SVOLTA UK CON LO STOP (PARZIALE) DELL’INVIO DI ARMI A ISRAELE: L’ANNUNCIO DEL GOVERNO LABURISTA

Lo aveva in qualche modo preannunciato nell’insediarsi a Downing Street prima dell’estate il Premier laburista Keir Starmer: qualcosa sarebbe cambiato nelle relazioni tra Regno Unito e Israele e così ora l’annuncio ufficiale dato dal ministro degli Esteri David Lammy alla Camera dei Comuni. Con effetto immediato, il Governo inglese ha annunciato la sospensione parziale dell’invio di armi verso l’esercito di Netanyahu, impegnato dallo scorso 7 ottobre 2023 nella violenta guerra nella Striscia di Gaza contro Hamas.



Ora, occorre capire cosa significhi il termine “parziale” e probabilmente sarà chiaro solo con l’effettivo invio delle prossime forniture militari dell’alleato Uk a Tel Aviv: ma è un significato politico quello lanciato dal Governo laburista di sinistra a Netanyahu, come a dire che gli sforzi per una tregua in Medio Oriente non sono abbastanza e dunque viene messo in discussione l’elemento di sostegno militare diretto, fino ad ora mai fatto mancare. Va detto che sono Stati Uniti e Germania i principali esportatori di armi e aiuti militari a Israele, ma il divieto posto in essere ora da Londra sullo stop alle 350 licenze d’armi concesse nel Regno Unito potrebbe avere un effetto a lungo termine anche sugli altri partner di Tel Aviv.



UK E USA PRESSANO NETANYAHU PER IL CESSATE IL FUOCO: GLI SCENARI SULLE ARMI

L’indegna esecuzione di altri ostaggi tenuti da Hamas ha riacceso a livello internazionale le motivazioni circa il sostegno a Israele contro il terrorismo islamista, ma le operazioni su Gaza, le incursioni in Libano e in Cisgiordania vengono viste ancora come ampiamente al di là del rispetto dei diritti umani. E così il Regno Unito dopo due mesi di interlocuzioni decide di stoppare l’invio di armi, preoccupati dalle «possibili violazioni del diritto umanitario» nella Striscia di Gaza.

Dopo aver sentito in giornata il tema di negoziatori americani per gli ostaggi israeliani a Gaza, la vicepresidente Kamala Harris – nonché candidata Dem alle Presidenziali di novembre 2024 – ha affermato, con Biden, di voler al più presto il cessate il fuoco a Gaza. L’invito-pressione è contro Netanyahu che «non starebbe facendo abbastanza» per raggiungere l’accordo sulla liberazione degli ostaggi e lo stop alle bombe nella Striscia: lo scontro a distanza tra Usa e Israele e il ritiro, anche se parziale, della armi inglesi importate presso l’IDF non ha fatto affatto piacere al Gabinetto di guerra guidato da Netanyahu il quale in serata ha risposto punto su punto alle critiche mosse dall’Occidente sulla guerra contro Hamas. «Che è successo in questi 5 giorni? Ci hanno ucciso a sangue freddo. Ci hanno ucciso sei ostaggi. Non credo che qualcuno ora ci possa chiedere altre concessioni. Non credo che Biden possa aver detto che non siamo seri», ha detto ai giornalisti il leader israeliano.



Dal Ministero della Difesa dello Stato ebraico intanto arriva anche una risposta diretta sul tema delle armi, «siamo profondamente amareggiati» dai tagli delle esportazioni che appunto non avranno conseguenze dirette nella guerra a Gaza ma che potrebbero significare un dietrofront più allargato anche ad altri alleati, come appunto Washington e Berlino. L’impressione generale è che il rischio escalation in Medio Oriente stia portando la NATO a “premere” su Israele affinché accetti le condizioni del piano di pace presentato da Biden: non sarà facile, specie dopo che Hamas ha fatto ritrovare morti assassinati barbaramente altri 6 ostaggi prigionieri della sigla palestinese da quasi un anno.