A fine marzo si è svolto un seminario presso la Regione Lombardia, organizzato dal Consiglio per le Pari opportunità, patrocinato dal Consiglio regionale, con la partecipazione di esperti sanitari, rappresentanti di diverse associazioni e consiglieri regionali, per parlare di endometriosi, un tema che ho enormemente a cuore.



Il mese di marzo è stato dedicato alla consapevolezza di questa patologia che colpisce l’apparato riproduttivo femminile e condiziona la vita di oltre 3 milioni di donne italiane. In Regione Lombardia ne sono affette circa 160mila donne.

Una donna malata di endometriosi è prima di tutto una persona che soffre. La sofferenza è fisica ma anche mentale e sociale. La sofferenza aumenta anche perché la diagnosi nella maggior parte dei casi non è chiara e rapida, spesso arriva dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche e sociali. Pensate che sono stimati in media 7 anni per arrivare ad una diagnosi.



All’atto della diagnosi, alle pazienti viene anche detto che difficilmente potranno avere dei figli.  Qui inizia un percorso doloroso fatto spesso di solitudine e sofferenza, quando non di sensi di colpa. Questa malattia comporta conseguenze gravose in termini di qualità della vita personale, familiare e lavorativa delle donne che ne sono affette. Proprio per questo, il nostro primo impegno è quello di riconoscere questa sofferenza, accogliendo le donne in un percorso di condivisione umana e di assistenza adeguata. Poi c’è anche il tema del riconoscimento del livello di invalidità che questa malattia comporta e che oggi è sottovalutato quando non ignorato.



In questi ultimi mesi, affrontando questo problema, con il desiderio di coinvolgere la Regione Lombardia per individuare e approvare nuove azioni concrete che possano aiutare le donne affette da questa patologia, ho avuto modo di conoscere associazioni e soprattutto incontrare persone e specialisti, che da molti anni si occupano di endometriosi.

Così come mi era già capitato nel trattare altri temi, anche questa volta, ho avuto modo di scoprire che le associazioni, che nascono dalla libera iniziativa di alcuni, con il fine di sensibilizzare le istituzioni (in questo caso sull’endometriosi), sono una vera ricchezza per la nostra società e portano un patrimonio di esperienze e di umanità che devono essere valorizzate dalle istituzioni.

E’ proprio da questi incontri, che mi hanno permesso di apprezzare il loro operato, che è nata l’idea di questo seminario, dove abbiamo acceso i riflettori sull’endometriosi, attraverso il confronto tra associazioni, medici e istituzioni. L’obiettivo è quello di riprendere, con maggior vigore, un percorso virtuoso già intrapreso dalla nostra regione, che ospita le realtà sanitarie e di ricerca medica più avanzate in Italia su questo tema.

Sono contenta per le testimonianze ascoltate durante questo seminario e ho apprezzato che siano state presentate iniziative concrete, da parte di alcuni consiglieri regionali, che dovranno essere discusse in Consiglio regionale.

Per essere operativi e concreti, ritengo sia opportuno proseguire il tavolo di confronto con le associazioni e gli esperti in materia, già partito con la Commissione Sanità e Politiche sociali, affinché si possa arrivare ad una proposta unitaria di tutti i gruppi politici, che possa essere approvata all’unanimità dal Consiglio regionale.

Ecco, questo sarebbe un bel segnale di unità della politica e delle istituzioni, per valorizzare il lavoro svolto dalle associazioni e per rispondere concretamente alle donne affette da endometriosi.

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