Guarda bene. È qui. Presente agli occhi di tutti. Quindi, anche, ai tuoi. Ma tu, invece, non vuoi guardare, osservare e poi ammetterlo. La verità è questa. La verità è fatta così. Fatti, parole, azioni e soprattutto risultati strettamente riconducibili a ciascuno di questi. Invano evitarlo. È presente. È reale. Ancor più reale se, oggettivamente, si può misurare poiché ricavabile attraverso i numeri. Esatto. Sono sempre loro, esclusivamente loro: almeno per noi. Numeri che, in caso positivo, fanno brillare gli occhi nel mentre si scrive a beneficio di tutti coloro che leggeranno. Quindi: anche tu. Malauguratamente, però, non tutti potranno gioire. Scettici, catastrofisti, immensamente increduli e perenni individui anti-sistema, oggi, purtroppo, potranno solo voltare il capo dall’altra parte: pertanto, non continuate a leggere. Farà male. Molto male.
Perché la verità, quella dei fatti, i fatti rappresentati dai numeri, è più cinica e meno curabile rispetto a quella delle parole. Le parole, nel loro insieme contestualizzato in un discorso, incidono, feriscono, creano spiragli. I numeri no. I numeri, invece, sono schegge. Piccoli tratti. Segni dal dubbio gusto estetico, ma, ricchi di significato: il valore. Loro sì: hanno in dote il dono della sintesi. Quantificano, misurano, fanno vincere o perdere. E ieri, quanto accaduto ieri, non può passare in secondo piano. Ieri qualcuno ha vinto.
Ha vinto un premio di quasi il 4%. Rischio? Possiamo affermare serenamente nessuno. Siamo consapevoli di essere di parte, ma, a oggi, immaginare che lo Stato Italia possa incappare in un default (entro un anno) appare più uno strascico legato a una sbornia rispetto alla realtà dei fatti.
Tralasciando questa iniziale, prolissa e intera premessa, la sopracitata percentuale è stata assegnata ieri. Un +3,947% (ovviamente lordo) per un ammontare complessivo pari a 8 miliardi di euro a fronte di un importo richiesto di oltre 10,6 miliardi. Tutto questo al termine dell’asta in capo alla nuova emissione del Bot annuale con scadenza 12 luglio 2024.
Guardando ai numeri, ovvero al valore finale dell’offerta, il rendimento medio (quel «quasi il 4%») risulta in rialzo di 31 punti base che, come alcuni ricordano, segna il «nuovo massimo dal giugno 2012 (3,97% in quell’asta di oltre dieci anni fa» (fonte Radiocor). Tornando ancora indietro nel tempo, ma non troppo, è necessario ammettere la verità dei fatti. Il citato «momento giusto per tornare a comprare titoli di stato» per noi c’è stato. A novembre dello scorso anno, l’allora Bot annuale vedeva riconoscere un rendimento del 2,69% (soglie del luglio 2012): a noi, umili, e per alcuni forse stolti, quel poco poteva bastare. Anzi, paradossalmente, avevamo verosimilmente spronato tutti voi: «fatevi gli affari vostri» o meglio «fate i vostri affari». Non contenti, poi, abbiamo ulteriormente rincarato la dose e, anche a inizio anno, il primo Bot targato 2023 veniva acclamato: +3,086% il quantum offerto ai richiedenti. Oggi, a distanza rispettivamente di nove e sette mesi, la verità – dei numeri – quelli nuovi, quelli di ieri, premia ancora di più: +3,947%. Un verosimile quattro per cento che, osservando a quanto quotato sul mercato italiano, individua un paniere di scadenze vicine tra loro per il solo rendimento, ma, decisamente lontane per la loro durata: rispetto al citato anno, e incrementando la durata dell’investimento, si vede “il +4%” giungere fino alla soglia degli otto anni (4,06%). Un complessivo ammontare pari a dieci punti base diluiti in poco meno di dieci anni (il rendimento medio a nove anni si colloca al 4,13% ndr). Per noi, i numeri di ieri, possono bastare.
Per dovere di cronaca, quest’oggi, ci saranno le emissioni di medio-lungo termine (3,7,15 e 30 anni). Come ovvio, lo potete immaginare voi stessi, guarderemo i rispettivi numeri. I numeri che vorremmo amare e, talvolta, vorremo anche evitare se sinonimo di potenziali perdite. Di queste ultime, oggi, volutamente non ne vogliamo parlarne. Lo faremo, comunque, molto presto.
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