L’autonomia differenziata – nel bene e nel male – torna ad occupare le prime pagine della cronaca politica dopo l’approvazione del testo quadro da parte del Governo Meloni e (un paio di giorno) la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: due punti – soprattutto il secondo – che dovrebbero essere già di per sé una garanzia della costituzionalità del testo voluto dal ministro Calderoli; ma che non hanno placato le numerose polemiche mosse dalle opposizioni e dal alcune Regioni del Sud. L’ultima ‘tappa’ delle polemiche sull’autonomia differenziata – ancora tutta da scrivere e forse inammissibile – parla di un referendum che starebbero preparando le già citate opposizioni in accordo con alcuni sindacati: un vero e proprio (per certi versi anche compatto) fronte del ‘no’ categorico.
Su tutti questi argomenti (dall’autonomia fino al referendum) si è concentrato il costituzionalista Mario Bertolissi in una lunga intervista rilasciata al quotidiano La Verità dalla posizione privilegiata di chi conosce bene la materia e ha fatto parte – peraltro – della commissione di Sabino Cassese che ha revisionato il testo di Calderoli dal giugno all’ottobre dello scorso anno. Il punto di partenza – come spesso accade parlando di autonomia differenziata – sono i cosiddetti Lep che definiscono “dei livelli essenziali di prestazione” e concorrono all’obbligo costituzionale “di uguaglianza” per tutti i cittadini.
Tuttavia Bartolissi ci tiene a sottolineare chiaramente che di per sé ai Lep non si può “attribuire una capacità soprannaturale di trasformare le condizioni in cui si trovano alcune realtà del Paese“, perché esattamente come fu per i Lea nel 2002, ben prima che si parlasse di autonomia differenziata – e che “non [hanno] cambiato nulla”, precisa – il problema è la “capacità amministrativa di gestire in modo efficace le risorse a disposizione“.
Il costituzionalista Bertolissi: “Le critiche all’autonomia differenziata sono in malafede”
Scendendo ancora più nel dettaglio delle polemiche sull’autonomia differenziata, il costituzionalista Bertolissi non può dimenticare un accenno a quelle presunte penalizzazioni per il Sud, ricordando che “sono affermazioni prive di fondamento” fatte da chi “è in malafede. Il Mezzogiorno – sottolinea il giurista – è già in stato di abbandono” e l’autonomia non cambierebbe questa dinamica. Inoltre uno dei punti spesso dimenticati dell’autonomia differenziata è che il testo di Calderoli “non obbliga le Regioni a [chiederla]”, lasciando a chiunque la libertà di “non farne richiesta” lasciando la possibilità a chi – come il Veneto, tra i più fermi ‘autonomisti’ – vuole di entrare in questo particolare percorso.
Secondo Bertolissi per trovare una spiegazione alle critiche basta tenere a mente che “la contrarietà nel nostro paese [vale per] tutto, dal premierato, alla riforma della giustizia. Basta che si accenni ad un cambiamento e subito sorge il partito del No”; e soffermandosi in particolare sulla contrarietà del Pd non può che ricordare ai lettori che originariamente il testo dell’autonomia differenziata – senza la cornice che gli ha dato Calderoli – “è stato sottoscritto dal governo D’Alema-Amato“, così come che le critiche Dem sono prive di ogni “fondamento concreto”.
Dal conto suo l’idea migliore – e che potrebbe anche giustificare l’opposizione all’autonomia differenziata – è quella di seguire “il criterio della sperimentazione. Lasciamo partire una Regione – propone Bertolissi – e si fa un collaudo parziale. Se è positivo si va avanti (..), se invece non funziona si chiude la partita”. E chiudendo anche lui il suo ragionamento, punta anche il dito contro il referendum a cui accennavamo prima, sostenendo che secondo lui dovrà “fare i conti con la clausola di inammissibilità” perché l’autonomia differenziata “ha ricadute sul piano della finanza pubblica e, quindi, incontra il limite proprio delle leggi tributarie e di bilancio”.