Renato Zero è stato ospitato durante la diretta di Domenica In da Mara Venier, con la quale si è raccontato parlando, ovviamente, della sua lunga ed apprezzatissima carriera, che l’ha recentemente portato a pubblicare un nuovo album, “Autoritratto”, che è esattamente il 34esimo in studio. Un disco “per restituire la somma di tutte le mie esperienze artistiche“, in forma fisica perché seppur “questo supporto che è il cd è destinato a sparire, credo sia un’ingiustizia”.



Nel racconto, Renato Zero è partito ovviamente dall’infanzia, ricordando che “quando ero piccolo in casa eravamo 12, con i fratelli di mamma, i nonni e i miei 4 fratelli, eravamo una famiglia povera”. Povera economicamente, ma ovviamente non di spirito, perché ricorda che “avevo un padre che era molto divertente, prendeva le cose con una certa leggerezza, quando serviva. Mamma, invece, era una romana e non le mancava di essere pittoresca. Io la ascoltavo sempre, anche quando mi sconsigliava di frequentare una persona, e mi ha salvato da molte fregature”. Sulla madre, in particolare, Renato Zero ricorda che “l’ho avuta in casa finché mi è stato dato modo di tenermela, poi negli ultimi due mesi dovemmo ricoverarla e non fece più ritorno in casa. Ma il ricordo del sorriso di mamma la mattina, con la spremuta d’arancia, mi aiuta a vivere ancora oggi”.



Renato Zero: “La solitudine va coltivata, è importante”

Passando, poi, a parlare della sua carriera, Renato Zero ha raccontato che “il successo l’ho gestito con la strada, con il confronto con i fan, perché quelli che vengono a stringermi la mano mi chiedono anche come sto, come vanno le cose”. Fan con i quali, sostiene con il sorriso sul volto, ha “un rapporto quotidiano“, al punto che ormai, dopo tutti questi anni, “a casa ci sto poco e mal volentieri”.

Sulla solitudine che ha sempre raccontato e cantato, Renato Zero racconta che “è una presenza che non si può evocare a piacimento. Si nasce soli e si muore soli, perché quando esci dal ventre materno sei solo, la vita te la stai guadagnando con i primi vagiti e lo stesso vale quando ce ne andiamo, anche se attorno c’è l’affetto, la preghiera. La solitudine dovrebbe essere considerata un po’ di più, invece che combattuta”.