Anche David Beckham ha atteso come tutti gli altri di rendere omaggio al feretro della regina Elisabetta II. Talvolta la fila ha avuto picchi di 24 ore, una marea di persone che in quest’ultimo saluto rendono tangibile l’adorazione della popolazione verso la loro prediletta. Come in un pellegrinaggio la gente è passata nell’abbazia di Westminster che da secoli è la tomba collettiva di oltre 5000 regnanti inglesi. Da 70 anni Elisabetta ha incarnato l’identità del popolo britannico e ha svolto il suo compito con una devozione che è stata ampiamente ricambiata dai suoi sudditi. Pur essendo una monarchia parlamentare, la famiglia reale è stata sempre il simbolo dell’Inghilterra, l’icona della regina stampata su monete, francobolli e divise (se avete sterline affrettatevi a cambiarle prima che vadano fuori corso per lasciar posto alla nuova effige di re Carlo).



Da Churchill ai consiglieri che da sempre l’hanno guidata nel suo cammino, Elisabetta II ha imparato a svolgere il suo mestiere sacrificando tutto il resto. Non stupisce la sua esemplare vita coniugale, la reciproca devozione della coppia che non ha mai avuto crepe, l’indefessa tenacia con cui è sopravvissuta ad ogni turbolenza rivoluzionaria adattando il suo impero alla modernità. Perché Elisabetta II appartiene a un mondo scomparso, in cui la corona è eredità divina, e il dovere di essere a capo di uno stato in modo impeccabile, l’unica nobile ragione di vita. Amare in questa ottica, vuol dire amare lo stato e i sudditi svolgendo il ruolo a cui sei chiamato in maniera impeccabile mettendo in secondo piano le tue esigenze personali.



REGINA ELISABETTA II: “L’ARTE DELLA DIPLOMAZIA IN MANIERA MAGISTRALE”

Ha esercitato magistralmente l’arte della diplomazia, perché l’essenza di una buona comunicazione è il rispetto, e così Elisabetta metteva in atto i suoi piccoli rituali che avvertivano lo staff quando era ora di andarsene o quando un interlocutore era sgradito, in modo che si trovasse una scusa per interrompere il colloquio (i guanti passati da una mano all’altra, la borsa portata sul tavolo, sotto il tavolo, la borsa portata dal braccio sinistro al destro…). Elisabetta era maestra nelle pubbliche relazioni, con i suoi vestiti sgargianti risaltava tra la folla e nelle riunioni con un tocco d’elegante pastello che poi anche Diana riprese, con l’abitudine di indossare cappelli e velette in tinta con l’umore e facendo valere nel sorriso tutta la carica di fascino femminile di cui era capace. Diana era altrettanto elegante e ammanierata e nel suo fisico da modella rischiò più volte di oscurare Carlo e la regina stessa, involontariamente.

Ma tra tutte Diana sembrava l’erede più idonea al ruolo che la regina stava svolgendo da decenni: quello di incarnare un potere ideale dando esempio attraverso viaggi a paesi lontani e associazioni caritatevoli di quanto un ex-impero potesse inchinarsi ai veri bisogni del popolo con umile autorevolezza. Diana che rappresentava oltre che la favola della principessa, anche la sirena che incantava chi l’ascoltava, con quella vocina spesso sussurrata che accarezzava, più che parlare, e che la fece passare come vittima del principe consorte e della sua eterna infedeltà. “In questo matrimonio eravamo in tre fin dall’inizio”, esclamava Diana nelle interviste, un mormorio seducente a definire l’innocenza negli occhi enormi, truccati ad arte. Elisabetta non entrava in merito al matrimonio del figlio Carlo, non difendeva nessuno, ascoltava come una regina più che una madre può fare. Forse fu proprio questo ruolo di regina anche nell’infanzia dei suoi figli a renderla un po’ assente in quanto madre, la corona che doveva vincere sul cuore è un sacrificio che forse nessuna regina sarebbe più disposta a fare.

Nel 1992 proprio quando la residenza di Balmoral prese fuoco preannunciando forse il collasso dei valori di corte, si assistette allo sgretolamento di tutti i matrimoni della famiglia reale: a marzo Fergie ed Andrew, ad aprile Anne dopo 18 anni di matrimonio, poi a giugno il libro rivelatore di Diana che rivelò le crisi con Carlo che fu per tutti i profani una bomba a cielo aperto. Chi era a contatto con la coppia infatti giù sapeva, e come negare che perfino i miei amici emiratini ricordano le crisi di Diana quando scendeva in visita e a sole poche ore pretendeva di tornare indietro in preda a un litigio con Carlo? Una volta, mi viene raccontato, volle assolutamente tornare a Londra e siccome l’unico aereo disponibile era quello dei cavalli del re di Dubai, lo prese al volo pur di liberarsi del marito. Nessuno che li incontrasse insieme poteva ignorare le tensioni della coppia. Ma ecco che princess aveva i suoi trucchi per far trapelare il suo malcontento anche in pubblico: sviare il volto quando Carlo la baciava davanti alla stampa, non sorridere quando stava vicino a lui, e naturalmente per quello sguardo abbassato che esprimeva umiltà tenerezza e modestia, Diana penetrò nei nostri cuori come la principessa indifesa e infelice.

REGINA ELISABETTA II, ORA TOCCA A CARLO III

Nonostante tutto Carlo, a me, sta simpatico. In fondo l’unico fedelissimo a una donna è stato lui con la sua Camilla, che senza avere l’eleganza ineguagliabile di Diana, ha sempre avuto il ruolo di madre supportiva e amorevole, Carlo alla ricerca perpetua di quella madre che essendo troppo occupata a regnare non ha mai avuto e che ha finalmente trovato in questa donna che silenziosamente, segretamente, gli è sempre stata accanto. Perché di Elisabette non ce ne saranno mai più, tanto devote alla corona da silenziare ogni moto dell’animo che crei una distanza dal proprio ruolo, legate ad abitudini cavalleresche quasi medievali, quando se nascevi guerriero dovevi combattere e realizzare nella perfezione del tuo ruolo la tua esistenza, se nascevi monaca questa era la tua vocazione.

Il destino deciso da un Dio o dalla tradizione che prevaleva su quel che potevi pensare di volere ma che non osavi nemmeno formulare. Ciò che devi più che ciò che vuoi, il contrario della mentalità moderna che ha abbattuto ogni confine. Così Harry e Meghan seguono il ciò che vuoi mentre William sembra l’erede di quel ciò che devi che è l’unica prerogativa di un re che sappia come fare il re in modo degno. Mentre Carlo continua ad essere umano e fragile come nella storia con la sua ex-amante, richiama figli quasi diseredati e fratelli sopravvissuti a scandali che li hanno rovinati come il principe Andrew sapendo che il cuore, in fondo, è più importante dell’etichetta di corte…