Quando viene messa in pericolo la libertà d’espressione ogni proposta di legge non può che destare scalpore e preoccupazione. Così il regolamento dell’UE (Digital Services Act), che entrerà in vigore dal 25 agosto, vorrebbe ‘censurare’ ogni social che non cancella messaggi e post che parlano di rivolte e manifestazioni. Ad annunciarlo, come riporta L’Humanité, è stato lo scorso 10 luglio il commissario europeo Thierry Breton. “Quando ci sono contenuti odiosi, contenuti che invitano ad esempio alla rivolta, quali anche chiamare per uccidere o bruciare auto, (le piattaforme) avranno l’obbligo immediato di cancellarle. Se non lo fanno, saranno immediatamente sanzionati.



Il provvedimento a cui fa riferimento Breton non consisterà solo in una multa. Il social in questione andrà incontro ad una vera e propria restrizione. Ne verrà infatti bloccato lo sfruttamento sul territorio europeo. Le dichiarazioni inevitabilmente hanno destato preoccupazione, soprattutto perchè arrivate dopo le dichiarazioni di Macron all’indomani delle violente manifestazioni del 4 luglio tra fuoco e fiamme, in cui ha parlato della necessità di fare una riflessione sui social e sui divieti da mettere.



CENSURARE I SOCIAL è IL PRIMO PASSO VERSO UN REGIME AUTORITARIO?

Di fronte a questo nuovo regolamento il pensiero non può che essere rivolto alla paura dell’adozione di una politica eccessivamente repressiva. Che siano state le dichiarazioni di Macron ad aver fatto pensare all’UE di adottare una legge repressiva verso i social è solo una supposizione, ma il dubbio resta. E sembra riportare alla politica condotta da alcuni stati autoritari nel mondo. Pensiamo alla primavera araba del 2011, quando regimi come quello di Hosni Mubarak in Egitto hanno proceduto ad interruzioni di Internet per arginare una rivolta organizzata su Twitter. 



Nonostante le critiche e i dubbi sulla compressione dei diritti umani il regolamento europeo è stato comunque approvato, prevedendo la “sospensione, per un periodo ragionevole e previo avviso, della fornitura dei servizi (piattaforme) agli utenti che diffondono frequentemente contenuti manifestamente illegali”. Resta però un’incognita, che lascia troppo aperti gli spazi di intervento della normativa: il DSA tace sull’interpretazione della natura litigiosa del contenuto, non specificando ad esempio se gli appelli alla “rivolta” possono includere anche solo gli inviti a manifestare.