Pochi giorni fa uno studio condotto dall’Istituto Mario Negri di Milano, diretto da Giuseppe Remuzzi, ha pubblicato uno studio secondo il quale un particolare gene ereditato dai Neanderthal potrebbe essere il responsabile dell’epilogo in malattia grave del covid. Uno studio che non vuole trovare una causa effettiva all’epilogo in polmonite del virus, ma che spiega entro un certo grado perché alcune persone siano più predisposte alle forme gravi rispetto ad altre.



In un’intervista per il Messaggero, Remuzzi spiega che il suo studio “dimostra che chi è stato esposto al virus ed è portato dell’aplotipo di Neanderthal aveva più del doppio del rischio di sviluppare il covid grave, quasi tre volte in più il rischio di aver bisogno di terapia intensiva e un rischio ancora maggiore di aver bisogno di ventilazione meccanica”. Avverte, tuttavia, che “il nostro è un contributo, probabilmente ci sono tanti altri geni che contribuiscono alla manifestazione della malattia, ma questo in un certo senso pesa di più”. Inoltre, secondo Remuzzi, il dato più interessante è quel gene in particolare “ha passato duemila generazioni circa e condiziona la gravità della malattia”.



Remuzzi: “Il gene di Neanderthal potrebbe aiutare lo sviluppo di nuove terapie”

Di contro, Remuzzi sostiene che il suddetto gene “predispone al rischio [ma] non vuol dire che chi ce l’ha si ammala in forma grave e gli altri no”, trattandosi piuttosto di “gradi di probabilità”. Insomma, l’aplotipo di Neanderthal non è propriamente definibile come la causa dell’epilogo grave del covid, ma essendo associato a tre proteine, “due che codificano i recettori delle citochine, e poi uno che regola lo sviluppo della funzione delle cellule delle vie respiratorie”, si possono condurre tutta una nuova serie di studi.



Infatti, secondo Remuzzi, “non è escluso che il nuovo studio ci aiuti a capire perché arrivi la polmonite interstiziale, che è diversa da tutte le altre, e perché i malati hanno bisogno di assistenza respiratoria”. Similmente, con i dovuti apposti accademici, “potremmo anche sapere come si possono manipolare farmacologicamente queste proteine” al fine di combattere efficientemente la versione grave del covid. Focale, tuttavia, in questo momento rimane, secondo Remuzzi, la prevenzione, perché essendoci “geni che predispongono ad ammalarsi è ancora più importante vaccinarsi e stare attenti”.