Per evitare una nuova invasione del coronavirus bisogna sapere quali sono i luoghi a rischio e le abitudini da correggere. Questa è la linea che suggerisce Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. «I posti più pericolosi sono i macelli, le aziende di trasporti, le feste con tante persone, le discoteche, che è giusto restino chiuse. Anche se poi bisogna riconoscere che l’ambiente dove più ci si contagia è la famiglia», spiega nell’intervista rilasciata a Libero. Ma bisogna stare attenti anche a non importare il Covid, visto che molti tra i focolai che si sono sviluppati di recente arrivano da fuori. E questo vale anche per i migranti, che arrivano già positivi al coronavirus: «Forse perché molti di quelli che erano già qui avevano fatto il vaccino contro la tubercolosi, mentre chi sbarca ora non è vaccinato, quindi potrebbe ammalarsi e contagiare più facilmente. ma è solo un’ipotesi», spiega Remuzzi. Inoltre, si dice soddisfatto per l’andamento attuale: «La situazione in Italia è sotto controllo».
REMUZZI SULL’AUMENTO DEI CONTAGI
Eppure, continuano a salire i contagi in Italia e l’indice Rt è tornato sopra l’1. «Il dato importante è che i positivi che scopriamo hanno una carica virale bassa, almeno in Lombardia, e sono per lo più asintomatici», spiega Giuseppe Remuzzi a Libero. Nell’intervista rilasciata oggi, il direttore del’Istituto Mario Negri chiarisce che se non aumentano i ricoveri per Covid in pneumologia e in terapia intensiva si può stare tranquilli, in quanto «il contagio non si traduce in malattia». La comunità scientifica sembra divisa sulla situazione attuale dell’epidemia, ma per Remuzzi la spiegazione è semplice: «I virologi registrano che il virus circola ancora, ed è vero. Gli epidemiologi studiano le pandemie e cercano di prevedere cosa succederà. Quelli bravi di solito ci vanno vicino, ma poi ci sono quelli, anche loro bravissimi, che tendono a esagerare». Resta diplomatico, dunque, Remuzzi, ma prende anche le difese di Bassetti, che non è affatto negazionista. Il punto è che il coronavirus «ha una carica diversa da prima».
REMUZZI “RARO CHE CHI HA MENO DI 60 ANNI MUOIA DI COVID”
Il professor Giuseppe Remuzzi non esclude che il coronavirus sia mutato. «Questo del Covid-19 muta anche lui, ma meno degli altri coronavirus e le variazioni semmai lo hanno reso più trasmissibile, e questa è una pessima notizia», dice il direttore dell’Istituto Mario Negri oggi a Libero. Ma spiega che ora è «abbastanza raro che muoia una persona sotto i sessant’anni che non abbia altre malattie. Salvo che non ci sia un assetto genetico particolarmente sfavorevole». A tal proposito, cita studi secondo cui 4 persone su 10 non si ammaleranno mai di Covid-19 in forma grave perché hanno un sistema immunitario che distrugge Sars-CoV-2 rapidamente. Un altro 35% è immune perché ha già incontrato altri coronavirus simili a questo. Non manca la raccomandazione a vaccinarsi per l’influenza e lo pneumococco: «Se prendi il Covid e in più si aggiungono l’influenza o una polmonite, la situazione può diventare difficile, e poi perché i sintomi del coronavirus sono simili a quelli di una normale indisposizione stagionale e quindi una profilassi aiuta nel-la diagnosi».
REMUZZI, DALLE SCUOLE AL VACCINO
Giuseppe Remuzzi non esclude una seconda ondata, ma al tempo stesso è consapevole che l’Italia è pronta per questa eventualità. Quel che lo preoccupa è invece l’organizzazione sociale. A tal proposito, torna sulla chiusura delle scuole, giusta durante il picco, ma a giugno si poteva riaprire. Un altro capitolo delicato è quello della mancata chiusura di Nembro e Alzano Lombardo: «La zona rossa probabilmente andava fatta, ma la verità è che l’Italia non era assolutamente preparata a quello che stava per succedere». Secondo Remuzzi sono state perse quattro settimane almeno. E smentisce la circostanza che la Cina non abbia fornito le informazioni necessarie. «Ai primi di febbraio la rivista scientifica Lancet aveva già pubblicato i dati allarmanti di Wuhan, con tantissimi dettagli ma i nostri scienziati li hanno sottovalutati». Sull’arrivo del vaccino resta cauto: «Tra due anni ci sarà di sicuro. Prima è possibile, anche all’inizio del 2021, ma non potrà risolvere ogni problema, perché bisogna vedere se è sicuro, quanto dura l’immunità e poi non potrà essere subito disponibile per miliardi di persone».