Da segnarsi con circoletto rosso (ironia della sorte) sul calendario la data di venerdì prossimo, 26 luglio 2019: ci sarà la Direzione Nazionale del Pd, occasione dove lo scontro interno fra renziani e Segreteria Zingaretti potrebbe anche portare ai prodromi di una scissione mai dichiarata ma sempre temuta negli ambienti dem. La settimana appena passata doveva essere quella della crisi di Governo e della rottura definitiva tra Salvini e Di Maio, invece è stato il Pd ad uscirne con le ossa più rotte di prima, e i motivi sono da ricercare ancora una volta nello scontro a distanza fra Renzi e Zingaretti. Dopo la richiesta di Maria Elena Boschi e Anna Ascani di presentare mozione di sfiducia contro Salvini per il caso Russiagate, Il Segretario ha rispedito al mittente il possibile “piano” di Renzi, ovvero quello di evidenziare in Parlamento la possibile alleanza “nascosta” tra M5s e nuovo Pd: «così finiamo per rafforzarlo» ha detto Zingaretti, impedendo così la presentazione di una mozione di sfiducia che avrebbe scosso molto tra tutti i partiti in Parlamento. Poi altri due “schiaffi” in soli due giorni hanno messo di nuovo alle corde la stabilità interna al Partito Democratico: via Twitter Zingaretti parla di Anzaldi come un «non lo conosco», dopo la richiesta del renziano che invocava solidarietà (comunque inviata, ndr) dopo gli attacchi di Gasparri sulle vicende Rai. E da ultimo il caso Davide Faraone, con il renzianissimo deputato a cui è stato annullato dal Pd stesso la carica di segretario regionale in Sicilia: «Zingaretti? Il Partito non è più Democratico» ha attaccato ieri Faraone annunciando l’autosospensione dai dem in attesa di definire la strana vicenda siciliana.



RENZI VS ZINGARETTI “SI OCCUPI DELL’ALTRO MATTEO, NON DI ME”

La forte impressione è che Zingaretti soffra la maggioranza di renziani tra le file in Parlamento (eletti infatti quando segretario era l’ex premier fiorentino) e che questo non dia pieno frutto alle politiche volute dal Segretario-Governatore, del tutto diverse da quelle impostate da Renzi a suo tempo. Oggi con un’intervista sul Corriere della Sera il “senatore semplice” parla a 360° dando pieno “anticipo” dello scontro potenziale che si terrà in Direzione Pd venerdì prossimo: «Non mi occupo più del Pd. E suggerisco al segretario di occuparsi dell’altro Matteo, non di me. Non ho conti da regolare sul passato: i conti sul passato li ha regolati l’Istat quando ha mostrato che con le nostre leggi di bilancio l’Italia è cresciuta… Io credo che se il ministro dell’Interno va in delegazione a Mosca con gente che chiede rubli ai russi e poi si rifiuta di venire in Parlamento l’opposizione abbia il dovere — non il diritto — di fare una mozione di sfiducia. Cosa altro deve fare un ministro per avere una mozione di sfiducia?», attacca l’ex sindaco di Firenze a margine di un evento negli States nel parco di Yellowstone dove è stato invitato alla conferenza tra politici e big della Silicon Valley. La posizione di Renzi contro il Governo e contro il suo stesso Pd è ormai chiara anche dalla seconda e ultima invettiva nell’intervista: «Cosa altro deve fare un ministro per avere una mozione di sfiducia? Poi se i grillini lo salvano di nuovo, problema loro. Ma almeno noi facciamo opposizione! Aver perso l’attimo per formalizzare la sfiducia a me è sembrato stravagante. E chi dice: “così si compattano”, non capisce che Lega e Cinque Stelle si compattano per le poltrone, non per noi. Che poi il Pd Nazionale sfiduci Faraone e non Salvini è un errore. Ma io conosco Davide Faraone, so che è una roccia e che continueremo a lavorare insieme».

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