Cinque referendum su sei riguardanti la giustizia sono stati dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale: separazione delle funzioni dei magistrati (giudice e pm), limitazione delle misure cautelari, abrogazione della legge Severino, eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm, diritto di voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati. Bocciato, invece, il quesito sulla responsabilità civile diretta dei giudici. Non era solo abrogativo, aveva risvolti innovativi, creativi, ha detto ieri in conferenza stampa il presidente della Consulta, Giuliano Amato.
“È un unico grande referendum sulla giustizia” dice al Sussidiario Maurizio Turco, segretario del Partito Radicale, promotore dei referendum insieme alla Lega di Matteo Salvini. “Sulla responsabilità civile diretta dei magistrati (referendum non ammesso, ndr) dovremo tornare, perché il problema c’è ed è ingente. Sapevamo che il quesito era a rischio; aspettiamo le motivazioni”.
Intendete riproporre il problema? Come?
Serve un fronte politico che faccia di questa e delle altre questioni che rimarranno aperte una ragione di campagna elettorale alle prossime elezioni politiche.
Il sì al referendum sul decreto Severino?
È una vittoria importantissima.
A palazzo Chigi c’è un governo retto da una maggioranza che sulla Gustizia ha orientamenti diversi. Temete difficoltà?
Potrebbe esserci il tentativo di Pd e M5s di fare modifiche alla riforma della giustizia con lo scopo di vanificare i referendum. Ma dovrebbero fare in due mesi quello che non si è fatto in trent’anni: improbabile. E poi potremmo facilmente immaginare la qualità di quelle proposte.
I referendum sono contro il governo e la riforma della giustizia?
Assolutamente no, lo aveva detto anche la ministra Cartabia. Aggiungerei che le proposte del governo non sono state fatte perché la maggioranza è convinta, ma perché altrimenti non arrivano i soldi dall’Europa. Proprio oggi (ieri, ndr) c’è stata la sentenza della Corte europea di giustizia sul ricorso di Polonia e Ungheria. La decisione ha riconosciuto il diritto dell’Ue a non dare i fondi ai Paesi che non rispettano lo stato di diritto. Se a Bruxelles leggessero le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e le direttive che l’Italia non rispetta, capirebbero meglio cos’è lo stato di diritto in Italia.
Infatti la Guardasigilli ha detto che sulla riforma della giustizia “c’è un’attenzione altissima da parte della Commissione Ue”.
È un bene: vuol dire che non potremo un giorno fare la riforma e il giorno dopo smontarla. I giochini sarebbero puniti.
Cosa pensa della riforma del Consiglio superiore della magistratura?
Cartabia non ha un partito di riferimento che difenda il suo lavoro all’interno della maggioranza di governo, quindi è sola e deve trattare con ciascun leader. E ho l’impressione che la mediazione finale non sia riuscita. Per questo Draghi non ha posto la fiducia.
Perché i referendum siano validi occorre la maggioranza più uno degli aventi diritto al voto, oltre ovviamente alla maggioranza dei voti espressi. Vede il rischio di una sottovalutazione popolare dei quesiti?
No, questo rischio non lo vedo, i cittadini dovrebbero essere informati sullo stato di cattiva salute della giustizia nel nostro Paese. Va detto che conoscono per lo più gli scandali, ma la normalità è peggio. Ogni giorno in Italia finiscono in carcere tre innocenti. Sono circa mille persone l’anno.
Si rischia un altro 1987, con un referendum, quello sulla responsabilità civile dei giudici, che passa con l’80%, e una legge di attuazione che tradisce la volontà popolare?
Noi radicali abbiamo salutato con favore l’impegno di Salvini e della Lega partendo dal presupposto che i cittadini andranno a votare. Confidiamo che il parlamento difenderà il loro voto.
Cosa vi aspettate da Salvini?
Ci auguriamo che decida di fare di questi referendum e del post referendum, comunque vadano, un avamposto per una iniziativa politica ed elettorale. Dovremmo averlo capito: se non funziona la giustizia coma fa a funzionare il resto?
Non è la separazione delle carriere ad andare a referendum, ma la separazione delle funzioni.
Sulla separazione delle carriere c’è una proposta di legge costituzionale in parlamento presentata da noi insieme alle Camere penali, ferma. È incostituzionale? Adesso il quesito chiede la separazione delle funzioni. Sarebbe un inizio.
La revisione della custodia cautelare? Anche in questo caso, referendum ammesso.
Per quanto ci riguarda è un tema che viene da lontano. L’abuso della custodia cautelare è connaturato a questo sistema, Nordio lo ha spiegato benissimo: l’Italia è ancora figlia del Codice di procedura penale di Mussolini.
Dunque adesso comincia la campagna referendaria.
Per noi sarà campale. Non perché i referendum siano anche nostri, ma perché questa repubblica non nasce sulle ceneri del fascismo, nasce sulle sue fondamenta. I giovani che nel ’45 avevano vent’anni, e che sono stati la spina dorsale della ricostruzione, si erano formati conoscendo una sola verità. Possono aver cambiato bandiera, ma la formazione era quella.
È la stessa repubblica arrivata fino a noi?
Dal monopartitismo si è passati al pluripartitismo, adesso questo sistema non saprei bene come chiamarlo. Non c’è più niente, ci sono poteri estranei alla politica che in un modo o nell’altro fanno andare avanti le cose.
Meglio ridare la parola al popolo.
Sì, ma qui c’è bisogno di una riforma profonda. Anche se vincessimo tutti i referendum, avremmo vinto solo una battaglia. Dal giorno dopo toccherebbe al parlamento. È necessario che qualcuno si faccia carico di costruire questo fronte politico. Non lo definirei neppure garantista; sarebbe il fronte della Costituzione.
(Federico Ferraù)
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