sbertucciato i referendum, io però l’ho ringraziata perché alla fine ha detto che va a votare… Almeno qualcuno ne ha parlato in prima serata, anche se con un monologo e senza contraltare. Non è l’unico caso.

A chi pensa?

Al procuratore Gratteri, che al Maurizio Costanzo Show ha lanciato una specie di anatema sia contro la riforma Cartabia sia contro i referendum, senza neppure un contraddittorio.

Quando è stato rieletto Mattarella abbiamo scritto che la magistratura era più forte di prima. È d’accordo?

Io del discorso di Mattarella (3 febbraio 2022, ndr) ricordo un forte richiamo alla riforma della giustizia. Se lo rileggo oggi, ho l’impressione che ci serva tutt’altro che una riforma-non-riforma, e invece ci stiamo ritrovando con un pannicello caldo.

(Federico Ferraù)

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