Archiviata l’inchiesta su Matteo Renzi e Lucio Presta per finanziamento illecito. Lo ha deciso il gip di Roma, accogliendo la richiesta dei procuratori aggiunti Stefano Pesci e Paolo Ielo. Nella vicenda era coinvolto, oltre all’ex premier ora leader di Italia Viva e il manager dei vip, anche il figlio di quest’ultimo, Niccolò Presta. Il procedimento verteva sui rapporti economici tra Matteo Renzi e l’agente televisivo, in particolare i bonifici relativi al documentario “Firenze secondo me” (prodotto e distribuito da Arcobaleno Tre di Presta), che finirono nel 2019 in una relazione dell’antiriciclaggio dell’Unità investigativa finanziaria (Uif) di Bankitalia.



A dare la notizia dell’archiviazione è stato lo stesso Lucio Presta su Twitter. «Desidero ringraziare la procura di Roma che ha svolto le indagini che mi vedevano indagato con il senatore Matteo Renzi, conclusesi con l’archiviazione. Li ringrazio per aver avuto la professionalità e l’equilibrio che hanno garantito di salvaguardare la mia rispettabilità, la mia professionalità, la vita mia e quella di mio figlio Niccolò. Ringrazio i legali (Cersosimo-Lucarelli) per il grande lavoro svolto», ha twittato il manager.



RENZI & PRESTA: INDAGINE FLOP SU FINANZIAMENTO

Si chiude, quindi, con un’archiviazione l’indagine che vedeva indagati Lucio Presta, il figlio Niccolò e Matteo Renzi. Stando a quanto ricostruì L’Espresso, l’ex premier incassò 454mila euro per il documentario, ma la multinazionale Discovery per lo stesso, andato in onda per quattro serate sul canale Nove, aveva pagato 20mila euro a Presta. Inoltre, il settimanale raccontò che i diritti versati dall’agente per “Firenze secondo me“, nell’autunno 2018, sarebbero serviti a Matteo Renzi per restituire il prestito di 700mila euro ricevuto dalla madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli. Quei soldi sarebbero stati usati per acquistare la villa sulle colline del capoluogo toscano. Ma la vicenda della villa del leader di Italia Viva non è mai stata oggetto dell’indagine della procura di Roma, che invece si è soffermata sui compensi versati a Renzi e a verificare se ci fosse un’ipotesi di finanziamento illecito. Per questo la Guardia di finanza aveva perquisito la sede di Arcobaleno Tre, società di cui Niccolò Presta era socio al 15%, casa del medesimo, quella del padre Lucio e lo studio di una collaboratrice, oltre alla casa di una dipendente della società, come riportato dal Fatto Quotidiano. La Finanza, pertanto, aveva acquisito tutti i contratti tra Renzi e Presta, che prevedevano anche l’ideazione di altri due programmi, il tutto per 700mila euro.