RICHIESTA REGIONI AL GOVERNO: VIA ASINTOMATICI DAL BOLLETTINO

«Le Regioni chiederanno di adottare le linee guida dell’Ecdc»: a dirlo è il Presidente del Veneto Luca Zaia, spiegando in conferenza stampa come la definizione di “caso Covid” adottata a livello europea dovrà essere integrata anche in Italia. Nei giorni della forte polemica sulla possibilità di cambiare la presentazione del bollettino quotidiano sull’emergenza pandemica – in forza dei dati emersi dalla Fiaso per cui il 34% dei ricoverati positivi Covid in Italia sono in realtà curati per altre patologie e non per sintomi Sars-CoV-2 – la richiesta del Governatore leghista si unisce a quella di altri Presidenti, intenti a modificare la comunicazione dopo due anni di pandemia.



Domani, oltre alla consueta Cabina di regia anti-Covid con revisione del monitoraggio settimanale dell’Iss, si riunirà anche il Cts per valutare l’eventualità di modificare la struttura del bollettino quotidiano sul Covid e già l’Istituto Superiore di Sanità fa sapere di non condividere affatto la linea delle Regioni. Ma andiamo con ordine, partendo da quanto avanzato da Zaia. «L’Ecdc, organo ufficiale europeo, chiarisce che devono essere soddisfatti due criteri: il soggetto deve avere malattie respiratorie o sintomi influenzali e deve risultare positivo ad un tampone, antigenico o molecolare. Il paziente positivo ma senza sintomi non è un caso, lo dice l’Ecdc», spiega il Presidente veneto dimostrando come tale criterio cambia e non poco la storia del Covid, visto che ad esempio da noi l’attribuzione di una fascia – gialla, arancione, rossa – è dettata proprio dal numero di ricoveri e terapie intensive. Questo non significa non riconoscere la “pericolosità” dei tanti asintomatici, specie con la variante Omicron in netta evoluzione, eppure – replica Zaia – «Se ci sono tanti positivi asintomatici, c’è il rischio che l’asintomatico infetti comunque. A noi sembra, in base ai dati, che si stia abbassando la quota dei sintomatici o almeno di coloro che hanno evidenti segni clinici. Le Regioni chiederanno di adottare le linee guida dell’Ecdc».



NUOVO BOLLETTINO IN LOMBARDIA E PIEMONTE

Come notavano già Fontana e Cirio nei giorni scorsi, la definizione di caso Covid ha un impatto fondamentale sul numero dei ricoveri e dunque sui parametri per il passaggio di colore delle zone Covid: «La partoriente che entra in ospedale e risulta positiva nello screening viene inserita tra i pazienti positivi. Si tratta di persone che sono in ospedale per altri motivi, non per il covid. Il caso tipico, più frequente, è proprio quello della partoriente. Noi chiediamo che questa quota di pazienti, non è vastissima ma pesa sul passaggio da zona a zona, venga depennata dalle statistiche. Una signora che va in ospedale per partorire, risulta positiva ma non ha sintomi non è un caso per le linee Ecdc. Voglio essere chiaro, non si sta banalizzando nulla». Da domani tanto la Lombardia quanto il Piemonte faranno esordire il “nuovo” bollettino: si distinguerà i ricoveri Covid da quelli positivi al Covid ma senza sintomi, «Questo – si legge nella nota del Welfare lombardo – è finalizzato a dare una rappresentazione più realistica e oggettiva della pressione sugli ospedali causata dal Covid. Per ora, non avendo ancora ricevuto nuove indicazioni in tal senso dal ministero come da nostra richiesta, il flusso trasferito sarà ancora ‘unico’, privo quindi della distinzione sopra specificata». Per il omento al Governo sia Lombardia che Piemonte forniranno il flusso unico dei dati, in quanto il Ministero della Salute questo per il momento richiede: ma, fa sapere il comunicato di Regione Piemonte, «Qualora il ministero della Salute dovesse accogliere questo nuovo conteggio e modificare le modalità di calcolo del tasso di occupazione dei posti letto Covid, escludendo i positivi ma ricoverati per altre patologie, tutte le Regioni ne beneficerebbero in termini di livello di rischio e di cambi di colore».



L’ISS PERÒ FRENA…

In serata giovedì 13 gennaio arriva però la brusca frenata dell’Iss con l’aggiornamento delle “FAQ” sul portale online. «L’importanza di monitorare i casi attraverso la sorveglianza non va confusa con i criteri con cui si decidono le indicazioni per casi e contatti. In queste FAQ sono sintetizzate le principali risposte relative alle definizioni di caso ai fini della sorveglianza epidemiologica e alle modalità per definire le misure di auto-sorveglianza, quarantena e isolamento», si legge nelle indicazioni date dall’Istituto Superiore di Sanità. Vengono descritte nel dettaglio le 4 motivazioni principali per le quali, secondo l’Iss, il bollettino quotidiano dovrebbe rimanere esattamente come quello attuale (senza così considerare le indicazioni fornite dalla Fiaso, organo che ricordiamo racchiude le Aziende Sanitarie e Ospedaliere italiane).

1- Perché la definizione di caso di sorveglianza deve contenere i positivi e non solo i casi con sintomatologia più indicativa di COVID-19 (sintomi respiratori, febbre elevata, alterazione gusto e olfatto etc.)?
«L’esperienza ha dimostrato, inoltre, che la maggior parte delle infezioni, in particolare nei soggetti vaccinati, decorre in maniera asintomatica o con sintomatologia molto sfumata. Non sorvegliare questi casi, limiterebbe la nostra capacità di identificare le varianti emergenti, le loro caratteristiche e non potremmo conoscere lo stato clinico che consegue all’infezione nelle diverse popolazioni (es. per età, stato vaccinale, comorbidità».

2- È vero che a livello europeo l’ECDC ha cambiato recente la definizione di caso utilizzata per la sorveglianza delle infezioni da SARS-CoV-2 e/o dei casi di malattia COVID-19?
«No. La definizione di caso utilizzata per la sorveglianza è la stessa dal dicembre 2020 ed è disponibile on-line sul sito del Centro Europeo per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie – ECDC. In un’ottica di ritorno alla normalità dopo la fine dell’emergenza pandemica, l’ECDC ha suggerito in un documento del 18  ottobre   2021 una futura transizione a un sistema di sorveglianza sindromico, simile a quello che si usa attualmente per l’influenza».

3- Ma la definizione di caso utilizzata nella sorveglianza epidemiologica definisce le misure di auto-sorveglianza e quarantena?
«No. La definizione di caso utilizzata per la sorveglianza epidemiologica nazionale non comprende i contatti dei casi confermati e la stessa sorveglianza non ne monitora l’andamento nel tempo».

4- La definizione di caso utilizzata nella sorveglianza epidemiologica definisce le misure di isolamento?
«No. Sebbene esse abbiano in comune una esigenza di conferma diagnostica che si avvale di test antigenici e molecolari, un caso positivo secondo la definizione della sorveglianza viene valutato in base ad una serie di criteri, riportati nella circolare del Ministero della Salute del 30 dicembre 2021, per definire le diverse modalità di isolamento».