Renzo Arbore torna a Domenica In, pronto a esibirsi sulle note dei suoi successi più importanti. A frenarlo, un piccolo problema alla voce, causato dall’intensità dei suoi ultimi live: “sono senza voce perché fino all’1 di stanotte sono stato a Salerno con l’Orchestra Italiana. Chi mi dà tutta questa energia? – spiega il divo – Non lo so, forse Gianni”. Il celebre artista si riferisce a Gianni Boncompagni, un professionista con il quale in passato ha stretto “un’amicizia fortissima”: “avevamo due caratteri molto diversi – ricorda Arbore nel salotto di Mara Venier – ma una sintonia perfetta. Abbiamo cominciato con la radio”. Renzo Arbore parla inoltre del loro fortunato format “Bandieraia Gialla”, un programma creato per i giovani, fino a quel momento messi da parte dal mondo dello spettacolo: “abbiamo inventato i giovani perché, quando nel ’65 abbiamo fatto “Bandiera Gialla”, non c’erano i giovani, c’erano i giovani che diventavano adulti, è stata una rivoluzione”. (Agg. di Fabiola Iuliano)



SU RAI DUE CON “NON È LA BBC”

Renzo Arbore ospite di Domenica In: il cantautore di Foggia sarà uno dei grandi protagonisti del nuovo appuntamento su Rai 1 con Mara Venier. Considerato il primo disc jockey italiano, Arbore ha scritto la storia della musica ma anche della televisione ed è pronto a tornare in prima linea su Rai 2: giovedì 26 settembre 2019 sarà lui al timone dello speciale “No non è la Bbc”, dedicato all’amico e storico autore tv Gianni Boncompagni. Uno show per ricordare un innovatore del piccolo schermo, che sarà omaggiato da tanti amici e colleghi: «Raffaella Carrà, naturalmente. Ma anche Giancarlo Magalli. Gianni l’ha conosciuto che era un bambino. E poi tanti altri che lui ha lanciato e con cui ha lavorato: Fabio Fazio e Piero Chiambretti, Ambra Angiolini, Claudia Gerini, Lucia Ocone…», ha spiegato Arbore in una lunga intervista rilasciata ai microfoni di Tv Sorrisi e Canzoni.



RENZO ARBORE E L’AMICIZIA CON GIANNI BONCOMPAGNI

Intelligentissimo e rivoluzionario, Renzo Arbore definisce così l’amico Gianni Boncompagni, un regista-autore mai banale con il quale è sempre riuscito ad andare d’accordo. Un legame nato nel 1964 durante un concorso Rai per diventare maestri programmatori di musica alla radio e proseguito anche quando le strade si sono separate, Arbore a “L’altra domenica” e Boncompagni a “Domenica In”. E, ai microfoni di Tv Sorrisi e Canzoni, lo showman ricorda la prima “malefatta”: «“Bandiera gialla”. Siamo stati i primi disc jockey della radio italiana. Abbiamo portato noi la musica beat qui in Italia: abbiamo fatto conoscere i Beatles e i Rolling Stones. A Roma frequentavamo il Piper, il locale dove nasceva la musica nuova. Abbiamo lanciato Nicoletta (Patty Pravo, ndr) e pure i gruppi come l’Equipe 84. Sono stati tutti nostri “figliocci”». Legame artistico ma anche professionale: «Lui insegnava qualcosa a me, io qualcosa a lui».



RENZO ARBORE, IL TOUR CON L’ORCHESTRA ITALIANA

Renzo Arbore è stato protagonista quest’estate di un lungo tour con l’Orchestra Italiana, una delle sue più grandi scommesse vinte. Oltre ai vari Benigni, Troisi e Frassica, il cantautore foggiano ha avuto per primo l’intuizione di lanciare un gruppo musicale per esportare la musica napoletana in giro per il mondo, riproponendola in maniera innovativa attraverso jazz, swing e blues. Raggiunto dai microfoni di Spettakolo, Arbore ha ricordato l’episodio che lo ha reso più orgoglioso negli ultimi trent’anni: «Sicuramente ‘O sole mio fatta al Madison Square Garden con Ray Charles e l’Orchestra Italiana diretta da me. Lui si innamorò subito dei miei tre mandolinisti, tanto che venne apposta a Milano a registrare una sua personale versione del brano e li volle con sé. Poi purtroppo dopo pochi mesi morì. È stato un momento particolarmente emozionante per me, perché io considero Ray Charles un idolo, insieme ad Armstrong e a Ella Fitzgerald». Prosegue Renzo Arbore: «Di sicuro è il cantante che ammiro di più, ancora più di Sinatra, è un grandissimo interprete ed è stato quasi l’inventore della musica soul, perché in tanti hanno raccolto l’eredità del suo modo di suonare e cantare».