L’ultimo dei 36 stratagemmi, il classico sulla guerra in Cina del VI secolo ritrovato nel 1939 e subito diventato un classico, consiglia, quando tutto è perduto, di darsi alla fuga, per vivere e combattere un altro giorno.
Forse qui c’è qualcosa da imparare anche per Giuseppe Conte, in questi giorni sotto la pressione dall’offensiva senza tregua del leader di Italia viva Matteo Renzi.
Renzi nella sua azione non ha niente da perdere e tutto da guadagnare, come abbiamo già visto. Conte al contrario perde comunque. Se sfida Renzi e va in parlamento a chiedere la fiducia, non avrà i voti necessari e quindi il suo governo cade senza alcuna promessa di un futuro. Infatti finora Conte non ha trovato rimpiazzi per i voti di sostegno di Renzi ed è altamente improbabile che li trovi un domani. Nella remota ipotesi che ci fossero, la chimica del governo risulterebbe cambiata e comunque si passerebbe da un voto incerto in parlamento.
Se invece si fida di Renzi e si dimette nella speranza di essere reincaricato, rischia di essere tradito da Renzi, notorio mancatore di parola, ma anche dal Pd e dal M5s che ormai da mesi non lo sopportano più.
Quindi in ogni caso Conte è spacciato. A meno che Renzi non si accontenti, a quel punto, della mancetta di qualche ministero. Ma lo farà sul serio? E dopo cosa succederebbe?
Ciò significa che a Conte converrebbe chiudere sbattendo la porta e vedere l’effetto che fa. Sarebbe la fuga contemplata dal 36esimo stratagemma.
Se invece Conte riesce a piegare Renzi, cedendogli ministeri importanti, alla fine del rimpasto sarà cominciato nei fatti un governo Renzi 2, dove Conte potrà dire di essere ancora formalmente il presidente del Consiglio, destinato però, nei fatti, a subire il logoramento attuale.
Renzi ha detto: “Magari avessimo un problema personale: noi abbiamo un problema politico con Conte. Sul Recovery, sul Mes, sull’intelligence, sulla scuola, sull’alta velocità, sul garantismo, sul ruolo internazionale dell’Italia e sulla presenza nel Mediterraneo, sul rapporto con gli Stati Uniti, sul lavoro e il reddito di cittadinanza, sulla crescita, sullo stile istituzionale ho argomentato idee diverse”.
Conte dovrebbe dire, se vuole restare al governo con Renzi, perché invece su tutti questi temi la pensa come Renzi. O anche perché la pensa diversamente, e su questa diversità cercare sostegno. Non affrontando questi temi e non fuggendo Conte, si sottopone alla tortura dei mille tagli, la peggiore delle morti nella tradizione cinese, dove si soffre a ogni colpo che resta però non mortale.
Oggettivamente a Renzi conviene continuare la sua campagna di logoramento. Non ha ragioni per mollare: dice cose che trovano un riscontro autentico nel paese e che per questo gli stanno dando un palcoscenico che è suo interesse mantenere.
Non ci sono orizzonti temporali per la fine di questa situazione. Conte e chi lo sostiene non vuole mollare per timore dell’abisso, ma in questo timore scava sempre più profondamente la fossa, perché le questioni sollevate (Recovery, delega sui servizi, etc.) sono vere.
Un orizzonte potrebbe essere il 20 gennaio. Allora Joseph Biden si insidierà come presidente degli Usa e Washington potrebbe avere voglia di tornare a interessarsi più direttamente dell’Italia dove ci sono una serie di dossier aperti. Renzi in teoria due settimane può resistere, Conte non è detto.