Forse non tutti sanno che il mitico Renato Zero, autore di grandi successi come Il Triangolo, Come mi Vorresti, I migliori anni della nostra vita e tantissimi altri brani, ha vissuto un’infanzia non semplice. Tutta colpa dei bulli, che il cantante romano definisce come il male di questa nostra società. “Non si pensa che la diversità sia una ricchezza, invece abbattiamo le razze come gli orsi e le api”, spiega il celebre artista. “Ho vissuto tutto, tornavo a casa con i lividi e cercavo di nasconderli ai miei genitori per non farli preoccupare”, racconta ancora Renato Zero.
I problemi sono arrivati all’età di tredici anni, all’epoca il cantante non si capacitava di tanta cattiveria e non riusciva a capire perché fosse proprio lui ad essere finito nel mirino. La musica, in un certo senso, ha rappresentato una via di uscita per Renato Zero, che ancora oggi è ben sintonizzato sui problemi generazionali. Ripensando al passato, Renato Zero, non può non citare il rapporto col padre, descritto come una persona aperta e meravigliosa.
Renato Zero, infanzia tra alti e bassi. L’incontro con il figlio adottivo Roberto…
“Ma la mia infanzia è stata molto solitaria”, ha sottolineato ancora il cantante, ripercorrendo le tappe della sua giovinezza. Parole al miele per i genitori, ma questa non è una novità, Zero ha sempre considerato papà Domenico Fiacchini e Ada Pica due persone straordinarie. E in tutto questo c’è anche l’amata nonna, che “mi legava al polso il guinzaglio del nostro pastore tedesco femmina e facevamo il giro di piazza Agusto Imperatore. Poi mi portava sulla Tuscolana e sulla Tiburtina, zone che mi sembravano al confine della realtà”, ricorda con un velo di nostalgia Renato Zero.
“Vedevo soprattuto anziani attendibili per comprendere e capire la vita e assicurarmi la serenità che ho oggi”, ha spiegato. A contribuire a questa serenità, di certo, c’è il figlio adottivo Roberto Anselmi Fiacchini. Lavorò per Renato Zero come guardia del corpo, dopodiché il cantante decise di accoglierlo sotto la sua ala, considerando il vissuto turbolento del classe 1973, che perse i genitori da molto giovane.