Renato Zero è uno degli artisti più apprezzati sul panorama musicale italiano. La sua carriera comincia da giovanissimo, nel panorama culturale romano: amava esibirsi nei locali travestito. A 14 anni ottiene il suo primo contratto, al Ciak di Roma e partecipa anche ad alcuni caroselli per sponsorizzare alcune marche di gelato. In quegli anni conosce anche le sorelle Bertè ma il successo vero e proprio arriva negli anni ’70. Dopo più di cinquant’anni di carriera, Renato Zero è ancora uno dei più amati dal pubblico, ma nella sua vita non sono mancati momenti difficili, a partire dalla nascita.



Il cantante ha dovuto fare i conti con una malattia subito appena nato: una forma di anemia emolitica neonatale che fu curata con una trasfusione completa del sangue. Come ha raccontato lo stesso artista, ha dovuto fare i conti con “Una malattia ereditaria che ho preso da mia madre. Fu un prete a donarmi il sangue di cui avevo bisogno per salvarmi. Da quel giorno sono rimasto sempre attaccato alla vita. Questa storia mi ha insegnato a mordere la vita“.



Le molestie sessuali

Da ragazzino, Renato Zero ha dovuto di affrontare un’altra difficile prova: una violenza sessuale. Il cantante ha rivelato di aver subito molestie sessuali quando era un ragazzo. La cosa che ha fatto più male, però, è stata quella di incontrare il negazionismo del pubblico: “La gente mi diceva: Perché parli dei pedofili se non ci sono? Spesso per scrivere le mie canzoni si accendono le foto della memoria. Un giorno mi trovavo a piazza Augusto Imperatore con la retina per le farfalle e il mio cane. Un signore con la patta sbottonata mi chiese: ‘perché non vieni qui a prendere le farfalline?’. Immagini un bambino che assiste a una cosa del genere… Il Renato adulto porterebbe quel signore al commissariato”.



Le sofferenze, non hanno impedito al cantante di mettere tutto se stesso nella musica. Sul palco, come ha rivelato, non ha regole: “Fisicamente non seguo regole. Ma per uno come me che gioca a scopone scientifico, scopa, tresette almeno i polpastrelli sono esercitati. La concentrazione è un’altra cosa. Quando stai lì il distacco dall’emozione è sempre complicato. Ogni volta che canti un brano ricordi il vecchio furgone che ti portava in giro, quando da solo caricavi gli strumenti. E poi ti chiedi se sei piaciuto, se il disco vende… “.