Non gli mancava assolutamente nulla. Era presidente della spagnola Seat che, negli ultimi due anni, ha inanellato, uno dopo l’altro, record di vendita oltrepassando la quota di mezzo milione di auto immatricolate, era tra i top manager del Gruppo Volkswagen, la più grande azienda automobilistica del mondo, e, visto quello che era riuscito a fare, prima in Germania e poi in Spagna, non poteva che essere molto apprezzato dai vertici. Ma la chiamata di Renault per Luca De Meo era l’occasione della vita e non poteva rifiutarla. Non per una questione di soldi, né di prestigio. Era una sfida. Era la possibilità, che non a tutti è data, di poter mettere alla prova se stesso, le proprie competenze, il proprio carattere di fronte a una situazione estremamente complessa come quella che lo aspetta a Parigi. E ce n’è da fare tremare i polsi a qualunque manager.
Luca è il primo amministratore delegato che arriva al vertice senza essere cresciuto in azienda: i suoi predecessori Thierry Bolloré, Carlos Ghosn e Louis Schweitzer erano in Renault da almeno una mezza dozzina di anni prima di sedersi su quella che diventerà a luglio la sua poltrona. Ghosn è stato assunto in Renault quando aveva a 42 anni e quando nel 2005 è stato nominato Ceo, a 51 anni, ne conosceva ogni segreto, ogni gruppo di potere interno, ogni persona, dall’usciere all’ultimo controller dei conti. I tre predecessori poi, o sono francesi come Bollorè o svizzero-francesi come Schweitzer oppure si sono laureati a Parigi come Ghosn e tutti sono cresciuti professionalmente in Francia ai vertici di aziende vicine al settore come Michelin o Faurencia, grande fornitrice di parti per l’industria automobilistica. Oppure come Schweitzer vengono direttamente dalla politica d’oltralpe.
Perché la Régie, come viene definita oltralpe Renault, è un grande ministero, un centro di poteri che negli anni si sono stratificati per cooptazione. E tutto, o quasi, all’insegna del Made in France. Persino nella Fiat di Sergio Marchionne, prima della fusione con Chrysler, c’erano più manager stranieri rispetto a quelli che si possono trovare nelle stanze dei bottoni a Parigi e anche nelle filiali locali è difficile trovare qualcuno che non sia nato sotto la bandiera blu, bianco e rossa.
De Meo potrà contare sull’appoggio del presidente Jean-Dominique Senard che lo sosterrà perché lo ha scelto e sul timore dei top manager del gruppo che vedono nel suo arrivo previsto per luglio un cambiamento radicale di approccio al lavoro e al business. Ma sarà una battaglia, magari in punta di fioretto, ma una battaglia. La cui posta in gioco è la sopravvivenza stessa del gruppo Renault. Almeno questo dicono le quotazioni di Borsa visto che le azioni della Régie nel loro complesso valgono poco più del valore della quota del 43% di Nissan che ha in portafoglio.
De Meo, 52 anni, dopo la Bocconi, ha iniziato la sua carriera proprio in Renault, ma a Roma, per poi passare a Toyota Europe e, successivamente, al Gruppo Fiat, dove ha ricoperto l’incarico di Head of Business prima per Lancia, poi per Fiat (contribuendo al lancio della 500) e infine per Alfa Romeo. È stato amministratore delegato di Abarth e poi Chief Marketing Officer del Gruppo Fiat. Nel 2009 è entrato a far parte del Gruppo Volkswagen come responsabile Marketing, prima di assumere l’incarico di membro del consiglio di amministrazione per vendite e marketing di Audi.
Ha sempre lavorato in Europa e questo è visto come un limite da chi considera la rifondazione dell’alleanza con Nissan il principale dei suoi incarichi. Noi, al contrario, pensiamo che il suo arrivo abbia già contribuito a rasserenare molto gli animi dei giapponesi. La questione è in larga parte nelle mani dei governi dei due Stati ed è il lavoro prioritario del presidente di Renault Senard. De Meo sarà al tavolo e darà il suo aiuto, ma niente di più, almeno per i prossimi due o tre anni. Intanto in Francia farà quello che sa fare meglio: prodotto, strategie di vendita, innovazione di processo.
Ed è quello di cui ha bisogno subito Renault che, al di là dei problemi legati all’alleanza con i giapponesi e non per colpa di essa, ha appena passato un 2019 da brivido con il fatturato del terzo trimestre in discesa dell’1,3% e le vendite per l’intero anno in calo del 3,4% a 3,75 milioni di vetture. Le vendite della casa automobilistica sono aumentate dell’1,3% in Europa, ma il guadagno non è riuscito a compensare i cali in altri mercati, tra cui una diminuzione del 19% del volume in Africa, Medio Oriente, India e Pacifico e un calo del 17% in Cina.
De Meo, lo ha dimostrato in Seat, è in grado di invertire la rotta e, se i francesi gliene daranno la possibilità, lo farà.