La linea del Piave resiste. Il baluardo appenninico che protegge i voti del Pd da generazioni, dalle Marmore fino alle sponde Po ed al salmastro Adriatico, non crolla. Seppur con affluenza non eccezionale (Emilia-Romagna 46,42%, Umbria 52,30%) gli apparati di partito, i militanti e simpatizzanti hanno dato il loro segnale. Esistiamo e vogliamo partecipare alla nuova linea che Elly Schlein ha inaugurato. Identità di sinistra, diritti civili, orgoglio anti-destra. Questo è bastato a riportare il Pd a percentuali da anni 90. Con numeri da consenso quasi bulgaro nella sua coalizione. Il tema dell’identità di sinistra è salvo, la salvifica ricostruzione del partito, ripartendo dai fondamentali, è solida. E porta a casa una doppietta niente male. Confermare nella ricca Emilia-Romagna il potere e riprendersi l’Umbria, dopo la batosta ligure, scalda il cuore, che batte forte a sinistra.
I partiti minori fanno da corollario con percentuali poco sopra la 3%, ma vedere il Pd oltre il 40 è qualcosa di galvanizzante per la segreteria nazionale.
Solo che, a ben vedere, resistere nelle proprie roccaforti, impedire che il nemico sfondi le linee nella pianura padana rossa, scacciarlo di misura dal cuore verde, o meglio rosso, d’Italia deve essere solo l’inizio. Come le truppe italiane sul fronte della prima guerra mondiale, che sul Piave fermarono l’invasore, senza il supporto di soldati freschi come furono le truppe britanniche e americane riprendersi il terreno perso e vincere non sarà semplice. Ancora latitano i consensi marginali del centro moderato e manca il supporto vero dei 5 Stelle, che in quelle terre hanno attecchito poco e male alle regionali negli anni.
Così il campo elettorale che porta alla vittoria in Emilia-Romagna e Umbria rischia di non essere altro che una illusoria resistenza prima del crollo. O si avrà l’umiltà di usare queste vittorie per costruire territori di consenso più ampio, o lo schema potrebbe essere quello del 1994, con fette del Paese in mano al centrosinistra nelle Regioni ed il governo nazionale alle destre.
Oggi è il giorno dello scampato pericolo e della vittoria in casa. Scontata, certo, in Emilia-Romagna e quasi doverosa, meno certa in Umbria, dove hanno contato i pochi voti di scarto che il profilo non esattamente di partito della candidata hanno garantito. Fatto sta che si è vinto, e ci voleva. Ma resta il nodo del governo nazionale. Se la ricca Regione emiliana ha mille motivi di sistema e di apparato per confermare chi la governa, se l’Umbria cercava un cambio dopo la non brillante gestione della maggioranza uscente, serve una lettura politica dello scenario nazionale che parta da quei voti per tentare la scalata al governo. Ad oggi manca il centro moderato forte che serve da sottrattore di voti agli avversari e che può dare una visione più equilibrata del potere. Se così non fosse, gli ottimi risultati del Pd, tolta la soddisfazione dei dirigenti locali, non saranno così utili e soprattutto sufficienti da soli.
Insomma, non va confusa una resistenza elettorale con una vittoria schiacciante, ma soprattutto, la prima va usata per rimettere in gioco alleanze e forze che siano in grado di rimettere al centro un progetto politico di centrosinistra. Non va dimenticato che in Emilia ha votato meno del 50% ed in Umbria poco più. Il che vuol dire che gran parte del corpo elettorale resta ancora inattivo e non interessato alle urne per queste elezioni, pronto però a dare segni della sua presenza in ogni momento. Segni che spesso, purtroppo, non hanno dato consenso al centrosinistra ma si sono espressi per forze diverse, 5 Stelle o centrodestra, alle elezioni politiche. Alle scorse politiche del 2022 in Emilia-Romagna i voti per il Pd furono 648mila circa, il Pd prese il 28% con un affluenza del 72%. Oggi i voti sono stati 641mila con una affluenza del 46% circa. Il che vuol dire che sono andati a votare i “soliti” elettori (il che è cosa buona, per carità), ma la platea non si è ampliata gran che. E questo dovrebbe far riflettere su quanto si debba lavorare per aggregare e costruire attorno a quei voti una coalizione vincente e coesa. Un’alleanza che ricacci oltre le sponde metaforiche del Piave la destra al governo e rimetta il centrosinistra in condizioni di competere. La base resistente c’è, ora si aspettano le truppe “americane”, se si vuole vincere.
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