Renato Zero lotta da sempre per i diritti degli omosessuali. A Raccontare comincia tu parla infatti di omofobia, esprimendo il suo punto di vista sulla questione. “Se la gente non accetta i diversi – spiega infatti l’artista – vuol dire non accetta se stessa; una persona che ha accettato se stessa non ha né tempo né voglia di andare a occuparsi di qualcuno che non è come lei. La migliore vittoria per i non diversi – conclude Renato Zero – è diventarlo”. Nel corso dell’incontro con Raffaella Carrà, Renato Zero ripercorre inoltre quel periodo tra il 1984 e il 1988 in cui il suo successo ha avuto una battuta d’arresto: “Feci due dischi, “Leoni si nasce” e “Soggetti smarriti”. Sono quelle velleità che ci permettiamo ogni tanto e sono molto intime. Le operazioni estranee alla mia volontà e al desiderio di compiacermi di quello che avevo fatto – spiega l’artista – raramente accade un episodio del genere. In quell’occasione ho voluto fare un’operazione così. In quel periodo ci fu una crisi generale del disco e in quel fermo mi sono trovato a uscire con quegli album”. (Agg. di Fabiola Iuliano)
Renato Zero: “agli inviti provocatori, rispondevo con…”
Non è stato facile, per Renato Zero, farsi accettare dai suoi coetanei. Erano in molti, soprattutto in periferia, a non amare i suoi lustrini e a guardare con sospetto i suoi atteggiamenti. Lui, però “agli inviti provocatori della borgata” rispondeva con la gentilezza, e alla fine, perseverando, è riuscito a cambiare il loro atteggiamento nei suoi confronti: “questi signori – spiega l’artista – alla fine, li ho trovati tutti alleati. Addirittura – ricorda Renato Zero – in più di un’occasione, quando io mi sono trovato in certi anfratti dove la mia sicurezza personale era a repentaglio, spuntavano loro, come per magia, che intervenivano. Erano diventati dei paladini”. Renato Zero ha infatti lottato a lungo per il diritto di sentirsi diversi dalla massa: “vedevo questa stazionarietà delle signore, soprattutto quelle costrette a indossare qualcosa di reprimente […] questo mi ha dato la spinta ad affacciarmi, non solo con la stravaganza, ma come una sorta di sfida […] perché non volevo accondiscendere a certe regole. Perché ritenevo si potesse in qualche modo sovvertire l’ordine delle cose”. (Agg. di Fabiola Iuliano)
“L’ostilità del mondo è un ostacolo forte”
“Non mi farò sopraffare dalla sua morbosa curiosità”: Renato Zero non ha dubbi: le domande di Raffaella Carrà non riusciranno a scalfire l’immagine del divo che si è faticosamente costruito. D’altra parte, spiega il cantante con ironia “qui la vera star sono ancora io”. All’incontro con la conduttrice, però, qualcosa cambia e Renato Zero, protagonista di A raccontare comincia tu, comincia a sbottonarsi un po’: “ci conosciamo per tante affinità che ci definiscono e ci uniscono, però non siamo mai scesi nei dettagli”. Dettagli che raccontano la storia di un “Renatino”, un bambino che spiccava fra tutti gli altri per originalità, ma che per lo stesso motivo si conquistava la diffidenza degli altri: “l’ostilità del mondo talune volte diventa assolutamente un ostacolo forte, soprattutto negli anni della crescita – ricorda Zero – ero questa mosca bianca, soprattutto nella periferia: […] il brutto (è stato, ndr) quando io ho sfoggiato questi merletti alla Montagnola, nella periferia”. (Agg. di Fabiola Iuliano)
Renato Zero: “decisi di…”
Tra Renato Zero, ospite questa sera della prima puntata di A raccontare comincia tu, e Raffaella Carrà vi è un’amicizia di vecchia data. I due si conoscono infatti da molto tempo e, oltre ad aver calcato insieme le scene nei principali programmi televisivi, hanno condiviso pezzi di vita privata. A ribadirlo è proprio la conduttrice, che a un passo dall’intervista a Renato Zero ha ricordato il rapporto che la lega al cantautore: “Lui è il primo vero amico che ospito nel programma”, ha precisato la Carrà a Tv Sorrisi e Canzoni. “Ci vediamo spesso, soprattutto al mare perché abbiamo le case l’una accanto all’altra: mangiamo insieme, ci frequentiamo, c’è una bella intimità tra di noi”. Una conoscenza che sarà il focus dell’intervista di questa sera, nella quale Raffaella Carrà cercherà di far emergere il lato più intimo del divo.
Raffaella Carrà: “Renato Zero? uscirà fuori il Renato Fiacchini”
Raffaella Carrà non ha dubbi: “Nel nostro incontro uscirà fuori il Renato Fiacchini, non il Renato Zero che tutti conoscono”. Un ritratto inedito del cantante che potrà ripercorrere il suo passato sotto una nuova lente, senza dimenticare i primi passi, il successo e il percorso che lo hanno reso una star. Al centro di tutti i suoi progetti vi è infatti un denominatore comune, “la follia”, un aspetto che il noto cantautore ha voluto ricordare anche nella sua ultima fatica discografica “Zero il folle”. La follia, spiega Renato Zero a La Repubblica, è quasi come un riscatto: “È l’ingrediente che, se utilizzato per scopi creativi e per immaginare il futuro, ha la capacità di contaminare gli altri”. Nel suo racconto, il divo prende come esempio “La follia di Gesù Cristo”, che “è stata bella, sana, passionale”; “a lui – aggiunge infatti Zero – dobbiamo il merito di averci offerto una via di uscita, di non accettare supinamente certe conclusioni”.
Renato Zero: “La trasformazione mi permise di…”
Sarà la follia, declinata in tutte le sue sfaccettature, il focus principale dell’intervista di Renato Zero. Una follia che verrà ripercorsa con tutte le sue sfaccettature, meritevoli di aver reso il cantante una vera icona nel mondo della musica. A raccontare comincia tu non mancheranno infatti riferimenti ai primi passi di Zero nel mondo della musica, quando fu proprio la follia a fornirgli quel modo alternativo “di far lavorare la mente”. “Eravamo un gruppazzo di esclusi. Di provenienze diverse. Ma tutti con due domicili stabili: il Piper club e i Commissariati”, svela Zero a Vanity Fair. “Colpa ovviamente della drastica scelta che avevamo operato. Io più di tutti, ovviamente. Quella trasformazione – spiega però l’artista – mi permise così di uscire dal bozzolo delle convenzioni e dell’ovvietà, per sferrare un colpo deciso a tutte le morali e al falso perbenismo”.