In questa crisi di governo che procede “al rallentatore” vanno considerate attentamente le parole che la settimana scorsa il Presidente del Consiglio ha rivolto alle Camere.

Già consapevole del possibile scivolamento verso le dimissioni, il premier ha fatto il bilancio del Conte-bis e ha tracciato il programma del futuribile Conte-ter. Un lungo elenco di obiettivi, tra cui numerose riforme costituzionali e istituzionali.



Si sono toccate questioni piuttosto sensibili e controverse: della legge elettorale si è auspicata la riforma in senso proporzionale, mentre per le “autonomie speciali” e le “minoranze linguistiche” si è proposto di assicurare “massima tutela”, e dunque, evidentemente, garanzie superiori a quelle già loro attribuite. Tra l’altro, in materia di decentramento, sono stati indicati i seguenti propositi: la “revisione del Titolo V”, la modifica del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, e l’introduzione di “meccanismi e istituti che consentano di coordinare più efficacemente il rapporto tra i diversi livelli di governo”.



Per di più, si è fatto cenno all’“interesse nazionale” e al “quadro dell’unità della Repubblica”, così forse riferendosi all’introduzione di una cosiddetta clausola di supremazia a favore dello Stato nei confronti delle autonomie regionali e locali. Si tratta di una questione molto dibattuta, anche perché non sembra che al momento lo Stato sia privo di mezzi idonei a far valere gli interessi unitari dell’intera collettività nei confronti degli interessi rappresentati dalle istituzioni territoriali.

Fin qui il detto e il quasi detto. Sul non detto ci permettiamo di fare qualche ipotesi. In particolare, da tempo è sostenuta un’opinione, a nostro avviso inesatta, secondo cui per meglio combattere l’epidemia sanitaria è necessario ridurre o addirittura eliminare le competenze attribuite alle Regioni. E dato che l’epidemia si protrarrà nel tempo, la soluzione è presto detta: modificare la Costituzione, attribuendo allo Stato la competenza sulla sanità. A sostegno di ciò, tra l’altro, si ricordano le manchevolezze e le inefficienze che si sono verificate a livello regionale nel contrasto all’epidemia.



Chi sostiene questa tesi dimentica, però, che la sanità non è una terra incognita per lo Stato, tutt’altro. La Costituzione attribuisce allo Stato competenze cruciali e di grandissimo rilievo, proprio per assicurare unitarietà al sistema sanitario che, per l’appunto, è un sistema espressamente definito “nazionale” dalla legge.

Senza tediare il lettore, va ricordato che allo Stato spettano la competenza di dettare i principi fondamentali in materia di salute, la competenza sui Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) da assicurare su tutto il territorio nazionale anche in materia di salute, e la competenza “esclusiva” – ripetiamo, “esclusiva” – in materia di profilassi internazionale. Anzi, proprio richiamando quest’ultima competenza, la Corte costituzionale ha recentemente utilizzato uno strumento mai sperimentato in precedenza, eppure previsto dalla legge: ha sospeso una legge della Valle d’Aosta proprio in tema di misure anti-Covid.

Per non parlare, poi, del potere sostitutivo che è espressamente attribuito al Governo anche quando è “in grave pericolo l’incolumità (…) pubblica”, o, ancora, dei decisivi poteri statali nella determinazione della spesa in materia sanitaria o ancora nella formazione del personale medico o infermieristico.

Sarebbe altrettanto generoso, poi, ricordare gli errori commessi dalle autorità dello Stato nel contrasto al Covid. Ma, per quanto qui interessa, non si può tacere che il Governo ha scelto di accentrare tutte le scelte fondamentali, invocando le regole sulla protezione civile, e introducendo procedure e organismi emergenziali che, ormai dopo un anno, non sono ancora stati stabilizzati o correttamente coordinati con le competenze regionali, a partire dalla gestione degli acquisiti del materiale sanitario.

Si pensi, ad esempio, alla caotica questione dei dati che ha dato luogo all’attuale controversia con la Lombardia: spetterà ai giudici decidere chi ha sbagliato, ma, in ogni caso, l’accentramento delle competenze richiedeva che gli organi statali a vario titolo coinvolti vigilassero adeguatamente e intervenissero tempestivamente, tanto più quando si sostiene che i presunti errori regionali siano stati commessi da lungo tempo.

Insomma, prima di modificare la Costituzione con una riforma dagli esiti incerti, si ricordi quell’aforisma di un famoso politico secondo cui il potere logora chi non ce l’ha. E si aggiunga che è logorato soprattutto chi non conosce i propri poteri o non li sa bene esercitare.