Remuzzi: “Dobbiamo fare la quarta dose”
L’aumento dei casi Covid in Cina ha fatto aumentare la preoccupazione anche in Italia: il deja-vù spaventa infatti molti italiani, timorosi che da un giorno all’altro ci si possa trovare in un 2019-bis. Secondo Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano, il pericolo non è così concreto, come spiegato al Corriere della Sera. In Italia, infatti, abbiamo un’alta percentuale di popolazione vaccinata e questo vuol dire avere un ottimo livello di protezione: “Il 90% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale e godiamo di un’immunità diffusa. Sappiamo che quella ibrida, data da infezione più vaccino, è l’immunità più efficace. Secondo l’Istituto superiore di sanità il rischio di malattia severa è 80 volte superiore in chi non è vaccinato o non ha avuto una diagnosi recente di Covid”.
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A detta dell’esperto, “Adesso è estremamente urgente somministrare la quarta dose (e poi la quinta, dopo 120 giorni) agli over 60, poi al resto della popolazione. È importante anche la vaccinazione antinfluenzale. I bambini dai 6 mesi in avanti dovrebbero essere vaccinati sia per Covid sia per l’influenza, secondo le indicazioni delle Società più importanti di pediatria, mentre, come ha scritto il British Medical Journal, negli adolescenti la quarta dose potrebbe essere evitata. Per i richiami va bene qualunque vaccino a mRna, meglio forse il bivalente adattato a Omicron Ba.4 e 5, ma non è una condizione indispensabile”.
Giuseppe Remuzzi: “Dobbiamo investire nel SNN”
Sulle pagine del Corriere della Sera, Giuseppe Remuzzi ha parlato anche di eventuali nuove varianti: “Sì, ma in Italia bisogna riprendere a investire nel Servizio sanitario, soprattutto a livello territoriale. Sono state annunciate le “Case della salute”, realizzate tramite fondi del Pnrr, ma la sanità pubblica va governata: le nuove strutture non dovrebbero essere affidate a cooperative di privati, ma a medici di famiglia che dipendono dal Servizio sanitario nazionale. Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Nature mostra che l’eccesso di mortalità durante la pandemia (stimato in 13-15 milioni di decessi) ha riguardato principalmente Paesi con una sanità pubblica debole (come l’India) o affidata alle assicurazioni private (come gli Stati Uniti)”.
Remuzzi ha voluto poi chiarire che nel corso della
pandemia da Covid-19, il nostro Paese non ha gestito malissimo la situazione, ma altre Nazioni hanno fatto meglio: “L’
Italia non è andata male, ma è stata superata dalla Germania che garantisce cure a tutti i cittadini e ha una rete territoriale forte.
La pandemia ci ha insegnato due cose: la prima è, appunto, l’importanza di una sanità pubblica ben organizzata e la seconda è che previsioni a medio e lungo termine
è meglio non farne“.
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