Sempre lontano dalle celebrazioni e dalla tv rissosa, Renzo Arbore fatica a sentirsi definire maestro, anche se in virtù del suo ruolo nella musica italiana. “Vittorio Gassman mi aveva messo in guardia: ‘Attenzione, quando ti chiamano maestro vuol dire che è cominciata la fase discendente’“, racconta a Blogo. Vive una televisione tutta sua, fatta di cultura, fatti e ricordi. Di recente ha registrato ottimi ascolti anche con No, non è la BBC con cui ha voluto omaggiare l’amico di sempre, Gianni Boncompagni. “Mi piace fare delle cose d’autore, di qualità, quindi anche se qualche volta mi ‘infilo’ in qualche nicchia per cifre irrisorie, lo faccio volentieri“, sottolinea, aggiungendo anche di aver preso la parte migliore dell’umorismo goliardico. “Volevo fare l’artista, dunque ho cercato sempre di fare una televisione artistica“, continua, “capisco che la parola metta in imbarazzo tutti i televisivi, perché non la usano mai. Non hai mai sentito la parola ‘artisti’“. Un po’ come è accaduto nel Sessanta, anche oggi Arbore crede che uno dei problemi della tv italiana sia l’assenza di sorriso. “Della risata non ne parliamo, è rara“, evidenzia aggiungendo anche che per ottenere quella risata bella bisogna affidarsi a persone come Nino Frassica e Maurizio Crozza. “Il sorriso ormai, fortunatamente, lo vende Mara. È importante“, dice poi parlando dell’intervista concessa a Domenica In durante il ritorno alla conduzione della Venier.
Renzo Arbore: salire sul palco è una festa
Ha la musica nel cuore Renzo Arbore, sia napoletana che in senso più ampio quella italiana. Oggi crede che il suo compito sia di educare i ragazzi che non hanno vissuto alcune delle stagioni passate della cultura italiana, sia con i programmi in tv sia con i concerti con la sua Orchestra Italiana. “La musica napoletana è un patrimonio italiano sottovalutato dagli stessi artisti napoletani, che la vivono in qualche modo come canzone del passato, un po’ come dire che Johann Sebastian Bach è un artista del passato, che la Traviata è solamente un melodramma del passato“, dichiara al Giornale di Puglia. Oggi, giovedì 24 ottobre 2019, Renzo Arbore sarà ospite di Maledetti Amici Miei per raccontarsi a tutto tondo e anche per suonare con il suo immancabile clarinetto. “Credo che uno dei segreti dell’affetto della gente sia proprio il fatto che riconosce in me l’essere rimasto un po’ bambino, con lo stupore davanti alle cose della vita, il sorriso e la voglia di pensare al futuro“, dice a Sorrisi lo scorso giugno, in occasione del lancio del suo Ll’arte d’ ‘o sole, il racconto fatto a Rai 5 sulla sua collaborazione quasi trentennale con l’Orchestra Italiana. “Per noi salire sul palco è una festa. C’è piuttosto l’impazienza di far vedere al pubblico come siamo bravi… adesso“, racconta ancora. Uno dei concerti più difficili che ha dovuto affrontare in passato riguarda invece un live a Mosca,mentre il regime si stava spezzando e nell’aria si respirava un misto di desiderio di libertà e di guadagnare su ogni cosa. “Ci volle l’abilità di Adriano Aragozzini, che era il nostro impresario, per riuscire a portare a termine quello che sarebbe stato il primo concerto occidentale fatto sulla Piazza Rossa dopo la caduta del regime“, rivela.